IL FILM “COMANDANTE” E’ UNA BELLA RICOSTRUZIONE STORICA, PERO’ UN PO’ TROPPO MELONIANA

U-Boot 96 (del 1981, film tedesco del regista non ancora hollywoodianizzato Wolfgang Petersen) è forse l’unico film del sottofilone sommergibilistico che regge il paragone (anzi, superandolo in drammaticità e tensione claustrofobica ) con l’ottimo nostro Comandante diretto da Edoardo De Angelis e interpretato nel ruolo principale del Comandante, appunto, Salvatore Todaro, da Pierfrancesco Favino.

L’evento saliente della trama (fatto reale) è abbastanza semplice e ormai, abbastanza noto forse a più persone degli spettatori del film, che purtroppo, ha avuto un po’ la sfortuna dell’uscita concomitante con l’imprevisto boom del film diretto e interpretato da Paola Cortellesi, curiosamente ambientato pochi anni dopo, nell’Italia del primissimo dopoguerra.

Il sommergibile Cappellini, dopo essere rocambolescamente (e grazie all’eroismo di un marinaio) riuscito a violare lo Stretto di Gibilterra, si imbatte in un mercantile armato battente bandiera belga (teoricamente neutrale per la Regia Marina, ma in realtà e ovviamente, ostile a causa dell’invasione tedesca del Belgio). Ne viene infatti aggredito a cannonate, e il capitano Todaro non esita a fare altrettanto: il mercantile non può non avere la peggio,  non essendogli riuscito il colpo a sorpresa e data la potenza dell’armamento dell’italico scafo nuovo di zecca tutto acciaio, cannoni e siluri. Per inciso, il comandante Todaro non si fida dei siluri prediligendo i cannoni, e quindi il combattimento in superficie: insomma, procedere in rotta subacquea era per lui più un’astuzia per occultarsi, che una modalità di combattimento.  

Nonostante il suo orgoglioso proclamarsi uomo di mare, era piuttosto, semplicemente, un soldato. Ebbene, l’affondamento del vascello ostile provoca naufraghi che egli non abbandona in mare (nonostante il loro proditorio assalto), ma anzi fa di tutto, fino a una incredibile tregua con una piccola squadra britannica, per portarli vivi e vegeti alle Azzorre; anche arrischiando obiettivamente, e modestamente per il sottoscritto, non del tutto condivisibilmente, il buon esito della missione, il potente mezzo affidatogli e soprattutto le vite dei suoi uomini. Ma Todaro era un eroe, già decorato, ed eroica fu anche l’apparente vaga follia del suo culto non solo della “legge del mare”, ma anche di codici cavallereschi, già nel 1940, sbiaditi ormai da tanti anni. Cadde sul campo e da uomo d’azione in Tunisia attorno a Bona, egli che invalido in seguito ad abbattimento del suo idrovolante, avrebbe potuto già da anni godere una onorata e meritata pensione da invalido di guerra.

E’ anche vero che ebbe la fortuna di trovare sulla sua rotta un comandante inglese di analoga sensibilità.  

Fin qui in sintesi, l’azione narrata nel film, che è una apprezzabilissima e coinvolgente ricostruzione di uno spaccato di guerra sottomarina tricolore nel 1940. A questo punto, è necessaria una lettura critico-ideologica che potrebbe far risentire qualcuno.

La narrazione è palesemente “meloniana”: cioè, di destra in un’epoca in cui non esiste più una vera Destra e nemmeno una vera Sinistra, come cento volte abbiamo già argomentato assieme ad altri intellettuali ben più autorevoli; e cioè esattamente, da sedicente ed evaporante Destra riveduta e (politicamente) corretta, repubblicana e democratica. Vi appare un vago orgoglio per ciò che molti italiani riuscirono a fare e per il puro sacrificio di alcuni di loro, nonostante larga parte della dirigenza di Roma favorisse scientemente o meno la disfatta, ma niente di più. A Todaro si fa chiedere scusa all’ufficiale belga per la sua conoscenza della lingua tedesca “per necessità”: la solita storia dell’ “odiata alleanza”, che in realtà divenne tale solo quando la macchina da guerra nazista iniziò a ingolfarsi e a non garantire più la sedia al tavolo della pace come vincitore, in cambio del mussoliniano quanto illusoriamente cinico “qualche migliaio di morti”.

In realtà, per quanto alla Storia, non si sa se l’eroico ufficiale fosse più monarchico che fascista (la Regia marina assieme ai Carabinieri reali era il corpo tendenzialmente più dinastico, e quindi latentemente più portato al sabotaggio dello sforzo bellico, che piaccia o no); ma non ne consta alcun atto o presa di posizione antifascista. Non sappiamo, dato che cadde prima, come Todaro si sarebbe comportato al 25 luglio, e soprattutto all’otto settembre.

La tematica dell’accanito salvataggio dei naufraghi è non solo funzionale al luogo comune degli “italiani brava gente” sconfinante nello spaghetti-mandolinismo (nel sommergibile in effetti il napoletanissimo strumento a corda non manca, e dinanzi ai fornelli si arriva proprio alla fraternizzazione). Insomma, gli Italiani, se proprio devono, la guerra la sanno fare nella forma delle relative odierne “missioni di pace” decise altrove; ma in fondo in fondo, diciamo la verità, non fa per loro con tutti quei buoni sentimenti, e arte del vivere (e lasciar vivere). Discendenti degli antichi Romani certo, ma sono passati secoli e secoli, i tempi sono cambiati (o no?). Significativa è la sequenza della marcia dell’equipaggio a La Spezia verso l’imbarco, cantando la ben poco guerriera “canzonetta” Un’ora sola ti vorrei”.

Non è affatto secondario il messaggio diretto e attuale circa la problematica immigrazionista. Ovvero, le leggi ci sono e l’immigrazione illegale resta tale, ma gli italiani, alla fine e nonostante tutte le propagande elettorali, non lasciano nessuno in mezzo al mare. Ursula, stai serena….!

A. Martino

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