ECCO PERCHE’ NESSUN ESERCITO NATO PUO’ DAVVERO MANDARE SOLDATI IN UCRAINA. LEGGETE, E METTETEVI COMODI …
All’epoca delle guerre napoleoniche, la carriera militare presso gli antagonisti della Francia e dei suoi stati-fantoccio, era una idea economicamente pessima: il soldo per la truppa e i sottufficiali non era poi tanto distante dallo stipendio di un ufficiale subalterno. Ciò a fronte di serie probabilità di perdere la vita o qualche arto in guerre frequenti e allora incessanti, specie per le grandi potenze come la Francia, o l’ Inghilterra che si permise in simultanea una seconda guerra statunitense. In Francia e nei suoi satelliti vari continentali però, come detto, il servizio militare a coscrizione obbligatoria, il patriottismo nazionalista di prima generazione, le caratteristiche del bonapartismo come una sorta di dittatura militare, cambiavano non poco la situazione dal punto di vista socio-economico e delle motivazioni.
Pensioni di invalidità o per servizio meritorio, o vitalizi alle vedove? Una pia e lodevole idea affidata al buon cuore di questo o quel re o primo ministro, ammesso che soldi in cassa vi fossero per queste liberalità. Per la “bassa truppa” congedata che a casa ritrovava il nulla lasciato (vincitrice o sconfitta non cambiava nulla) il futuro riservava spesso l’accattonaggio o una corda al collo per il passaggio alla delinquenza. Così era stato durante la guerra dei Trenta Anni o durante le guerre di successione, e così sostanzialmente era ancora.
La vita sociale, però, per gli ufficiali tutti di qualunque nazionalità era brillante e prestigiosa, le divise persino dei semplici militi appariscenti a volte fino al pagliaccesco (come nel caso di quelle personalizzate da Gioacchino Murat re napoleonide di Napoli) esercitavano sulle donne un fascino incredibile.
Tutto qui, però: il mestiere delle armi era veramente una scelta per giovani aristocratici o di buona famiglia annoiati e amanti dell’avventura, o insoddisfatti della società e della vita personale e sentimentale; o nella truppa, per ragazzacci teste calde bisognosi di violenza legalizzata e di qualche bel bottino. O per soggetti alquanto eccentrici in cerca di gloria, o persino semplicemente di viaggiare a spese di un sovrano o imperatore (non necessariamente il proprio, siamo in un’ottica ancora puramente mercenaria e da ancient regime) aprendosi gli orizzonti mentali.
Al momento dell’arruolamento, un ufficiale iniziava, ragionieristicamente parlando, a debito: con l’ingaggio iniziale (a meno di iniziare a livelli stratosferici come i principi reali) forse ci pagava il sarto per le uniformi (da campo e da gala),ma non gli bastava anche per cavallo con sella e tutto il resto; per non parlare delle armi (una o più pistole e spade).
Il mitico duca di Wellington futuro vincitore di Napoleone, che non lucrava mafiosamente sui proventi dell’economia di guerra come un maresciallo napoleonico, guadagnava (termine che l’interessato avrebbe probabilmente ritenuto offensivo) molto meno di un avvocato di successo a Londra che non rischiava di finire sventrato da una palla di cannone. Ma di grazia, cosa altro avrebbe potuto fare nella vita, con il suo rango? Il vescovo della Chiesa d’Inghilterra? Occuparsi della noiosa amministrazione delle sue terre?
Le diserzioni erano comunque relativamente scarse fra la truppa (salvo nel caso degli arruolamenti forzati) e soprattutto praticamente nulle tra gli ufficiali, per il particolare peso del senso dell’onore e del giuramento prestato non tanto ancora alla patria come abbiamo visto, quanto piuttosto al sovrano o comunque datore di lavoro (il patriottismo “alla francese” non aveva attecchito ancora organicamente).
L’accantonamento del mercenariato (o arruolamento volontario se si preferisce) dilagò con la prima e la seconda guerra mondiale divoratrici di vite umane e comunque bisognose di smisurate masse combattenti; e nei paesi come l’Italia che avevano ereditato dal periodo napoleonico la coscrizione di massa, ciò era già avvenuto da mezzo secolo almeno.
Ma gli ufficiali e sottufficiali di qualunque corpo, oltre che gli organici delle varie forze di polizia, ne furono solo marginalmente interessati:gli organici provenienti dalla leva erano piuttosto un privilegio per elementi selezionati tramite concorso pubblico che assolvevano agli obblighi di leva da stipendiati, che una reale risorsa militare.
Il venire meno dello spauracchio sovietico negli ultimi anni del secolo scorso, congiuntamente a una logica di tagli selvaggi alla spesa militare e a cambiamenti culturali devastanti o quanto meno drastici nelle nuove generazioni, comportò la storica abolizione della cosiddetta naja e l’ancora più epocale ammissione delle donne a qualunque servizio militare volontario.
Ed eccoci arrivati quindi all’attuale sistema di reclutamento militare in Occidente, che secondo una prospettiva puramente storica ma superficiale, parrebbe riportare la situazione a quella dell’ancient regime mercenario e professionale. Se questa asserzione può essere ritenuta forzata ed erronea, ciò è già solo per la natura nazionale (ma ormai solo fittizia e stretta fra mondialismo o eurocrazia) delle varie forze armate che invece che a un monarca o a una ideologia, prestano giuramento alle leggi o a una costituzione (la fedeltà parrebbe quindi andare non a idee fondanti o capi, ma in ultima analisi a dei testi normativi proprio come per qualunque pubblico dipendente).
