LE FEROCI POLEMICHE SUL CONGRESSO DELLE FAMIGLIE A VERONA CI CONFERMANO LA NATURA INTOLLERANTE DEI NOSTRI TEMPI, MA PURE CHE DOBBIAMO GUARDARE A MOSCA COME FARO DI CIVILTA’ OCCIDENTALE.
Bravo Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto. Il suo contributo alla storia della psicologia clinica sarà una pietra miliare. «Utilizzate questo palcoscenico per parlare anche di temi che magari sono più ostici come il tema dell’omofobia, e lo dico da eterosessuale convinto: mi auguro che qui si possa chiarire una volta per tutte che l’omofobia è una patologia». Così ha pontificato in qualità di ospite al Congresso mondiale delle famiglie. Da bravo “esponente delle istituzioni” ha quindi fatto il suo atto di sottomissione al Pensiero Unico politicamente corretto, ai cui punti fondamentali si annovera l’omosessualismo e la dottrina gender granitici e non emendabili, non criticabili e non contestabili, basilari come l’antifascismo o l’europeismo.
Un pochino di analisi razionale e sanamente illuminista della singolare sparata zaiana, tenendo presente il contesto in cui essa è maturata, è doveroso. Punto di partenza di questa mia analisi che è ogni epoca, non solo questa, ha il suo “politicamente corretto” più o meno incontrastato, più o meno permeante le istituzioni politiche e la cultura, più o meno intollerante verso chi non lo condivide. E più o meno diffuso per aree mondiali. A questo punto, lasciamo perdere l’obiezione per cui “siamo in una democrazia, la società è libera e laica, non esistono ideologie di stato ecc.”. A parte il fatto che la stessa esaltazione della democrazia è di fatto una ideologia di stato (sicuramente più innocua di altre), il sottoscritto non ci crede più o meno da quando ha smesso di credere in Babbo Natale e la Befana, ma se questa “superstizione politica” aiuta a vivere qualcuno in pace col suo tempo e i suoi soprusi, ben venga.
Per quanto concerne il momento presente, direi che viviamo nell’era del Pensiero unico. Tale “Pensiero” è definibile come la riformulazione antinazionalista e radicalmente individualista, materialista, ed economicista del giacobinismo (l’ideologia più radicale della rivoluzione francese). Tale radicalismo di massa ha ormai elevato in svariati paesi a leggi (o “diritti”) quelle che una volta apparivano come stravaganze o provocazioni (vedi il matrimonio tra uomo e donna), si atteggia a portatore di verità universali (ma gran parte della popolazione mondiale come la cinese o i fedeli musulmani ne è fondamentalmente immune salvo spesso che per il consumismo). Ed è appunto ormai ideologia di stato come nella beneamata Europa, quindi anche in Italia. Il ben noto Pensiero Unico è alquanto permaloso anzi intollerante, e ci si appresta, dopo la classica fase “rivoluzionaria”, a varare tutta una serie di normative che stronchino e reprimano il dissenso (le varie leggi contro queste questa o quella “fobia”, tra cui ultima arrivata l’ “afrofobia”).
Porre troppa enfasi sul concetto e sull’importanza della famiglia “tradizionale” sarebbe dunque, per l’ideologia “di regime” intrinsecamente “omofobico”, a prescindere da qualunque atteggiamento moralistico di biasimo se non addirittura, di sdegno. Ma quale “tradizione”, ma quale “omofobia”….ma basta, dai!
L’unione potenzialmente feconda e procreatrice tra un uomo e una donna non è assolutamente una invenzione della solita Chiesa sfruttatrice della masse credulone per rafforzare il proprio potere blablabla, ma è connaturata ad ogni momento della civiltà in ogni declinazione culturale e religiosa, e non è mai passata necessariamente per il matrimonio, tanto meno necessariamente cristiano o prettamente cattolico. Che poi la Chiesa abbia avvertito la necessità di “appropriarsi” del vincolo matrimoniale per una maturazione teologica e una attenta interpretazione del dettato evangelico in continuità, anche se profondamente riformata, della legge mosaica, è tutto un altro discorso. Insomma, per quattromila o cinquemila anni, chi ha fatto figli, si è strainfischiato che qualcuno o qualcuna non potessero farlo data la loro ripulsa per l’altro sesso unita a una spiccata predilezione per quello di appartenenza. Erano fatti che avvenivano a casa altrui, in letti altrui. E gli omosessuali (anche perché per nulla esaltati nel mondo giudaico e cristiano), nulla avevano da pretendere verso la società se non tolleranza e buon senso. Ed è pure vero che, come nel caso di una certa Atene antica scimmiottata da una grecizzata e corrotta Roma imperiale, l’omosessualità (più precisamente la pederastia, basti pensare a Platone), era praticata a livello diffuso tra le classi alte e intellettuali (vedi l’imperatore Adriano e Antinoo).
