JAVIER MILEI SARÀ PURE “EL LOCO” MA DI CERTO NON È “EL ESTÚPIDO”, SEMMAI GLI SCIOCCHI SONO COLORO I QUALI SI BEVONO TUTTO QUELLO CHE I “PROFESSIONISTI DELL’INFORMAZIONE” GLI PROPINANO

Uno potrebbe pensare che siamo ripetitivi, ma i nostri strali contro i cosiddetti “professionisti dell’informazione” – che, tra l’altro, sono anche colleghi, dato che “l’Ortis” è registrato presso la Cancelleria del Tribunale e redatto da giornalisti iscritti all’ordine – ci vengono tirati fuori dalle tasche quando ci troviamo a leggere di così grandi e palesi corbellerie.

È il caso, ad esempio, dell’ilarità suscitata da costoro riguardo alla definizione di anarcocapitalista data spontaneamente dal neo Presidente dell’Argentina, Javier Milei. Sembrerebbe, infatti, che, per costoro, l’anarcocapitalismo sia una contraddizione in termini, una parola ideata dall’eccentrico “El Loco”, così come il personaggio, questo si, inventato da lui stesso, il “General Ancap”, un supereroe che combatte contro keynesiani e collettivisti e che, sempre secondo Milei, dovrebbero essere “presi”, letteralmente, “a calci nel culo”.

Ebbene, l’anarcocapitalismo non è un’invenzione, o il frutto della sbornia del sabato sera, ma una vera e propria teoria economica che ebbe il suo apice negli anni 60, 70 ed 80 del secolo scorso attraverso filosofi ed economisti del calibro di: Murray Newton Rothbard, Robert Nozick e David Friedman (figlio di Milton).

Questi tre pensatori hanno ognuno un approccio più o meno integralista verso l’anarcocapitalismo e il più moderato dei tre è senz’altro Robert Nozick, il quale, con la sua opera del 1974, “Anarchia, Stato e Utopia”, decostruisce l’esistenza dell’entità sociale. Non esiste, a detta sua, una comunità politica organica, ma solo individui, da pensare come enti rigidamente separati l’uno dall’altro. Segue da ciò, che sottrarre qualcosa da un individuo per darlo ad altri (ridistribuzione dell’utile alla collettività), per tanti che siano, rappresenta non un atto di generosità dovuto, ma un obbligo a lavorare per altri, in definitiva violare i diritti di uno a beneficio di altri.

Questa considerazione giustifica l’assunto per cui la tassazione è lavoro forzato! Come afferma sempre Nozick “l’essere costretti a contribuire al benessere altrui viola i nostri diritti, mentre il fatto che qualcun altro non ci fornisca beni di cui abbiamo bisogno […] non viola di per sé i nostri diritti”. Il suo libro vinse il “National Book Award” e venne definito dal Times Literary Supplement come “uno dei 100 libri più importanti del dopoguerra”. Però una lettura disattenta e deviante contribuì a trasformare il suo autore da giovane professore di filosofia e che in gioventù fu molto vicino alle posizioni della sinistra radicale, nel riluttante teorico di un movimento politico nazionale e come leader putativo della destra, un ruolo in cui non si riconobbe mai.

Se le affermazioni di Nozick riguardo alle tasse possono sembrare estreme, allora le parole d’ordine del padre dell’anarco-capitalismo, l’economista, filoso libertario Murray Newton Rothbard, suoneranno all’orecchio del lettore come dei veri e propri grimaldelli: “le tasse sono un furto legalizzato; la coscrizione è schiavitù moderna; le guerre tra Stati possono essere tranquillamente considerate terrorismo; bisogna opporsi a qualsiasi obbligo di cura“.

Quindi il pensiero rothbardiano poggia le sue basi sul principio di non aggressione e su un radicale individualismo. Partendo dagli insegnamenti del suo più importante maestro, Ludwig von Mises, soprattutto dal capolavoro dell’economista austriaco, “Human Action”, ha costruito una tesi, a detta dei libertari l’unica tesi realizzabile, che prevede l’eliminazione dell’istituzione Stato, intrinsecamente violenta secondo Rothbard, sostenendo la naturale creazione di ordini policentrici basati sulla proprietà privata. Di conseguenza una volta eliminata questa “assurda forza costrittiva” l’anarchico vuole poi essere libero di organizzare la sua vita come meglio crede. Potrebbe isolarsi come un eremita senza nessun impiegato delle tasse a disturbarlo (anarchico individualista), potrebbe unirsi ad altri e dare vita ad una comunità in cui tutto è di proprietà comune (anarchico comunista), e via dicendo.

