È MORTO KISSINGER, L’UOMO CHE AVEVA VERAMENTE LA “K” NEL PROPRIO NOME
Alla fine, ci ha lasciato anche Henry Kissinger, l’uomo che aveva veramente la “K” nel proprio nome, con tutto ciò che sottace con quella lettera, non come gli artefatti “Kossiga” ed “Amerika”.
Aveva 100 anni, e al di là delle opinioni personali, ha incarnato pienamente la figura dello stratega, dell’uomo di Stato, del consigliere machiavellico. Insomma, un esempio per chiunque si avvicini alla politica con l’obiettivo di plasmare gli eventi e incidere sulla storia.
Nessuna delle sue azioni o decisioni è stata guidata dalla cieca ideologia, ma sempre e solo dall’interesse per il proprio Paese, costi quel che costi, anche a discapito delle vite e delle libertà altrui. Kissinger non ha mai concesso spazio alle cosiddette emozioni nella sua politica, né si è fatto guidare da alcun sentimento. A dettare legge è stata sempre e solo la logica assoluta; d’altronde, 2+2 deve fare necessariamente 4, altrimenti l’intero impianto è sbagliato e bisogna ricominciare da capo.
E se analizziamo gli eventi da questo punto di vista ci potremo rendere conto di come il suo viaggio a Pechino, contrariamente a quanto spesso riportato dalla stragrande maggioranza dei commentatori, non aveva nulla di epico. In realtà, fu semplicemente la mossa più logica e sensata che gli Stati Uniti potessero fare all’epoca.
L’obiettivo era quello di mettere l’uno contro l’altro le due principali realtà comuniste, l’URSS e la Cina, cercando di creare una frattura tra di loro, che avvantaggiasse così il blocco occidentale. Mi meraviglio che nessuno ci abbia pensato prima. Ma, se guardiamo alle politiche degli ultimi Segretari di Stato americani, ci rendiamo conto di come l’ignoranza e l’idiozia abbiano preso il sopravvento: Invece di accogliere la Russia di Putin nel consesso delle Potenze Occidentali in chiave anticinese, si è fatto di tutto, anche nel peggiore dei modi (vedi vari tentativi falliti attraverso le primavere colorate di destabilizzare il Cremlino, o guerre provocate e supportate, anche economicamente come il boicottaggio dello Sputnik V e le mille sanzioni comminate), affinché Mosca si alleasse a Pechino. Una vera e propria follia che ha segnato la fine certa della leadership mondiale dell’occidente.
A tal riguardo sono convinto che, se Kissinger avesse potuto nuovamente giocare un ruolo da protagonista della politica americana, la storia sarebbe stata diversa.
Kissinger, dunque, può essere considerato non solo come il punto di riferimento tra un modo di intendere le relazioni internazionali ma anche come la “cartina di tornasole” della vera sovranità di ogni singolo Stato.
Infatti, all’epoca, se la Nazione con cui gli Stati Uniti si confrontavano era una Potenza, trattavano; altrimenti, se era uno “Stato Cliente”, intervenivano pesantemente nella politica interna di quest’ultimo.
È stato così, ad esempio, nel caso del Cile di Allende, dove il Presidente fu violentemente rovesciato in favore di Pinochet, e questo accadde non perché si avesse paura del comunismo in quanto tale, ma perché, secondo la “Dottrina Monroe”, nel “cortile di casa” non si potevano tollerare altre Potenze.
La stessa cosa accadde in Argentina e in tutti gli altri Paesi sudamericani coinvolti nell’Operazione Condor.
Anche l’Italia, pur non facendo parte del continente americano, dopo la Seconda Guerra Mondiale entrò a pieno titolo in quel famoso “cortile”. Nonostante alcuni membri della classe politica (Craxi, Andreotti, Mattei in primis) tentassero di liberare il nostro Paese da questo giogo, ci ritrovammo coinvolti in quella che è passata alla storia come la stagione degli “anni di piombo” e dei grandi “misteri italiani”.
In altre parole, se l’Italia avesse davvero contato qualcosa, Henry Kissinger non si sarebbe mai potuto permettere il lusso di dire ad Aldo Moro: “Onorevole, lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. La smetta o la pagherà cara, molto cara”, e sappiamo tutti poi come andò a finire, così come se Giorgio Napolitano nel suo ruolo di rappresentante ed alto esponente del PCI, fosse stato realmente pericoloso per Washington questi non sarebbe mai stato definito dal Segretario di Stato di Nixon: “il mio comunista preferito”.
Insomma di Kissinger possiamo dire di tutto ma non di certo che sia mai stato ipocrita o buonista.
Infatti il suo rapporto con le donne farebbe impallidire ogni femminista contraria al “Patriarcato”.
Benché uomo brutto e sgraziato ebbe come amanti svariate donne famosissime e bellissime, da Candice Bergen, stilista americana, a Shirley MacLaine, attrice statunitense, passando per Jill St. John, modella americana, Marlo Thomas, comica statunitense, Liv Ullman, regista norvegese, Samantha Eggar, attrice britannica, fino a Zsa Zsa Gábor, miss Ungheria nel 1936. Egli infatti soleva dire: “dopo una giornata intera con Indira Gandhi di certo non voglio passare la serata con Golda Meir”. Una dichiarazione che oggi costerebbe senz’altro la carriera a qualsiasi uomo politico che avesse l’ardire di pronunciarla, eppure Henry aveva la sfacciataggine di dirla.
Insomma io avevo ed ho sempre avuto stima per Kissinger perché, per me, al di là dell’essere d’accordo o no con questo stratega, le menti brillanti hanno sempre avuto un certo fascino e poi la cosa che più apprezzo in un uomo è la chiarezza: “pane al pane vino al vino!”.
Egli infatti rappresentava l’ultimo avversario perfetto, colui che ti dice orgogliosamente: “sono io il tuo nemico, guardami, sono qui, mi riconosci?”
Oggi invece siamo circondati da una massa imprecisata di melliflui “serpari”: tutti sono a tua disposizione, nessuno è contro di te … salvo poi, “buttartelo dietro”, non appena dai le spalle.
Anche questo, ahimé, è un segno inequivocabile del cambiamento antropologico a cui il genere umano è sottoposto ormai da anni.
Lorenzo Valloreja
Lascia un commento