DA BRUXELLES, “FITTO FITTO”, SEMBRA LEVARSI UNA NEBBIA SUL FUTURO DELL’UE, MA È SOLO APPARENZA, IN QUANTO IL FINALE È GIÀ SCRITTO!

Mentre nessuno sembra accorgersene, a Bruxelles non si sta consumando solo una crisi tra il Partito Socialista Europeo e il PPE – che ha trovato ampio eco nella politica italiana (vedi il botta e risposta tra
Schlein e Meloni) – ma sono in corso vere e proprie prove tecniche per l’implosione del sistema europeo. D’altronde, ho sempre sostenuto che, se avesse vinto Trump, non solo la guerra in Ucraina sarebbe giunta alla fine, ma sarebbe venuto meno anche quel bizzarro esperimento politico/istituzionale chiamato Unione Europea. E presto, anche per la NATO, calerà definitivamente il sipario.

Chi, infatti, crede davvero che il problema sia il ruolo di Commissario che potrebbe essere affidato a Raffaele Fitto, o vive sulla luna o crede alle favole. L’ex Governatore della Regione Puglia, infatti, è un veterano del Parlamento Europeo. Eletto per la prima volta nel 1999, nel corso di varie vicissitudini politiche, ha trascorso ben sette anni a Bruxelles senza, come sappiamo, imparare l’inglese. Proveniente dalla Democrazia Cristiana, non ha mai avuto legami né con la destra né con la destra sociale, ma è sempre stato semplicemente un uomo di governo, interessato più alla gestione dei territori e ai contributi che questi potevano ricevere dall’Europa che alle lotte ideologiche.

Non è un caso, infatti, che tra le deleghe a lui potenzialmente affidabili ci siano quelle relative alle “politiche regionali, di coesione e riforme”. Il suo nome, infine, è circolato tra le “sacre stanze” di Bruxelles e Strasburgo sin dalla fine del 2023, durante le negoziazioni tra Ursula von der Leyen e i leader dei Paesi membri per formare la squadra di commissari per il mandato 2024-2029. La candidatura di Fitto, però, ha preso corpo concretamente solo dopo il sostegno esplicito del Governo italiano, con Giorgia Meloni che ha enfatizzato il suo ruolo di rappresentante dell’Italia a livello europeo.

Quando, nel settembre 2024, la von der Leyen è stata riconfermata presidente della Commissione Europea con 401 voti favorevoli, ha anche presentato la lista dei nuovi commissari designati, e tra questi figurava proprio Fitto.

Dunque, se il nome di Raffaele Fitto era considerato valido prima e dopo settembre 2024, non si capisce perché, solo dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, il PSE si accorga che Fitto è attualmente esponente di un partito definito dai più come di destra e sovranista, nonché, secondo alcuni “eruditi politologi”, anche esponente di una forza antieuropea.

La verità, invece, è che questo è semplicemente un giochino per far saltare il banco, in quanto non si accetta la direzione politica che quest’organo potrebbe prendere. Infatti, se andiamo ad analizzare i numeri nudi e crudi, il PPE, per governare, non ha bisogno né dei socialisti, né dei verdi, né della sinistra estrema, né tantomeno dei macroniani di Renew Europe. Perché, mettendo insieme i seggi dei Popolari, dei Patrioti di Orban, dei Conservatori della Meloni e dell’Europa delle Nazioni Sovrane del ADF, si arriva a quota 377, cioè 17 deputati in più del 50% dell’Assemblea. In altri termini, vi sarebbe già una maggioranza di destra-centro.

E dunque, dov’è il problema?

Il problema è che una simile Commissione, con molta probabilità, andrebbe più verso un ritorno al vecchio e caro MEC (Mercato Comune Europeo) anziché verso la dissoluzione programmata e sistematica degli Stati Nazionali. E sempre questa Europa sarebbe più propensa al dialogo con la Russia piuttosto che allo scontro con il Cremlino.

Ed allora, che fare? Forse invocare l’Aventino, come si fece in Italia negli anni ’20 del secolo scorso, senza però avere ben presente, né tanto meno aver fatto, quel precedente “Aventino”.

Ma al di là di questo, come vada vada, Trump ha mosso la propria Regina e ha fatto “scacco matto”. Infatti, se l’Europa torna al MEC, di sicuro non avrà problemi ad intavolare dei rapporti pacifici e collaborativi con la Russia, anzi il suo lavoro sarà facilitato. Così come, se l’UE implode, si creerà ex novo un ordine nel Vecchio Continente più confacente agli interessi delle due vecchie potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.

È proprio in questa ottica che la NATO è necessariamente l’altro tassello da disinnescare. Quando la Russia parla di garantire la propria sicurezza, vuole dire che non vuole più minacce o nemici lungo la propria frontiera, e a più riprese lo stesso Putin ha fatto notare come la NATO oggi sia anacronistica, visto che il pericolo comunista non c’è più, e questa organizzazione mantenga in piedi l’unico blocco granitico ancora esistente.

Dunque, smobilitando la NATO, finirebbero tutte le tensioni con il Cremlino e queste forze potrebbero essere più intelligentemente reindirizzate nel sud-est asiatico, dove, ad oggi, l’unica potenza che vuole realmente espandersi è la Cina.

Sommessamente, faccio inoltre notare come, al di là del BRICS, la frontiera nord della Cina sia oggi puntellata, e quindi contenuta, sia dalla Russia che dall’unico Alleato certificato della stessa, la Corea di Kim Jong-un.

Da ciò deriva che gli americani ritengono il bacino del Mediterraneo uno scacchiere secondario, e come dichiarato da Steve Bannon, gradirebbero molto che l’Italia si occupasse di controllare e tutelare quello scacchiere.

Il dado, dunque, è tratto e l’Italia deve solo fare l’Italia: tornare, cioè, ad essere una talassocrazia che funga da cerniera tra questi due ultimi grandi imperi esistenti.

Lorenzo Valloreja

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