NON SI PREDICHI CONTRO CINZIA DAL PINO E SULLA TRAGEDIA DI VIAREGGIO, MA CI SI INTERROGHI SUL PERCHE’ UNA SIGNORA PIU’ CHE RISPETTABILE POSSA ARRIVARE A TANTO.

Vi è un fumetto americano che negli States ebbe enorme successo  creato nel 1977 da John Wagner e Carlos Ezquerra (da cui nel 1995 sarà tratto un film in cui l’interprete principale è Sylvester Stallone) nel quale un certo Dredd è uno dei “giudici” di una distopico-futuristica Megacity Uno nata sulle letterali ceneri di quello che era stata New York.

I “giudici” in questo immaginario non sono certo dei tranquilli e asettici magistrati del ramo penale, ma degli strani pubblici ufficiali in cui si assommano appunto il giudice, il poliziotto e (troppo spesso) il boia. E l’avvocato difensore? Sì certo: come c’è anche un aperitivo offerto dallo stato…

Il tragico caso di Viareggio in cui la signora Cinzia Dal Pino, imprenditrice di 65 anni, l’8 settembre ha ucciso con l’auto il rapinatore della sua borsa, il marocchino Nourdine Naziki, 52 anni, conosciuto finora però con l’alias di Said Malkoun e come algerino di 47 anni., richiama però altre suggestioni del pop cinematografico-fumettistico. A partire dal mitico Giustiziere della notte impersonato da Charles Bronson, fino a Cane di paglia di Sam Peckinpah con Dustin Hoffman: senza assolutamente dimenticare forse il migliore film interpretato da Alberto Sordi e paradossalmente uno dei suoi pochissimi drammatici (il monicelliano Un borghese piccolo piccolo del 1977). Per non parlare dell’affascinante e sempre reinterpretata e rimodellata figura di Batman, altro giustiziere notturno (che però uccide raramente e solo per autodifesa) che si cala nel ruolo di uomo-pipistrello tentando di sublimare il suo trauma infantile di bambino cui un delinquente massacrò i genitori.

Voglio insomma dire che, se da un lato verrebbe persino banale il richiamo della tragica cronaca all’insicurezza ormai  fisiologica della realtà urbana moderna, in cui metro-megalopoli ma persino città di media dimensione sempre più sconfinate rendono sostanzialmente impossibile un controllo tradizionale del territorio (e della popolazione spesso alloctona e di permanenza illegittima nei confini nazionali); dall’altro un minimo di riflessione sociologica e psicologica, anche introspettiva e autocritica, dovrebbe suggerirci che siamo un po’ tutti dei frustrati (chi a livelli di guardia chi a beati e fortunati minimi per un ottimo collocamento nel Sistema); che coviamo una violenza repressa per la troppa condiscendenza che dobbiamo esternare verso questo o quello, l’ipocrisia sistematica pretesa dal politicamente corretto (sissignori, anche la continua autocensura può frustrare almeno i soggetti più pensanti), le continue vessazioni di un mondo che si dice libero e “giardino fiorito” ma in realtà sempre più regolamentato e normato.

Fornitemi altrimenti, differenti interpretazioni della violentissima reazione a un in fondo banale scippo, di una signora sessantacinquenne conosciutissima a Viareggio, rispettata e stimata, ex dottore commercialista e attualmente imprenditrice balneare sulla elegante e alquanto esclusiva costa versiliana.  

Le prediche non servono: serve piuttosto avere paura di sé stessi, e capire dove siamo arrivati e perché. Quella violenza non è degli altri: interroga tutte le cosiddette persone per bene.

A. Martino

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