ELON MUSK, ORMAI APERTAMENTE MELONIANO, HA IRRITATO LA SINISTRA E IN ITALIA E’ UFFICIALMENTE CONSIDERATO UN “OLIGARCA” (MATTARELLA DIXIT, ALMENO SECONDO LA STAMPA MAIN STREAM).

A me, questo Elon Musk piace. Certo, resta un super globalocrate, un potere forte anzi fortissimo. Non riesco a ben inquadrarlo spiritualmente e culturalmente, e penso che dovrò far ricorso alla monumentale biografia su di lui. Parlo pur sempre di un pezzo importantissimo della cupola globalista, da cui non ci si può attendere nulla di autenticamente sovranista e populista.

Ma rientra nei miei personali standard di “sostenibilità psicologica e culturale”: quando parla non mi rompe le scatole per il semplice fatto che lo faccia e che i media me lo propinino, avverto qua e là una vena di sincerità umana, non mi sembra preoccupato di non dire quello che “non si può dire” (se non se lo può permettere lui, d’altronde…).

E’ imprevedibile e ondivago. Ha concesso agli ucraini, pare, la sua formidabile rete satellitare Starlink per poi, dicono, revocargliela, e punzecchiare Zelensky; usa Twitter (l’attuale X) più come un mega giocattolo digitale che come un reale investimento anche se gli è costata una fortuna.

Nell’ultimo fine settimana prenatalizio è venuto a Roma, dove ha parlato ad ampio raggio sul palco di Atreju accompagnato da un figlio avuto tramite utero in affitto (chiaro messaggio che probabilmente indurrà Fratelli d’Italia e Lega a rivedere le loro posizioni in questione, e questo non va assolutamente bene). Ha incontrato pure Matteo Salvini e soprattutto, per la seconda volta, Giorgia Meloni la cui reale natura politica e progettuale della vicinanza non è ancora ben chiara. D’accordo, c’è una vaga fisionomia “di destra” (sia detto per l’uno e ormai, anche per l’altra) ma in cosa consiste il “che ti serve?”, che entrambi sicuramente si rivolgono?

Di sicuro, il buon Elon non gode di simpatia dalle parti del Quirinale dove, sia a giugno che a dicembre, non si è mai accostato. Gode di meno accreditamenti alle alte istanze istituzionali di un Bill Gates o anche di un George Soros, e anche qui, in fondo, i motivi sono oscuri: qualche parola o iniziativa fuori posto, come appunto nel caso dell’Ucraina, o una discreta vicinanza a Donald Trump? O forse, quella fissazione sulla libertà di espressione?

Il 20 dicembre, durante la cerimonia di auguri di fine anno al Quirinale, in un discorso del presidente della repubblica effettivamente di ampio respiro, non si è assolutamente fatto né nome né cognome del tycoon ma la stampa vi ha concordemente ravvisato dei piccati riferimenti a lui, non a caso qualche giorno dopo la sua non graditissima sortita romana.

Il modello culturale dell’Occidente è sotto sfida…..”; “……..bisogna evitare che pochi gruppi possano condizionare la democrazia…..”. A personaggi come Musk (mai, lo ripeto, citato espressamente, ma aleggiante, seconda la stessa stampa main stream che di umori presidenziali se ne intende immensamente più del sottoscritto, nel salone quirinalizio come il Convitato di pietra) il presidente Mattarella ha imputato “la presunzione di divenire loro i protagonisti che dettano le regole, anziché essere destinatari di regolamentazione”.

E ancora, e soprattutto ha detto con una punta di risentimento: “…..contrastare quello che può insidiare le nostre libertà è l’impegno prioritario che si pone dinanzi a noi……”, ”molti tra i detentori di grandi capitali del pianeta, tra persone e aziende, riescono a eludere quasi integralmente gli obblighi fiscali, soprattutto nei servizi all’informazione. Si tratta di una questione che riguarda direttamente l’espressione della sovranità dei cittadini, ai quali viene chiesto di concorrere al finanziamento delle attività statuali in quanto titolari di diritti; mentre c’è chi ritiene di potersi sottrarre a quel dovere.”

E discorrendo ulteriormente, si è tirato in ballo anche Orwell con il suo romanzo ormai Numero Uno della distopia, ovvero 1984. E si sono considerate le multinazionali pericolosi centri di “contropotere”, e così via.

Sono parole sostanzialmente condivisibili, anzi dirò di più: nobili e da vero statista. Però, però….ma questo non è il sistema che regola un ormai fantomatico “modello culturale” del cosiddetto Occidente almeno dalla famosa caduta del Muro di Berlino, o no? Ma questo “modello culturale”, che io definisco fantomatico perché di radice culturale non ha nulla ma è solo neoliberalismo capitalistico-tecnologico, non è esattamente quello contro cui dovremmo vigilare e combattere? In quanto poi all’ansia di regolamentazione, beh, quella è l’atavica nevrosi del cattocomunismo, che proprio perché impossibile da applicare a ogni campo dell’umana attività, finisce poi per arrendersi disastrosamente a chi e cosa, voleva regolamentare: vedasi la devastante esperienza prodiana all’IRI.

Evitare che pochi gruppi possano condizionare la democrazia”? Beh, francamente non ho parole. Forse, qualcuno dalle parti del colle più alto di Roma (magari anche tra i collaboratori ai discorsi presidenziali) si è convertito allo spregevole (fino al giorno prima) “complottismo”? Simili affermazioni sembrano sfondare, insospettabilmente e inopinatamente, porte aperte innumerevoli, L’Ortis compreso (impossibile qui citare centinaia di articoli in tema comparsi su questa testata).

E voglio evitare puntualizzazioni su teorie alla “le tasse sono una cosa bellissima”, dato che mi pare in Italia, come in altri paesi, il datore di lavoro (il contribuente fiscale) appare piuttosto come il suddito del proprio stipendiato. E anche certi grumi dell’eurocrazia profonda, mi appaiono condizionatori della democrazia (basti pensare all’incessante, ossessiva propaganda arcobaleno).

A me però, sembra assai azzardato, se non ridicolo anzi offensivo relativamente al soggetto che di sicuro tale lo riterrebbe, associare, a far data dal 20 dicembre 2023, la più alta istanza istituzionale italiana a complottismo, sovranismo, populismo, o a tesi fusariane o alla Veneziani; se non addirittura, a un certo rossobrunismo.

Piuttosto, il messaggio pratico è questo: la tenaglia Musk-Meloni spaventa la Sinistra italiana, sconcerta che i “fascisti” abbiano ormai una tale sponda, spaventa la prospettiva di un prossimo presidente USA (se non Trump, probabilmente trumpiano) in sinergia col vulcanico tycoon. Disturba che degli ex missini siano approdati a tali agganci, fino a qualche mese fa reputati caratterizzanti la sinistra radical chic e transnazionale, così presentabile e accreditata. Musk, in un mondo che esige una religiosa omologazione, e rispetto di ruoli e funzioni in una universale commedia di apparenti e convenzionali distinzioni, è una anomalia seccante se non intollerabile.

Allora, Musk che in fondo è solo un pezzo, rilevantissimo quanto si vuole ma solo un pezzo dell’architrave globalista, diventa un “oligarca”(termine testualmente usato che potrebbe preludere a misure analoghe a quelle contro gli “oligarchi russi”) pericoloso, brutto e cattivo. In questa puntigliosa e retorica contrapposizione, chissà chi avrà da rimetterci, almeno in termini di coerenza e credibilità.

A. Martino     

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