TUTTI PIANGONO PER ISRAELE E I PALESTINESI, SALVO POI, FARLI CREPARE, PER I LORO SCOPI: È LA GEOPOLITICA BELLEZZA!

L’abbiamo sempre detto e continueremo a dirlo con forza: le vere Potenze Globali seguono logiche che i cosiddetti Stati “Minori” o “Semplici”, non potranno mai né comprendere, né mettere in atto. Così, per questi “padroni della terra”, l’insegnamento di von Clausewitz riguardo al fatto che la guerra è semplicemente la continuazione della politica con altri mezzi, non è solo una teoria ma una prassi consolidata.

Risultano pertanto risibili ed offensive le parole di Biden verso il Presidente Putin quando, nel suo discorso alla Nazione, dalla Sala Ovale, ha affermato: “L’attacco ad Israele fa eco a quasi 20 mesi di guerra, tragedie e brutalità inflitte al popolo ucraino — popolo che è stato gravemente ferito da quando Putin ha lanciato la sua invasione su larga scala. Non abbiamo dimenticato le fosse comuni, i corpi ritrovati con segni di tortura, gli stupri usati come arma di guerra dai russi e le migliaia e migliaia di bambini ucraini portati con la forza in Russia, sottratti ai loro genitori. È tutto disgustoso. Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno questo in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina — annientarla completamente. Hamas ha come suo scopo dichiarato di voler distruggere lo Stato di Israele e l’uccisione del popolo ebraico …  Nel frattempo, Putin nega che l’Ucraina sia o sia mai stata, un vero Stato  … So che questi conflitti possono sembrare lontani da noi … (ma) assicurarsi che Israele e l’Ucraina abbiano successo è vitale per la sicurezza nazionale americana … Se ci allontaniamo e lasciamo che Putin cancelli l’indipendenza dell’Ucraina, i potenziali aggressori in tutto il mondo saranno incoraggiati a fare lo stesso. Il rischio di conflitti e caos potrebbe diffondersi in altre parti del mondo, nell’Indo-Pacifico ed in Medio Oriente, anzi soprattutto in Medio Oriente. L’Iran sostiene la Russia in Ucraina e sostiene Hamas ed altri gruppi terroristici nella regione. E continueremo a ritenerli responsabili di questo … Mettere a rischio tutto questo se ci allontaniamo dall’Ucraina, se voltiamo le spalle a Israele, non ne vale la pena”.

Termini, diplomaticamente pesanti come macigni, verso un interlocutore, la Russia, che – piaccia o non piaccia, in quel quadrante del mondo, risulta essere determinante per la stabilità dell’intera area ma che – l’attuale inquilino della Casa Bianca, colto da improvvise crisi competitive da campagna elettorale, stenta a voler riconoscere, per puro spirito di rivalsa verso il suo peggior incubo, l’ex Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Eppure, Biden, verso lo Zar,  avrebbe veramente ben poco da ricriminare.

È passata infatti in sordina, giorni fa, la notizia del veto opposto dagli USA, in sede di Consiglio di Sicurezza ONU, alla proposta di risoluzione verso Israele presentata dal Brasile che chiedeva una tregua per consentire l’immediato passaggio degli aiuti umanitari verso Gaza.

Altro che essere “affranto”, come ha affermato il Presidente Biden sempre nel suo discorso alla Nazione: “… dalla tragica perdita di vite palestinesi, compresa nel caso dell’esplosione avvenuta nel parcheggio di un ospedale di Gaza — che non è stata causata dagli israeliani”.

Quel veto è, in parte, implicitamente responsabile di quelle morti poiché, accettando la risoluzione brasiliana, Washington avrebbe, di fatto, impedito che quel massacro avvenisse.

Strage che, è bene ricordare, in questo caso – non dai russi, né dagli iraniani, né tanto meno dai guerriglieri di Hamas – viene addossata agli israeliani, ma, da una figura super partes come l’ArciVescovo Anglicano di Gerusalemme, Hosam Naoum, il quale ha affermato che i militari dell’IDF, nei giorni precedenti il bombardamento dell’ospedale “Al-Ahli”, nosocomio di proprietà della comunità anglicana di Terra Santa, avevano diramato ben tre ordini di evacuazione per tutta la struttura ma che, puntualmente, pazienti e personale medico avevano disatteso rifiutandosi di andare via.

Ma si sa, per le Potenze, il fine giustifica sempre i mezzi.

Dunque cosa volete che contino 1600 bambini palestinesi morti in soli 14 giorni se questo può contribuire a salvare una politica estera fallimentare?

E già, perché voglio ricordare che, prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre e della relativa risposta israeliana l’opinione pubblica americana era stanca della Guerra in Ucraina e o non solo lei.

Anche l’economia occidentale, nel suo complesso, iniziava a dare segni di snervamento e Washington, di fatto, aveva iniziato ad allentare gli aiuti verso Kiev per non pagar pegno alle prossime elezioni presidenziali del 2024.

Ora, grazie al caos sorto in Medio Oriente, gli impegni finanziari fin qui assunti non sarebbero stai più vani, anzi!

Vi è la possibilità, saldando la Crisi Ucraina a quella di Palestina, di raddoppiare gli sforzi e cavalcare nuovamente la paura.

Però, questa volta, Biden ha fatto veramente i conti senza l’oste, infatti, Hamas non è l’ISIS.

Lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria era un mostro di Frankenstein sfuggito all’occidente ed inviso anche alla stragrande maggioranza del mondo islamico tant’è che nessuno, tra i sunniti e men che meno tra gli sciiti, si è mai strappato le vesti per la fine del “Califfato del Terrore”, mentre in milioni, in questi giorni, sono scesi – a vario titolo, chi in maniera pacifica, chi in maniera violenta – per le strade di mezzo mondo a manifestare in primis la loro solidarietà verso il popolo Palestinese e poi di rimando ad Hamas e questa cosa è più pericolosa di qualsiasi bomba si possa lanciare o raid che si possa eseguire.

Ciò è talmente vero che, uomini tutto sommato ragionevoli e dialoganti, come Re Hussein di Giordania ed il presidente Abu Mazen dell’autorità Palestinese, in questi giorni, si sono rifiutati sia di incontrare che di parlare telefonicamente con Biden.

Ora non sappiamo quanto questa scelta sia dettata dalle proprie convinzioni personali o dalla paura di essere fatti fuori  come Sadat, fatto sta che la missione del Presidente Americano, avendo mancato questi due interlocutori è stata fondamentalmente fallimentare e la liberazione dei due ostaggi americani nelle mani di Hamas è da ascriversi tutta al Qatar, Paese, quest’ultimo, quanto mai ambiguo.

Ma, ripetiamo, in definitiva, qui, come direbbero i nostri saggi anziani: “il più pulito ha la rogna” … peccato poi che, di fatto, a pagare il conto, saranno sempre e solo gli ultimi.

Lorenzo Valloreja

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