Ma il legame procreativo tra uomo e donna, concubinario o matrimoniale, era un’altra cosa, magari persino coesistente ma senz’altro a un livello di maggiore rilievo sociale.…et voila l’omofobia, qui casca l’asino cioè ahimé il sottoscritto (peraltro in numerosa compagnia).
Invocare la differenza tra il rapporto omosessuale e quello NATURALE (non cadiamo nella trappola del concetto di “tradizionale”, in re ipsa patetico, ridicolo e spregevole per l’ideologia di regime), la specificità, la tendenziale bellezza e miracolosità, l’intrinseca armonia complementare persino nella dinamica della copula, la richiesta di valorizzarlo, onorarlo, sostenerlo, rende “omofobi”; cioè alla lettera, paurosi degli omosessuali. Roba da pazzi.
L’iter logico e filosofico di simili assunti è nullo, ridicolo,intellettualmente analfabeta, espressione di una civiltà arrivata “alla frutta”. Ma perché il dottore in Veterinaria Luca Zaia si pone al livello di un canzonettaro sanremese o di una Barbara D’Urso a cui il direttore artistico o l’editore si raccomandano di “parlare sempre bene dei gay, sennò sono casini”? Ma ci crede davvero?
La civiltà cristiana, organicamente e istituzionalmente parlando, sarà pure finita, ma lo è pure l’illuminismo con la sua logica serrata e positiva: come lo avresti spiegato a Rousseau o a Voltaire che “l’amore è sempre amore”, o che è oscurantista e bigotto affermare che “si nasce da un padre e da una madre”? E cosa mai avrebbero potuto eccepire sulla riproduzione a fine di innocuo, straziante monito, di un povero feto nei primi mesi, dato che questo, che piaccia o no, al momento dell’aborto così si presenta? Certo, nel Settecento non si era sviluppato il business dell’utero in affitto, qualche economista pazzoide non aveva ancora inquadrato l’aumento della popolazione come una iattura.
Parimenti, ammettiamolo, non è affatto detto che se non ci fosse l’aborto in Italia, quei sei milioni di feti soppressi sarebbero stati automaticamente sei milioni di bambini in più. Ma qualcuno, forse, sarebbe nato? Si può dire, prima che approvino, tra tutta la normativa anti fobie varie, anche una legge antiabortofobica? Ma non si rendono conto che qui, l’unica vera fobia è quella che LORO hanno dell’ordine naturale delle cose? La paranoia intellettuale dei cattivi maestri di sette massoniche deviate si è fatta ormai, come già abbiamo detto, regime del mondo euroatlantista, con altre implicazioni (l’unilateralismo nelle relazioni internazionali, la scomparsa e sostituzione dei popoli con masse indistinte senza particolari connotazioni etniche, religiose, sessuali, la fine delle monete ecc). Fantasie da “sfigati” come direbbe qualcuno con classica terminologia da fighetto arrivato? Non proprio: documentarsi sul New World Order, tanto per dirne una.
Quando sento inveire Monica Cirinnà o Vladimir Luxuria contro “il Medio Evo” della kermesse veronese, ma anche Luigi Di Maio che li scimmiotta, e persino Giuseppe Conte tra un caloroso abbraccio a Frau Merkel e l’altro, mi è chiaro e confermato chi sia Matteo Salvini, e noi de L’Ortis gli esprimiamo e confermiamo la più calorosa vicinanza e sintonia. E mi sono chiare e confermate le profonde radici ideologiche e di visione del mondo, del Movimento 5 Stelle. E non dico altro, perché con questa gente si governa ancora.
E non mi meraviglio affatto della presenza nutrita a Verona di una esponente del governo brasiliano con delega alla famiglia, e soprattutto di politici e religiosi russi. Sappiamo bene che “Ex Oriente lux”, e anche per questi motivi verso una profonda amicizia italo-russa vogliamo andare.
Con Monica Cirinnà, purtroppo, non abbiamo nulla in comune se non la lingua italiana: con Vladimir Putin, tanto. Sono i drammi dell’ideologia e dei popoli “spaccati” dal Pensiero dominante del Politicamente Corretto, che davvero Unico non potrà mai essere.
ANTONIO MARTINO
Un articolo complesso ed esauriente.Complimenti
Giuliano Cotellessa
Caro Giuliano anche per te, come per Giuseppe, i ringraziamenti sono il minimo che possiamo tributarti. Tuttavia consentimi di lanciarti un’esortazione: fai conoscere ai tuoi amici il nostro giornale, invita i tuoi contatti facebook, twitter ed instagram a seguire il nostro sito ed a mettere mi piace sulla nostra pagina facebook, te ne sarei immensamente grato.