IL DURO(V) IMPATTO CON LA REALTA’

Da quasi quattro secoli la Francia si fregia di essere la patria per antonomasia della democrazia e dei diritti civili contro qualsiasi sopruso o regime dittatoriale. E sempre per quasi quattro secoli il mondo intero è stato ammorbato dallo slogan ammaliante “Libertè, Egalitè, Fraternitè”.

Ma, ironia della sorte, la Francia del XXI° secolo è diventata uno dei più feroci cani da guardia delle élite e del Pensiero Unico. Lo abbiamo visto nel corso delle passate olimpiadi e nel recente arresto del giovane miliardario Pavel Durov, ovvero il creatore/padrone della piattaforma social Telegram.

Questa vicenda è ancora avvolta da tantissime ombre. Un vero e proprio intrigo internazionale.

Ma per capirci qualcosa bisogna focalizzare il personaggio Durov.

Egli è nato in Russia da padre russo e madre francese. Possiede ben 4 passaporti e quindi egli si potrebbe definire un apolide, un uomo senza Patria. Una sorta di “cittadino del Mondo”. E in quanto tale allergico a qualsiasi barriera, sia essa fisica, intellettuale o culturale. Insomma un paladino della Libertà (con la “L” maiuscola) a qualsiasi costo. Infatti la peculiarità della sua “creatura” (Telegram) risiede nel fatto che tale piattaforma è scevra da qualsiasi tipo di censura al contrario di altre entità, come per es. Facebook e YouTube, che sono totalmente eterodirette da Poteri Forti come CIA, FBI, Pentagono, Big Pharma, World Economic Forum e chi più ne ha più ne metta.

E proprio per questo suo anelito di Libertà totale e incondizionata il nostro Durov fu portato a rispondere “Niet!” al premier Vladimir Putin quando quest’ultimo chiese di poter acquisire i dati dei propri avversari politici presenti su Telegram.

E in seguito a questo fatto il giovane miliardario decise di abbandonare la propria Patria, probabilmente convinto di trovare davvero nel mondo Occidentale la realizzazione plastica di tutte le libertè, fraternitè ed egalitè.

Ora, come detto prima, la vicenda di Pavel Durov è ancora ammantata di mistero.

Prima di tutto le motivazioni del suo arresto lasciano alquanto perplessi. Secondo le autorità francesi il russo sarebbe accusato di essere complice di una svariata serie di attività delittuose tra le quali traffico di armi, traffico di droga, terrorismo e addirittura pedopornografia.

E immediatamente dopo l’arresto Emmanuel Macron si è affrettato a dichiarare che tale provvedimento non è stato preso per questioni politiche. Un caso lampante di excusatio non petita… 

Infatti per avere dubbi sulla buonafede del premier francese basti pensare che poco tempo fa, nel corso di un’intervista, Durov ha denunciato un tentativo dell’FBI di carpire i dati sugli utenti di Telegram. Esattamente ciò a cui anelava Putin.

Quindi sarebbe lecito chiedersi come mai l’imprenditore russo possa essersi sentito tranquillo, andando in giro per il mondo, sapendo di aver fatto uno sgarbo gravissimo ad uno dei tentacoli del Deep State.

Ora qui bisogna dire che, sondando le opinioni raccolte tra il mainstream e la cosiddetta “controinformazione”, sono balzate a galla almeno quattro opinioni riguardanti il fatto in questione. Di cui due possono essere credibili e le altre due, a mio modestissimo avviso, a dir poco ridicole. 

La prima tesi vedrebbe Durov minacciato fisicamente dall’FBI, e di conseguenza dall’intera amministrazione Biden, il quale per salvaguardare la propria incolumità abbia simulato un arresto per poter cedere le chiavi di accesso di Telegram al Deep State. E in questo modo salvare la pelle e contestualmente mantenere intatta la propria fama di paladino della libera informazione. Infatti non dimentichiamoci  che Durov, previa cauzione di ben 5 milioni di euro, non è più sotto arresto, non è ai domiciliari, ma non può momentaneamente uscire dalla Francia.

La seconda ipotesi vede il creatore di Telegram caduto in una trappola tesagli da Macron stesso. Il che non sarebbe incredibile poiché il premier francese è egli stesso un’emanazione, anzi una vera e propria creatura, della famiglia Rothschild e di tutto ciò che ne consegue.

Infine ci sono le ultime due teorie alquanto strampalate, e veicolate per lo più dagli ambienti dei media mainstream, per le quali Pavel Durov si sarebbe fatto arrestare per sfuggire ad una presunta persecuzione ordita da indovinate chi? Da Vladimir Putin! Tanto per cambiare…

Oppure Durov stesso sarebbe egli stesso un agente di Putin sotto copertura!

Quindi, a quanto pare, il premier russo sarebbe alternativamente come “il cacio sui maccheroni” o “il cavolo a merenda” a seconda delle esigenze della guerra di informazione occidentale. Per farla in breve qualsiasi problema abbiano i sedicenti “esportatori di democrazia” (sic!) possiedono sempre il colpevole ad hoc su cui convogliare le proprie frustrazioni. Come si suol dire… “Ha stato Putin!”.

Quindi, concludendo, è impossibile capire come è iniziato e come si stia sviluppando l’affaire Durov. E soprattutto non conosciamo al momento quali saranno le sorti di Telegram. Possiamo solo fare alcune considerazioni. 

A quanto è sembrato di capire Pavel Durov è un idealista a tutto tondo, strenuo paladino della libertà di opinione e di informazione, come abbiamo visto prima. 

E questa sua indole sicuramente è stata alimentata dal fatto di essere, pur relativamente giovane, nato e cresciuto nell’allora Unione Sovietica che, come è noto, non ha mai nascosto una certa idiosincrasia nei confronti della libertà di pensiero e di parola…. E anche se l’URRS è imploso più di 30 anni fa lo spirito sovietico non ha mai smesso di aleggiare nei cuori e nelle menti dei russi. Basti pensare a Vladimir Putin che è egli stesso un trait d’union vivente tra l’Unione Sovietica passata e la Federazione Russa presente.

Però, probabilmente, agli occhi di Pavel Durov la cosiddetta Società Occidentale è risultata come una sorta di Paradiso in Terra dove scorrono copiosamente fiumi di latte e miele. E probabilmente l’impatto duro con la realtà occidentale potrebbe essere stato molto traumatico per il patron di Telegram. Perché il mitizzato Occidente non è quel giardino fiorito vagheggiato da Josep Borrell ma è un corpaccione maleodorante in putrefazione. È un cancro in metastasi. E mi piace pensare che Pavel Durov, nel corso del suo soggiorno parigino forzato, stia prendendo coscienza che la sua prima Patria da cui fuggì sdegnosamente, pur con i suoi limiti e le sue contraddizioni, probabilmente sia rimasta l’ultimo baluardo in grado di contenere e respingere gli attacchi di un mondo occidentale senza Dio, criminale e perverso. 

E quindi tutta questa vicenda si potrebbe sintetizzare in un video che il sottoscritto ha visionato tempo fa. 

In esso si vede l’interno della cucina di un ristorante. Sopra un tavolo vi è appoggiata un enorme pentola piena di crostacei vivi. E a fianco a questo tavolo ci sono vari fuochi accesi e su uno di questi c’è un’altra pentola colma di olio sfrigolante. 

Ad un certo punto si vede uno dei crostacei che riesce a fuggire. Indovinate dove va a finire? 

Alessio Paolo Morrone 

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