IN QUEL DELL’AJA, ALTRO NON SI FA CHE “DIRE A NUORA PERCHÉ SUOCERA INTENDA”.
Come mai, il 29 dicembre 2023, il Sudafrica si è rivolto al Tribunale Internazionale dell’Aja, accusando Israele di aver commesso “genocidio” durante le proprie operazioni militari di rappresaglia in quel di Gaza avvenute a seguito degli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre scorso?
Per quale motivo l’unico Paese a “parlare” su questa vicenda è il Sudafrica?
Cari lettori, queste e tante altre domande, molti di voi neanche se le pongono… e fate male! Perché l’ignorare talune problematiche non aiuta di certo a risolvere i problemi, semmai, li ingigantisce ed incancrenisce.
Il fatto, ad esempio, che il Sudafrica non sia un semplice Paese africano ma sia, al contrario, una vera e propria avanguardia del Vecchio Continente in terra d’Africa è uno degli aspetti fondamentali che hanno spinto il Governo di Pretoria a presentarsi in Tribunale, cioè parte dell’Occidente “buono” che porta sul banco degli imputati l’altra faccia della medaglia, incarnato nello Stato d’Israele e percepito dal resto del mondo come imperialista e sfruttatore.
Sudafrica che, per l’appunto, non è solo quello, ma, è anche e soprattutto, la “S” di BRICS, cioè l’anello ultimo di quel cosiddetto “Mondo Multipolare” che si oppone all’egemonia statunitense e dei propri sodali.
Anello che, se si muove fa meno rumore della Cina e della Russia ma che, cela, dietro di se, queste due grandi potenze e che quindi può agire per conto di queste ultime.
Pochi sanno o ricordano, che quando il Paese degli “springboks” era governato attraverso la rigida applicazione dell’“apartheid” Pretoria fornì a Tel Aviv, in ambito nucleare, denaro e materiale fissile ricevendo in cambio assistenza tecnica per i propri programmi atomici e industriali.
Infatti, in quest’ottica, scienziati sudafricani lavorarono alla centrale di Dimona e collaborato alla realizzazione del missile Jericho 1, progettato da Israele per trasportare testate atomiche; mentre tecnici israeliani furono impegnati nei piani di sviluppo dell’industria militare sudafricana.
Oggi che, poi, il regime segregazionista degli “afrikaner” non esiste più, Pretoria vuole cancellare quella pagina di storia e punire coloro i quali difesero e sostennero quel regime, Israele in primis ed avendo i “coloured” subito angherie non inferiori a quelle subite dal popolo ebraico, i sudafricani sono gli unici che possono permettersi di portare sul banco degli imputati gli israeliani senza poter essere tacciati a loro volta di antisemitismo.
Quindi, in quel dell’Aja, altro non si fa che “dire a nuora perché suocera intenda”.
Lorenzo Valloreja
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