VIKTOR ORBAN BLOCCA COL SUO VETO (FINORA) BEN CINQUANTA MILIARDI DI EURO PER L’UCRAINA, CHE A QUANTO PARE PUO’ CONTARE SU RISORSE EUROPEE ILLIMITATE (NON COSI’ POSSONO SANITA’ O ISTRUZIONE, O LA LOTTA ALLA POVERTA’).

Teniamo conto che il prodotto interno lordo (PIL) dell’Ucraina ammonta a duecento miliardi di euro, e che per la famosa ricostruzione della terra slava un tempo in parte austroungarica e in parte provincia della Russia zarista, si stimano necessari cinquecento miliardi sui quali nessuno obietta anzi è pronto a buttarcisi a capofitto (vendendo la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, è proprio il caso di dire).

E che nella sua ultima trasferta americana, Zelensky è riuscito a strappare a Biden, date le barricate parlamentari dei repubblicani, appena duecento milioni.

Ebbene, alla luce di queste cifre, i cinquanta miliardi di euro quali ulteriori aiuti all’ Ucraina bloccati da ieri e finora da Viktor Orbàn, appaiono una cifra davvero significativa. Credo comunque, che alla fine, saranno sbloccati: basterà che diano a Orbàn quello che del famoso recovery plan gli spetta, accantonando le solite solfe sulla “separazione dei poteri” (cioè sulla lesa maestà della locale magistratura a cui, anche lì, i radical chic si appoggiano) e sui “diritti” (ovvero la contrastata omosessualizzazione della società magiara).

Ovviamente, all’Ucraina sono già andati centinaia di miliardi in euro, anche sotto forma di armamenti sempre più (almeno sulla carta) potenti.

Ma qui si pongono alcune domande inevitabili.

Da dove vengono cifre così astronomiche, hanno una vera sostanza finanziaria, o sono solo generate da un clic in un ufficio della BCE, stampando banconote o emettendo titoli di stato prontamente acquistati dagli investitori istituzionali?

Come mai, nonostante tutte queste risorse, l’Ucraina è sempre più indebitata verso il Fondo monetario internazionale (l’ultima tranche, sempre nel viaggio americano di questa settimana, è stata accordata a Zelensky sancendo di fatto, la fine di ogni indipendenza finanziaria di Kiev)?

E come mai, soprattutto, e nonostante tutto, l’Ucraina non è già dilagata fino in Siberia?

Forse, molto si perde per rivoli che nulla hanno a che fare con lo sforzo bellico ucraino?

A quanto pare, per il Sistema, i soldi si trovano sempre, o no? Forse, è tutta questione di ciò a cui i “padroni del vapore” tengono sul serio? Fatemi capire, come mai la Sanità o l’Istruzione ottengono sempre, da decenni, qualche milioncino in più se tutto va bene e se va male conoscono piuttosto una bella “spending review” cioè “tagli”?

Forse, questa ultima escalation finanziaria è un atto di disperazione dell’eurocrazia che non riuscendo a capacitarsi delle risorse finora buttate nel pozzo di San Patrizio che intuimmo già nei primi mesi del drammatico scontro sulle rive del Dnipro e del Dniepr, con una sorta di sindrome da giocatore di poker decide di buttare sul tavolo da gioco tutto ciò che ancora può utilizzare?

Una cosa è sicura: quando in un modo o in un altro, le cose sembrano volgere a una conclusione che non implichi non solo la sconfitta, ma anche e piuttosto un vero e proprio crollo della Russia, arriva o l’ennesimo “pacchetto di sanzioni” (siamo al dodicesimo), o una nuova abbuffata miliardaria di euro, o partono nuove forniture militari.

Stavolta, anzi, si apre su impulso europeo un nuovo fronte abbastanza sopito e finora abbastanza sensatamente gestito da NATO e Russia: l’ammissione al percorso di adesione europea assieme all’Ucraina, della Moldavia. Evidentemente, si mira a soffiare sul fuoco in Transnistria (l’enclave russa di fatto). Già immagino Ursula invocare il ripristino della “legalità internazionale” in quella che un tempo fu la Bessarabia, che va assolutamente riunita alla Moldavia, anche “aiutando” codesta.

Ma se le cose stanno tutte così, scusatemi, i guerrafondai (oltretutto dalle mani bucate e sempre più nervosi), quali sono?

A. Martino

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