LA MELONI, COME UNA NOVELLA VELTRONI, HA INAUGURATO LA STAGIONE DEL “MA ANCHE …”, SOLO CHE, COME MARTINO, SE NON FA ATTENZIONE, POTREBBE RIMETTERCI LA CAPPA.
Va bene che non esistono più le mezze stagioni e va bene pure che il clima globale stia cambiando, ma le persone, specie i politici, sono come i capi d’abbigliamento: “non sono buoni per tutte le stagioni”.
Eppure, nel nostro Bel Paese, c’è chi, come la nostra Premier, per quanto indubbiamente brava e preparata, crede di essere immune da tale massima e come un Veltroni 3.0, ha pensato bene di forgiare, di fatto, il “ma anche …” di centro-destra.
Capita così, che la Giorgia Nazionale, leader dei conservatori europei ed esponente del più grande partito, di destra, italiano, sia stata relatrice d’eccezione alla Cpac del 2019, dinnanzi addirittura a Trump, poi di nuovo relatrice alla convention del conservatori americani (partito repubblicano per intenderci) nel 2022, ed ora, nel luglio 2023, come ha scritto l’autorevole think thank americano “Atlantic Council”, con la sua visita alla Casa Bianca, ha dimostrato come Biden e il Primo Ministro italiano “sono assai più vicini di quanto si pensi”, talmente vicini che il “vecchio” Joe si è permesso di consigliare Giorgia riguardo i diritti LGBT: “considera anche l’opinione pubblica internazionale su questa vicenda”.
Tanto si sa, “Parigi val bene una messa”, perciò, se c’è da aiutare, militarmente, a piene mani l’Ucraina, lo si fa, anche a discapito di tutta la nostra economia che girava in quel di Mosca; così come, se c’è da rigettare la “Via della Seta”, solo perché gli Stati Uniti ce lo chiedono, noi lo faremo, come, a questo punto, se ci sarà da cambiare l’opinione verso il mondo LGBT, lo si farà.
Vuoi mettere avere tutte le previsioni, internazionalmente riconosciute, che attestano che l’Italia cresce più di ogni altro Paese dell’Eurozona mentre i risultati odierni attestano un calo vertiginoso della produzione industriale su base annua pari al 7.2% (dati de “il Sole 24 Ore”)?
Insomma “tutto va bene, madama la marchesa!”, eppure qualcosa non torna …
Non torna, ad esempio, che, un Governo che emani un piano denominato “Piano Mattei per l’Africa”, si muova in quel continente con l’avvallo della Francia e vada a Tunisi, per togliere le castagne dal fuoco al Presidente Kais Saied, con la von der Leyen e Rutte.
Infatti, quando Mattei era in vita, in Africa ci andavamo da soli, per conto nostro, e sempre contro la Francia e le altre potenze coloniali, come nel caso della Guerra d’Algeria dove Mattei fu il principale finanziatore del FLN.
Dunque, come si può intitolare un piano a Mattei se poi si resta stabilmente nel quadro tracciato dagli USA, dalla Gran Bretagna e dalla Francia?
Oggi, piaccia o non piaccia, la figura di riferimento dei Paesi più poveri del mondo, non è più l’Italia, ma la Russia di Putin e questo è confermato plasticamente da tre eventi:
- Nessuno di questi Paesi ha sanzionato Mosca per la Guerra in Ucraina;
- Putin proprio pochi giorni fa ha annunciato che la Russia fornirà gratuitamente i propri cereali al Burkina Faso, allo Zimbabwe, al Mali, alla Somalia, alla Repubblica Centrafricana e all’Eritrea;
- In Niger, subito dopo il Colpo di Stato che ha deposto il Presidente Mohamed Bazoum, migliaia di persone, spontaneamente, si sono posizionate dinnanzi all’Ambasciata francese di Niamey per inneggiare alla Russia di Putin e chiedere il ritiro dei 1500 militari francesi, ivi presenti, che da anni, sono li solo per garantire l’estrazione di uranio da parte delle industrie francesi.
Ecco, noi non possiamo prendercela con gli altri se l’Italia non fa l’Italia e lascia che siano gli altri a recitare la nostra parte.
Infatti nell’elenco fornito da Mosca di quei Paesi che riceveranno gratuitamente il grano figurano anche la Somalia e l’Eritrea, due nostre antichissime colonie legatissime all’Italia: nella prima perché si parla ancora l’italiano e fortissima è l’impronta architettonica, infrastrutturale e culturale, lasciata dai nostri nonni; nella seconda perché – fino al 1960, la Terra di Put – fu in Amministrazione Fiduciaria del nostro Paese e negli anni 70 del secolo scorso numerosi furono gli investimenti italiani in loco.
Ebbene, grazie agli Stati Uniti, ed all’efficienza dell’ONU, dal 1991, ad oggi, non siamo stati ancora in grado di riportare l’ordine in quella terra martoriata. Una vera e propria vergogna che grida vendetta non solo agli occhi di Dio ma anche ai nostri interessi strettamente nazionali.
Infatti sia l’Eritrea che la Somalia sono avamposti che da sempre servono per controllare il “Collo di bottiglia” tra il Golfo di Aden ed il Mar Rosso e quindi le relative merci che da li passano, ivi compresa la “Via della Seta Marina”.
Non a caso, proprio nel piccolo Stato cerniera di Gibuti, che separa il territorio amministrato da Asmara da quello formalmente sotto il controllo di Mogadiscio, si trovino le basi militari di: Stati Uniti, Francia e Cina, mentre in Somalia vi siano gli avamposti dell’Arabia Saudita ed Emirati Arabi, ed in Eritrea quelli di Israele, Russia e Turchia.
Ebbene, a fronte di una continua richiesta d’aiuto da parte dell’Eritrea al nostro Paese fin dalla propria ritrovata indipendenza nel 1991, Roma ha sempre fatto spallucce lasciando ad altri gli oneri e gli onori, di questa missione sia filantropica che d’interesse, così come ha voltato la testa dall’altra parte facendo finta che la Somalia non bruciasse e limitandosi a fornire personale della nostra marina per la lotta alla pirateria somala.
Quindi, riassumendo, in altri termini, non si può essere “con Trump ma anche con Biden” così come non si può stare “dalla parte di Mattei ma anche da quella degli Stati Uniti e dei loro sodali francesi” perché, sennò, con la fine di una guerra ormai prossima, non fosse altro perché si voterà nel 2024 sia in Russia che negli Stati Uniti, e che finirà non proprio come la von der Leyen aveva previsto, qualcuno, d’innanzi ad un ruvido Trump e a degli sconfortanti fondamentali economici, potrebbe, come Martino, rimetterci la cappa.
Lorenzo Valloreja
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