IDF CONTRO UNIFIL: COSA C’È DIETRO L’ATTACCO ALLE BASI IN LIBANO E COSA DEVE FARE L’ITALIA PER SALVARE LA FACCIA
L’attacco dell’IDF di poche ore fa contro tre basi dell’UNIFIL non è un semplice incidente, ma una provocazione deliberata volta a indurre i peacekeeper a sgomberare dalla Linea Blu. Questo perché, se l’esecutivo di Netanyahu ha deciso di lanciare operazioni di terra in Libano, è necessario che i 120 km di confine tra la Terra dei Cedri e lo Stato di Israele siano completamente liberi da qualsiasi forza militare d’interposizione. Non solo perché tali forze potrebbero ostacolare le operazioni, ma anche perché fungerebbero da scomodi testimoni oculari di azioni che inevitabilmente avrebbero ripercussioni negative sulle popolazioni civili locali.
Tutto ciò è inaccettabile, non solo per la violazione della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma anche perché rappresenta un chiaro attacco alle forze armate italiane. L’Italia, infatti, controlla direttamente due delle tre basi colpite, le ‘UNP 1-31’ e ‘UNP 1-32’, mentre la terza è il quartier generale dell’UNIFIL a Naqoura, dove operano militari di diverse nazionalità.
Chi è meno esperto potrebbe chiedersi perché l’IDF abbia colpito le basi italiane, considerando che il governo Meloni, finora, è stato tra i più accondiscendenti rispetto alle posizioni di Israele. La risposta risiede nella nostra eccessiva disponibilità e nel tentativo di mantenere rapporti amichevoli a tutti i costi. In altre parole, abbiamo esposto il fianco, diventando l’anello debole della catena, quando nei giorni scorsi:
- Si era ventilata l’ipotesi che il contingente italiano, a causa dei venti di guerra e per motivi di sicurezza, potesse essere rimpatriato;
- Il Ministro Crosetto aveva richiesto e ottenuto dal suo omologo israeliano Gallant che le forze UNIFIL fossero tenute fuori da eventuali operazioni israeliane;
- È stato reso noto che i militari italiani si erano trincerati all’interno dei bunker lungo la Linea Blu.
Con queste azioni, abbiamo implicitamente lasciato intendere a Tel Aviv che, se la situazione si fosse aggravata, saremmo tornati in Italia, armi e bagagli. Ma non può e non deve essere così. Pertanto, per salvare la faccia e la pace, il Governo di Roma dovrebbe seguire queste misure:
- Convocare immediatamente il Consiglio di Sicurezza dell’ONU per:
- Far sanzionare lo Stato di Israele:
- Per aver condotto operazioni militari contro Paesi sovrani non legate ai fatti del 7 ottobre, come la Repubblica Araba di Siria;
- Per aver consapevolmente colpito con ordigni esplosivi tre basi UNIFIL situate lungo la Linea Blu, causando distruzione e feriti;
- Chiedere la creazione di una no-fly zone sui cieli di Libano e Israele;
- Far sanzionare lo Stato di Israele:
- Aumentare il personale militare lungo la Linea Blu, facendolo operare all’esterno dei bunker, poiché lo Stato di Israele non può in alcun modo permettersi di sparare sui caschi blu;
- Richiedere agli Stati Uniti, nostro alleato nella NATO, la cessazione di ogni fornitura di armi allo Stato di Israele.
L’attacco odierno dell’IDF è un fatto gravissimo. Israele ha l’obbligo di spiegare alla comunità internazionale se intende ancora far parte della stessa o se non si riconosce più nei principi e nei valori della Carta delle Nazioni Unite.
Se questo atto fosse preso alla leggera da tutti gli attori coinvolti, significherebbe davvero che non esistono più le ragioni di “aggressori e aggrediti,” come ci è stato ripetuto fino alla nausea in occasione del conflitto tra Russia e Ucraina, ma solo le ragioni dell’irrazionalità e del caos.
Lorenzo Valloreja
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