NON VI AUGURO “BUONA PASQUA” COME DICENDOVI “BUONASERA” O “CIAO”, MA “BUONA PASQUA DI RESURREZIONE”. E ORA COME DUEMILA ANNI FA, E’ UNO SCANDALO, NONOSTANTE LE UOVA PIU’ O MENO DI CIOCCOLATO.
Questa mattina di Pasqua ho scritto per voi, miei e nostri lettori de l’Ortis, un breve augurio pasquale su Facebook, non un vero e proprio articolo, in cui formulavo auspici di buona Pasqua realmente cristiani (rallegrandomi cioè per il fatto che Gesù Cristo è risorto e da allora è con chi crede a lui “tutti i giorni, sino alla fine del mondo”, Matteo 28, 20).
Ciò ha scandalizzato non pochi, che hanno bollato il proclamato fatto della resurrezione del Nazareno come, in sintesi, assurdo e alquanto demenziale. Qualcuno si è anche spinto a definirla la conclusione abborracciata di una “storiella”.
Un segno dei tempi? Non direi: anche in secoli lontani dal Ventunesimo dopo Cristo (e sì, perché guarda un po’, ancora contiamo i secoli e i singoli anni dalla Sua nascita magari con imprecisione), quando le società europee erano sostanzialmente rette da diarchie monarchico-sacerdotali, tutti pur apparentemente ligi fedeli ai precetti della Chiesa, credevano fermamente e incrollabilmente nel profondo del loro cuore, alla Resurrezione? Sappiamo o intuiamo bene di no, basta scorrere distrattamente un manuale di storia della Chiesa e soprattutto del papato. E vi dirò di più: per il sottoscritto stesso è difficile, eppure ci credo, aderisco a questo annuncio, a distanza di duemila anni, ancora così scandaloso, provocatorio e assurdo.
Ma è “assurdo” tutto l’annuncio cristiano: il concepimento di un essere umano da una donna vergine, la nascita di un “super uomo”, la sua contraddittoria (“scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani”) morte non da re del mondo magari ancora prodigiosamente giovane con cinquanta figli all’età di centocinquanta anni circondato da ministri adoranti e in un palazzo dorato di Gerusalemme o Roma bensì inchiodato a una infamante croce come Spartaco. Se dovevano inventarsi una religione, potevano farla meno strana e, ripeto, assurda. Eppure, questo culto e queste narrazioni dette Vangeli, peraltro anche, a volte, non tanto concordi proprio come gli articoli di diversi giornali su fatti di cronaca, nonostante la loro altissima improbabilità umana neanche a fronte di sensazionalismi mitologici buoni per l’epoca, in tre secoli scarsi, si diffusero inarrestabilmente a dispetto di spietate persecuzioni. Il cristianesimo non è esattamente una “religione”, ma un annuncio di fatti che si può accogliere o meno; chiaramente non è stato studiato a tavolino, come detto.
Ma le motivazioni del non accoglimento della notizia della Resurrezione oggi lette su una pagina di Facebook sono, sostanzialmente e clamorosamente, le stesse della elite intellettuale e politica romana, che fino allo spegnimento del Fuoco di Vesta e alla chiusura autoritaria dei templi pagani nel 391 e anche oltre, rifiutò di diventare cristiana: una scelta la cui orgogliosa postura controcorrente, in quegli ultimi anni della Roma della tradizione più pura, apprezzo per il coraggio morale, la non ipocrisia, il senso della latinità più radicale. Odifreddi e Celso sono però sulla stessa lunghezza d’onda, nonostante la indiscutibile competenza matematica del primo che cercò di spiegare all’ “emerito” Papa Ratzinger che Gesù non è mai esistito.
Credo quia absurdum, diceva Tertulliano. Ad ognuno le sue assurdità, per carità, siamo oggi tutti liberi di scegliere. Ma a quelle del Pensiero Unico, che promettono libertà che danno solitudine, insensatezza, sradicamento, fluidità (del Serpente?) e culto del Caso (la risposta dello sciocco), preferisco la folle notizia alla base della festività odierna.
Quindi, ripeto: buona Pasqua di Resurrezione. E smettiamola di massacrare poveri agnelli neonati, e abbuffarci di uova di cioccolato costoso e spesso da surrogato; e teniamo presente che i teneri pulcini, tanto cari agli insulsi messaggi Whatsapp, sono considerati scarti di produzione e triturati alla nascita.
Se questa festa, come anche il Santo Natale, dà fastidio ai “laici”, si chieda alla Schlein di promuoverne l’abolizione. Per favore, si vada fino in fondo: per quanto mi riguarda non cambierò idea per un giorno (il lunedì di Pasqua) festivo in meno, anche perché il mio datore di lavoro extragiornalistico me lo riconoscerà come “festività soppressa”.
A. Martino
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