L’UOMO CHE URINO’ NELLA BIRRA (E SCOSSE LA CINA).
Parafrasando una vecchissima pubblicità di Renzo Arbore “birra…e sai cosa bevi”. O no?
Non ci crederete, ma diversi anni fa, quando ancora esistevano gli “elenchi telefonici”, constatai casualmente l’esistenza in un comune del Pescarese, di un certo signore avente per cognome Birra e per nome di battesimo (ma il prete lo avrà accettato?) Urino.
La bizzarria anagrafica e onomastica mi è tornata alla mente, con la storia del video virale in cui, nello stabilimento sito nella città di Pingdu, un omino con tutte le parvenze di un lavoratore dell’imponente birrificio e con la postura, abbastanza inequivocabile, dell’ “homo orinans”, univa il suo ingrediente fisiologico e per nulla richiesto, al vascone di fermentazione della birra Tsingtao (la più consumata in Cina, e la più esportata, oltre che universalmente diffusa in ogni ristorante cinese sulla faccia del pianeta).
Panico della gestione aziendale, forze dell’ordine e organi dello stato e penso del partito unico mobilitati, sigilli alla produzione locale e così via. Crollo in borsa del titolo (poi ripresosi) nella giornata di venerdì di circa l’otto per cento. Comunque sia, un brutto colpo all’immagine cinese di efficienza e serietà produttive, e il risveglio planetario dell’atavica, proverbiale diffidenza per ogni alimento e bevanda preconfezionato o preimbottigliato, lontano dai nostri occhi magari diecimila chilometri. Oltretutto, il ricordo della provenienza del COVID e delle sue immani conseguenze non è certo relativo a roba remota e totalmente archiviata.
Quale la motivazione nel lavoratore per il bizzarro gesto, che oltretutto gli ha fatto scavalcare un muro?
Lavoro schiavistico che impone anche di rinunciare a una pausa per la toilette? Disprezzo per i meccanismi produttivi in genere, se non per l’assetto sociale e politico cinese? Un raptus di follia?
Credo che non lo sapremo mai. Da quelle parti, per qualcosa del genere assimilabile al terrorismo per le sue eco e conseguenze economiche, non si aprono “fascicoli”, ma le porte dell’universo carcerario cinese con pene severissime (la pena di morte, spero di no).
A. Martino
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