DALL’ARABIA SAUDITA: “GIU’ LE MANI DAI PATRIMONI RUSSI IN OCCIDENTE, ALTRIMENTI….”.

L’avvertimento è stato abbastanza chiaro, e anche se ufficialmente non confermato da fonti autorevoli della monarchia saudita, il sasso nello stagno tramite Bloomberg è stato gettato. Secondo l’agenzia di stampa americana specializzata in economia, la monarchia hashemita avrebbe minacciato, in caso di sequestro (quindi una misura ben oltre il cosiddetto congelamento) dei quasi trecento miliardi di dollari in asset russi, di vendere a mani basse titoli di stato (o di debito) di tutti i paesi del G7.

In effetti, i sauditi posseggono una discreta fetta dell’economia, e ancor più della finanza occidentale. Qualche cifra “spaventosa” frutto degli immensi proventi in “petrodollari”di proprietà arabo-saudita: bonds USA per 130 miliardi di dollari, riserve valutarie in banca centrale per l’equivalente di 445 miliardi, il fondo sovrano con un tesoro da mille miliardi. Anche la Francia sarebbe prioritariamente nel mirino di questa ondata di possibili vendite, per lo sfegatato bellicismo del presidente Emmanuel Macron.  

Sinora sugli asset russi è passata la confisca dei soli interessi  girati all’Ucraina che gli assets producono, pur sempre illegale e arbitraria giacché la Russia non è in guerra con nessun paese euroatlantista ma certo minimale rispetto agli intenti predatori particolarmente di Canada, USA e Regno unito. Si tratta di tre miliardi annui che dovrebbero servire a estinguere uno dei tanti finanziamenti non a fondo perduto (questo da 50 miliardi) a favore dell’Ucraina.

Non dubito che i paesi europei, se messi alle strette, obbedirebbero, ma di certo non sono entusiasti dell’ipotesi sequestro temendo ricadute sull’euro. E stati come Cina e Arabia Saudita ne sarebbero allarmati, temendo come già previdi all’inizio della girandola delle sanzioni, che un domani toccherebbe a loro con svariati pretesti (Taiwan, diritti umani, roba LGBT, libertà religiosa e chi più ne ha più ne metta). Non si capisce bene se un certo atteggiamento, e insofferenza del Regno wahabbita di fatto retto dal principe ereditario Mohammed bin Salman (l’intraprendente MBS), siano per il prendere sul serio la fresca entrata nei BRICS, o anche e soprattutto pensando “pro domo sua”.

I sauditi appaiono, inoltre e coerentemente, molto più distaccati dalle lusinghe del mercato immobiliare del Principato di Monaco a loro particolarmente caro, ed è proprio di questi giorni la scadenza di un accordo cinquantennale non rinnovato con gli USA, affinché il petrolio dell’infuocata penisola venisse venduto esclusivamente in dollari.

Insomma, la supremazia monetaria USA, basata ora come ora, esclusivamente su un signoraggio politico e non certo su alcun sottostante al biglietto verde, non sarà ancora in crisi ma indubbiamente inizia a produrre qualche piccolo scricchiolio.

Riyad ha sempre dichiarato di voler svolgere un ruolo di mediazione tra Putin e Zelensky.

A. Martino

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