In sostanza l’anarchia postula la libertà per gli individui di concepire e realizzare vari modelli di società, nessuno dominante sull’altro e tutti compatibili al tempo stesso. Per gli anarco-capitalisti “Lo sviluppo cumulativo dei mezzi di scambio sul libero mercato è il solo modo in cui il denaro possa essere stabilizzato […] il Governo è incapace di creare denaro per l’economia; ciò può solo essere sviluppato tramite i processi del libero mercato” ma, secondo questa scuola di pensiero, non solo l’economia dovrebbe essere lasciata libera ma anche settori ritenuti comunemente monopoli naturali dello Stato, come la giustizia e la protezione.

Partendo dal già citato “assioma di non aggressione”, Rothbard e il libertaranismo ritengono che la punizione per l’aggressore sia la perdita proporzionale di diritti inflitta alla vittima. In pratica la pena non avrebbe più scopi di deterrenza o reinserimento come oggi, ma fungerebbe semplicemente da risarcimento. Nello specifico, riguardo la pena di morte Rothbard scrisse “Dovrebbe quindi essere chiaro che, secondo il diritto libertariano, la pena capitale dovrebbe essere rigorosamente limitata alla punizione dell’omicidio. Infatti un criminale può perdere il proprio diritto alla vita soltanto se ha privato una vittima dello stesso diritto. Non sarebbe ammissibile , quindi, che il negoziante giustiziasse il ladro di caramelle condannato”.

Ora se queste sono le considerazioni di Murray Newton Rothbard, David Friedman con il suo “The machinery of freedom” arriva ad auspicare prima l’accettazione da parte dell’intera società del codice legale libertario, successivamente un processo di privatizzazione dei settori controllati dallo ed infine, con la privatizzazione del diritto l’abolizione dello Stato stesso e la costruzione di piccole unità dette “privatopie”.

Ecco questo è l’humus culturale con il quale il professor Javier Milei, ordinario di Macroeconomia ed autore di 9 testi, si è presentato agli argentini con la motosega in mano per mimare il taglio violento della spesa pubblica e vincere così le elezioni. Milei non è certamente “Loco” ma un grande comunicatore si, che sa cavalcare molto bene la volgarità sguaiata dei tempi, così, come se nulla fosse ha imposto, ad esempio, ai suoi cani i nomi tratti dai suoi economisti preferiti Milton (Friedman) e Murray (Rothbard), oppure ha candidamente affermato che Al Capone è stato un “benefattore sociale”, così come si è dichiarato a favore della compravendita degli organi umani e della creazione di un mercato delle adozioni, oltre che della liberalizzazione della vendita di armi, della privatizzazione totale delle scuole e degli ospedali, nonché della distruzione della Banca Centrale Argentina, in favore della dollarizzazione completa del Paese, cosa, tra l’altro, già avvenuta da anni in Ecuador. Javier, insomma, potrà anche essere soprannominato “El Loco” ma non di certo “El Estúpido” perché da buon “paragnosta” qual è si è subito scelto quale “lord protettore” il Governo degli Stati Uniti che, dalla Dottrina Monroe in poi, è sempre stato il padrone del “cortile sudamericano”.

Ciò – se da un lato gli garantirà una copertura internazionale non indifferente, specie presso l’FMI e gli altri circuiti finanziari – di certo non riuscirà ad affrancare l’Argentina dal suo destino di Paese socialmente povero e defraudato delle proprie risorse naturali, prime tra tutte le terre rare. Comunque, sta di fatto che, come da copione, l’Argentina a guida Milei si prepara a:

Denunciare la propria adesione ai BRICS;

Sposare in toto la politica israeliana tant’è che il primo atto ufficiale sarà quello di spostare l’Ambasciata Argentina in Terra Santa da Tel Aviv a Gerusalemme Est.

Per rafforzare il concetto, poi, il neo Presidente Argentino si è detto pronto a volersi convertire dal cattolicesimo all’ebraismo grazie all’aiuto del suo consigliere, il rabbino Axel Wahnish.

Ora, c’è chi, sempre tra i “professionisti dell’informazione”, ha dipinto Javier Milei come un leader populista e sovranista, a nostro modo di vedere una vera e propria bestemmia, che non solo grida vendetta al cospetto di Dio ma che è stata fortunatamente smentita anche dallo stesso Milei.

Ma come si può fare tanta confusione???

Come si fa a definire sovranista chi rigetta il peronismo, unico movimento sudamericano simile in tutto e per tutto al fascismo corporati svista? Ma soprattutto come si fa a definire sovranista chi è contro il BRIC?

In altri termini, a noi de l’Ortis, politicamente parlando, Javier Milei proprio non ci piace.

Perciò W Juan Domingo Perón!, W il popolo argentino! E speriamo che la nottata passi il più velocemente possibile.

Lorenzo Valloreja

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