VE LA DO IO HALLOWEEN, MA ITALIANA E D’AUTORE: ” E TU VIVRAI NEL TERRORE-L’ALDILA’ ” DI LUCIO FULCI
Il cinema di Lucio Fulci (Roma 1927-1996) è, da regista, straordinariamente vario ed eclettico, per non parlare della sua attività da sceneggiatore etc. .
Si pensi che la sua carriera inizia tra l’altro, dirigendo il grande Totò (impresa non facile) ne I ladri (1959). E Totò già non gli era sconosciuto (ad esempio sceneggiando nel 1955 la pellicola Totò all’inferno, forse una vaga premonizione?).
Ma Lucio Fulci è anche il direttore, tanto per menzionare qualche altro film, di un incredibile thriller erotico (probabilmente l’unico in cui una donna, nello specifico la conturbante Bianca Marsillach, è un po’ troppo euforizzata da un sassofono che spande le proverbialmente sensuali sonorità a contatto con le sue parti intime) o del dittico di Zanna Bianca di straordinario successo commerciale tra i ragazzini (ma attenzione, anche lì vi è una cruentissima lotta tra un pastore tedesco e un orso), o di diverse pellicole di Franco e Ciccio (di sicuro quelle più surreali e sopra le righe).
Lucio Fulci è insomma il riconosciuto “terrorista dei generi” nel senso che tutto quello che gli passava tra le mani veniva portato a un certo estremo, preferibilmente di crudezza fino alla crudeltà. Non poteva quindi non trovarsi a suo agio nell’horror, che come il porno, “fa vedere quello che non si deve vedere”: con risultati sicuramente magistrali e sostanzialmente non superati, e per qualcuno sconcertanti.
Il cineasta romano, ovviamente confinato nella serie B della sua arte dalla critica che egli un po’ sprezzantemente definiva “istituzionale”, è oggi tra i registi di culto per Quentin Tarantino, che nel cinema di genere italiano ha gran parte della sua ispirazione
E tu vivrai nel terrore-L’ Aldilà (1981), ruota attorno a un albergo dismesso in Louisiana che cela un segreto terribile: quello di avere nei suoi sotterranei niente meno che una delle sette porte che separano il mondo dei vivi da quello dell’Aldilà.
La per nulla fortunata ereditiera dell’inquietante struttura alberghiera incautamente riaperta dove era stato massacrato mezzo secolo prima un pittore in odore di magia nera, sprofonda lentamente e senza rimedio (altro che indagini di polizia e spiegazioni scientifiche) in un incubo dove, uno alla volta, muoiono in modo raccapricciante tutti coloro in qualche modo a lei vicini o amici. Finché, per sfuggire a una invasione di zombies, Liza e un medico amico varcheranno proprio la fatale porta ed entreranno in un lugubre scenario descritto tanto in un rarissimo libro custodito nella libreria di paese quanto da un quadro del pittore esoterista.
I due sono nell’ Aldilà, diventano ciechi e corrono senza meta in una nebbia putrida e in uno scenario che ricorda l’attimo in cui Mel Gibson descrive l’inferno in Passion , consolati solo del sentimento reciproco (unica nota umana e commovente, quella mano nella mano). E’ un Aldilà senza redenzione e senza salvezza come in fondo anche senza castigo, assolutamente simile all’ Ade pagano ove risuona una voce: Ora affronterai il mare delle tenebre e ciò che in esso vi è di esplorabile.
Non dimenticabili anche l’ospedale deserto del crescendo finale, nosocomio dove non ci sono aiuto o scienza ma beffardamente, solo morti viventi; e la morte dell’architetto curiosamente interpretato da un giovane Michele Mirabella, che individuato il libro maledetto precipita con una scala misteriosamente spinta a terra, batte la testa e probabilmente cerebroleso, privo di parola quindi impossibilitato a gridare aiuto, assiste al dilaniamento di sé stesso da parte di una grossa tarantola.
Anche questo anno, siamo riusciti a rispettare la tradizione del prendere a pretesto la ricorrenza più insulsa e sinistramente ambigua, quanto americanofila, di Halloween, per non dimenticare e omaggiare il grande cinema di genere italiano.
A. Martino
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