Anche gli stipendi, particolarmente quelli delle varie forze di gendarmeria comunque denominate, sono enormemente più elevati che nel passato, specie qualora rafforzati da varie indennità e voci accessorie.
Ma oggi, chi sceglie il “mestiere delle armi”? A parte qualche rarissimo caso coincidente con quelli “romantici” di due secoli fa, in genere, lo fa chi semplicemente è in cerca di lavoro e non disdegna quello statale.
Immediata conseguenza storicamente positiva dell’aumentata redditività del lavoro militare, è che “a questi prezzi” guerre su larga scala sono largamente sconsigliabili. Pensiamo ad esempio a cosa avrebbe significato nel 1918 tenere la sola “linea del Piave”, laddove invece di un “ragazzo del Novantanove” dal soldo tradotto in moneta attuale mediamente di cinque o sei euro giornalieri, ci fosse stato un odierno volontario in “missione” da 1500-1800 euro mensili. E parlo di un soldato semplice o graduato tipo caporal maggiore. A meno di non ricorrere a improvvise leve obbligatorie (e sottopagate), intrappolando ragazze e ragazzi sprofondati nei loro smartphone e trattenuti istericamente da mamme e papà decisi a “non mandare a morire” i loro esangui e alquanto rincoglioniti rampolli, che forse però avrebbero bisogno di canalizzare la loro ricerca di senso e le loro rabbie.
Ma vi è un altro aspetto determinante: la guerra è “tossica” oltre che una operatività straordinariamente pericolosa se non letale, e ciascun militare tornato a casa rappresenterebbe un caso a sé di “sindrome post traumatica da stress”.
Insomma, siamo qui al punto cruciale: al di là delle minacce di Macron, o di Stoltenberg e poi di Rutte, dove volete che gli occidentali trovino almeno centomila uomini disposti a gettarsi nel tritacarne ucraino? Dico in un tritacarne del tipo della prima guerra mondiale con i russi di fronte, non in un deserto con la incognita di qualche missile a spalla imbracciato da un fanatico religioso.
E siamo al punto che dopo ventuno anni, un militare illeso in un tremendo attentato costato la vita in Irak a diciassette militari italiani e due civili, possa vantare grazie ai nuovi indirizzi della scienza psicologica, un cospicuo risarcimento per “disturbo post traumatico da stress a esordio tardivo”. In quanto, pur non riportando lesioni,è “vittima di terrorismo”.
L’oggi sottufficiale dei carabinieri, al momento della deflagrazione così letale quel 12 novembre 2003 in Nassirija, dormiva avendo svolto un servizio in ore notturne. Ovviamente svegliato dall’esplosione, svolse con coraggio e fermezza il soccorso agli altri superstiti. Terminata la sua missione nella ex Mesopotamia, ha finora continuato il suo lavoro nell’ Arma. Dopo un lungo e difficile iter giudiziario, finalmente il Consiglio di stato ci ha messo la parola fine. Al brigadiere capo qualifica speciale andranno, come riferisce Il Centro, “agevolazioni in materia di contributi previdenziali, assistenza psicologica, prestazioni sanitarie e farmaceutiche e borse di sudio per i figli esenti da imposizioni fiscali”. Oltre naturalmente a un vitalizio di 1500 euro mensili.
Metto le mani avanti: nessuno qui vuole attentare al prestigio e alla riconoscenza, alla fiducia, al mai abbastanza ben riposto affetto nell’Arma dei carabinieri provati da ogni italiano che ben pensi e ben agisca. Ma la mia considerazione e conclusione è semplicemente questa: tralasciando la disamina della situazione di ogni esercito della Nato per cui occorrerebbe una ponderosa tesi universitaria e al netto di particolarità di spirito e norme nazionali ma ritenendo più o meno tale la situazione del militare occidentale medio, un dato di fatto è chiaro.
La guerra, nella sua brutalità, è ormai una cosa da…russi, o anche ucraini (poveri fanti di leva per guerra su commissione molto più eredi dell’ URSS di quanto pensino), o magari da nordcoreni, e probabilmente da cinesi. Pensiamo a una giornata in cui dovessero morire venti soldati francesi, altrettanti italiani, e restare gravemente feriti cinque belgi: telegiornali speciali, e avvocati e sindacati militari (sì, ora ci sono anche quelli) già sul piede di…guerra.
E con le ragazze in armi, come la metteremmo? Le manderemmo nell’inferno del Donbass o di non so quale oblast, a rischiare di essere stuprate da quei mostri agli ordini di Putin?
Decisamente, le guerre “vere” sono un gran macello (in tutti i sensi) che l’Occidente “democratico e liberale” non può permettersi se non mettendo mano al portafoglio (o meglio al mouse) della BCE o della Fed. Almeno fino a quando quei clic avranno ancora un valore, anche a costo di far arrivare tra sei o sette anni le materie prime a prezzi semplicemente assurdi per mancanza di valore della moneta (come nel caso dell’oro, si teme, a cinquemila-cinquemilacinquecento dollari per oncia).
A. Martino
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