ORA PARLA LUKASHENKO E CI SPIEGA COME HA EVITATO UNA GUERRA CIVILE

Adnkronos rilancia le informazioni dell’agenzia di stampa ufficiale di Bielorussia (la Belta) sull’ormai storica mediazione (telefonica) del presidente Lukashenko fra il governo russo e il capo del mercenario Gruppo Wagner, Evgenji Prigozhin, il quale nella giornata di sabato scorso, ha tenuto il mondo col fiato sospeso con la sua, ben presto rientrata, rivolta castrense.

Fonte di queste ricostruzioni (che bisogna prendere come totalmente autorevole dato che sia Putin che Prigozhin, chissà se mai ci diranno qualcosa di preciso in merito), è lo stesso presidente di Bielorussia Aleksander Lukashenko, al margine di una cerimonia militare. Innanzitutto, Lukashenko ci informa che il vulcanico Prigozhin è in Bielorussia.

Come nasce il suo intervento? Un po’ dopo le ore 10 del fatidico sabato 24 giugno in cui i cattolici onorano San Giovanni detto il Battista cugino del Cristo, Lukashenko riceve una telefonata di Vladimir Putin che ha appena tenuto un discorso televisivo alquanto duro minacciante le peggiori conseguenze per i rivoltosi.

Una telefonata al collega, ininterrottamente al potere dalla fine dell’URSS e suo più stretto alleato anche se certo non il più potente, non ha nulla di strano. Putin pare freddamente determinato a stroncare la rivolta, e a un Lukashenko invitante al dialogo a tutti i costi, fa notare che il Prigozhin non risponde al telefono a nessuno del Cremlino, lui compreso. L’amico e collega, a questo punto, ovviamente autorizzato, ci prova: e ci riesce, il “buon” Prigozhin accetta di parlargli!

Alle 11 avviene il contatto, a cui partecipano esclusivamente un generale russo e il capo dei servizi segreti russi Alexander Bortnikov. La prima mezzora, un po’ tragicomicamente, è fatta solo di insulti e parolacce comprensibili per la caratura militare e poco curiale dei personaggi (anche Lukashenko sarebbe in fondo un militare “prestato alle istituzioni”). Poi, però, si inizia a discutere seriamente e Lukashenko fa capire a Prigozhin il tipo di strada su cui si è messo.

Prigozhin infatti, posto dinanzi alla realtà che ormai Putin aveva deciso di chiudere nel modo peggiore la faccenda, tentò di reagire prima con baldanza, poi urlando che vuole “solo” ribellarsi alla chiusura della Wagner (“avere giustizia”), e ottenere le teste dei potentissimi Shoigu e Gerasimov (rispettivamente ministro della Difesa e capo di stato maggiore). Replica di Lukashenko: “ Ti schiacceranno a metà strada come una pulce”.

Alla fine del concitatissimo negoziato, il buon senso ha prevalso e una guerra civile fra russi è stata evitata. Sarebbe interessante sapere anche che cosa è stato pur sempre accordato a Prigozhin, e se a qualcosa egli si sia pur sempre impegnato.

Lukashenho, ragionando secondo standard non main stream e non fanaticamente euroatlantisti, è un piccolo grande leader da Nobel per la pace (altro che “burattino di Mosca che gioca a fare il mediatore ”) il quale certo secondo questi punti di vista, ha il torto di aver evitato un bagno di sangue russo (sangue attualmente maledetto dagli establishments occidentali), Molto fredda e concreta la sua analisi finale di sintesi: “Non ci sono eroi: né io, né Putin, né Prigozhin. Se la Russia crolla, tutti rimarremo sotto le macerie. Moriremo tutti”.

A. Martino

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