L’ UCRAINA FA SALTARE IN ARIA I SUPER ARSENALI RUSSI
A quanto pare, l’Ucraina si sta prendendo una rivincita abbondantemente proporzionata al colpaccio russo di Poltava, dove come riferimmo, con un raid missilistico sarebbe stata decapitata la dirigenza ucraina della guerra informatica assieme a un congruo numero di istruttori occidentali.
Detta rivincita a scapito degli arsenali russi di missili, droni etc.
Ultimo raid (sabato scorso 21 settembre), quello nel distretto di Tikhoretsky (regione di Krasnodar), che a detta del governatore locale ha provocato l’evacuazione di 1200 civili. Ivi (e non solo ivi) sarebbe andata in fumo una gran quantità di forniture nordcoreane.
Ma dove l’azione ucraina è stata straordinariamente devastante e tale da poter creare seri problemi, dallo psicologico al politico al più strettamente militare, è stato senz’altro nella notte tra martedì e mercoledì con l’attacco di uno dei più grandi depositi russi di armi e munizioni (se non il maggiore) a Toropets, nella regione russa di Tver, nell’ovest del paese: online sono circolati diversi foto e video dell’impressionante esplosione causata. I sismografi hanno registrato una scossa tellurica conseguente tra 2.5 e 2,8 scala Mercalli, e si è levata più di una colonna pirica sinistramente simile a un fungo atomico (che sia esploso anche del materiale nucleare tattico?). Nella foto dal satellite, il sito militare prima e immediatamente dopo l’esplosione, ripreso con impressionante nitore.
Secondo i servizi segreti ucraini, il deposito conteneva missili balistici, missili antiaerei, munizioni e micidiali bombe guidate KAB. E secondo la Rossiyskaya Gazeta, giornale vicino al governo russo, il magazzino di Toropets era stato costruito nel 2015 per contenere missili, munizioni ed esplosivi, e aveva spazio per ospitare fino a 200 militari.
In un primo momento, si è creduto che l’arma utilizzata sia consistita, genericamente, in dei droni: ma poi, anche se non vi è una ufficiale conferma da Kiev, è sembrato che sia stato usato il missile-drone Palyanytsia, definibile più esattamente “drone di attacco unidirezionale ad alta velocità”. Esso sarebbe tutto costruito in Ucraina, anche se ovviamente grazie alla supervisione Nato e alle forniture occidentali. Molte sue caratteristiche sono ovviamente segreto militare.
Ecco il commento del presidente ucraino Zelensky all’ultimo dei successi aero-terrestri: “Bisogna lodare i nostri guerrieri per la loro precisione nel colpire il territorio nemico. La nostra capacità di riportare la guerra a casa sua, in Russia, è una svolta fondamentale. Un altro arsenale in Russia è stato danneggiato, era un deposito importante per gli invasori”. Le due strutture colpite negli ultimi giorni, ha aggiunto, “erano depositi di missili tattici e di bombe plananti, tutte armi che la Russia usa per terrorizzare le nostre città”.
Zelensky ha tenuto a precisare che finora non sono stati usati i missili tanto agognati Atacms e Storm Shadow il cui utilizzo in profondità del territorio russo sarebbe ancora da autorizzare da americani e britannici (la solita sceneggiata diplomatica dall’esito positivo scontato).
Si nota un certo imbarazzo del Cremlino e dei poteri moscoviti (anche il solitamente molto battagliero, almeno alla tastiera, Medvedev sembra non aver commentato).
Unitamente all’inconcludenza della controffensiva in Kursk (vari villaggi liberati ma risfondamento ucraino in un altro versante), queste gravi perdite di materiali, strutture, e uomini (nessun dato ufficiale in merito finora disponibile) testimoniano i giorni pessimi per lo sforzo militare russo. Probabilmente dei nostri lettori troveranno irritante questo mio dire “pane al pane e vino al vino”, ma tant’è; anche questa volta i vertici militari non sono riusciti a proteggere i cieli russi con conseguenze disastrose fino all’apocalittico, così come non sono riusciti, ad agosto, a tutelare il loro territorio (regione di Kursk).
Ed è questa la prima volta che una super potenza atomica (la prima in termini di numero di testate) subisce tanto passivamente l’iniziativa nemica sul proprio territorio e nei propri cieli. E’ d’altronde vero, contraddittoriamente, che i jet russi vanno vicini allo sconfinamento non solo sui confini occidentali in Europa, ma anche sulle porte di casa del Giappone.
Ma queste testate nucleari, “tattiche” comprese, sono realmente utilizzabili, tecnicamente e balisticamente, buttate lì (grazie a Dio) forse anche da settanta anni? O rischierebbero di non raggiungere mai l’obiettivo in pratica detonando sulla Russia stessa, anche perché costantemente inquadrate dai satelliti americani e Nato, e da sofisticati sistemi di puntamento?
A. Martino
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