IL GENERALE ROBERTO VANNACCI CANDIDATO PER LA LEGA AL PARLAMENTO EUROPEO IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. MATTEO SALVINI VINCERA’ ANCHE QUESTA SCOMMESSA?

Ebbene sì: salvo ripensamenti o improbabili passi indietro dell’ultima ora, il generale Roberto Vannacci sarà candidato della Lega in tutte le circoscrizioni italiane per le elezioni del parlamento europeo. Da “indipendente”, si dice dalle parti di Via Bellerio, ma comunque con la missione di rastrellare vagonate di voti tra chi finora non aveva mai votato Lega, o magari radicalmente antisistemico, a votare non ci va proprio (quasi la metà degli aventi diritto, un’area di utenza che più che un bacino pare un’ oceano).

D’altronde, la candidatura del generale del IX era nell’aria già dai primissimi giorni della circolazione del suo primo volume, una sorta di bignamino della scorrettezza politica ovvero “Il mondo al contrario.” 

Molti dei “colonnelli” leghisti non la stanno digerendo, e anzi minacciano di boicottare la candidatura: ultimo e quasi scontato Luca Zaia, ormai organico al Pensiero Unico praticamente su tutto, dall’aborto all’ideologia gender fino all’eutanasia (con la scusa che sono da preferire i “candidati veneti.”) 

Questa fronda antivannacciana, però, si nasconde dietro la foglia di fico della estraneità da parvenu della politica alla storia leghista, del generale ormai con un piede fuori dall’esercito, e non afferma apertamente e semplicemente, che le idee di Roberto Vannacci deflagrate questa estate (pur tutto sommato dalla modesta anzi dimessa letteratura oltre che impalcatura ideologica) sarebbero semplicemente “scorrette”. Non può, perché anche se uno Zaia o un Borghesio cercano con diverse sfumature di ricondurre il Carroccio nella omologazione, non possono neanche sbandierarlo troppo apertamente: involuzione omologatrice che fu assai più semplice nel Movimento 5 Stelle, ove fin dall’inizio né Casaleggio né Grillo si sono mai posti contro il pensiero dominante e main stream salvo gli sbraitamenti sull’ “onestà”, lo “psico nano” o il “parlamento da aprire come una scatola di sardine”. E’ la visione del mondo e della vita che fa la vera differenza, non il numero di parlamentari da eleggere o la votazione o line degli iscritti sulle candidature; e neanche l’ossessione autonomistica da partito nordista e monotematico.

La sfida lanciata da Matteo Salvini gli fa umanamente onore, anche se è da poker politico. Se Vannacci dovesse portare un bel milioncino di voti o più (alla faccia dello “scrivete Giorgia”), il Capitano si confermerà tale e uno Zaia o un Fedriga dovranno ritirarsi in buon ordine nelle loro tane regionali: forte imbarazzo di FdI, partito del “persecutorio” ministro Crosetto che apparirà più nuova DC che erede del MSI-DN di Giorgio Almirante.

Ma se ciò non dovesse avvenire, è da temere la caduta della leadership salviniana con probabile rimpasto di governo e forzitalizzazione della Lega?

I leghisti identitari, cattolici e patriottici potrebbero a quel punto cercare altri lidi o creare un nuovo soggetto coerente con il collocamento europeo (almeno attuale) della Lega all’interno del gruppo della destra identitaria e non globalista?

La risposta l’avremo solo il 9 giugno …

A. Martino

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