QUELLO CHE LA NATO NON DICE
Cinque giorni fa è successo una cosa che ai più è passata inosservata: in occasione dell’attentato terroristico occorso lungo il viale Istiklal, ad Istanbul – dove hanno trovato la morte sei persone ed altre ottantuno sono rimaste ferite – il Governo turco ha respinto le condoglianze degli Stati Uniti perché, Washington, come buona parte dell’occidente, arma ed addestra le formazioni curde del Pkk e Ypg, subito individuate da Ankara quali responsabili dell’accaduto.
A tal riguardo la Turchia ha già provveduto ad arrestare 46 persone ritenute a vario titolo responsabili del vile attentato.
Tra queste vie è anche la donna che avrebbe depositato la borsa contenente l’esplosivo che ha causato l’esplosione.
Quest’ultima ha confessato durante l’interrogatorio “di essere stata addestrata dall’organizzazione terroristica Pyd/Ypg come ufficiale dell’intelligence speciale e di essere entrata illegalmente in Turchia per compiere un’azione e ciò lo ha fatto transitando per la città di Afrin (Siria). Ha ricevuto un ordine di azione dal quartier generale dell’organizzazione terroristica Pkk/Pyd/Ypg da Kobane, in Siria, il 13 novembre intorno alle ore 16.20. Una volta compiuto l’attentato ed è fuggita“.
E così il capo della comunicazione della presidenza turca, Fahrettin Altun, ha dichiarato: “La comunità internazionale deve prestare attenzione poiché gli attacchi terroristici contro i nostri civili sono conseguenza diretta e indiretta del sostegno di alcuni Paesi ai gruppi terroristici. Quindi se vogliono l’amicizia della Turchia devono fermare immediatamente questo sostegno ”.
Mentre il ministro dell’Interno turco, Suleyman Soylu, ha affermato: “a questo punto la Turchia non accetterà i messaggi di condoglianze degli Stati Uniti”.
Dichiarazione, quest’ultima, molto pesante e pericolosa per la tenuta della NATO se non fosse che, il rapporto ambiguo di Ankara con l’Alleanza Atlantica viene molto da lontano, non è, quindi, una questione dell’ultimo decennio.
Correva infatti l’anno 1974, quando – cinque giorni dopo il colpo di stato dei filo ellenici che volevano unire Cipro ad Atene – la Turchia invase ed occupò il nord dell’isola creando così delle forti tensioni con uno dei componenti della NATO, la Grecia, Paese che, tra l’altro, in virtù di quanto accaduto ritirò le proprie forze armate dal comando militare integrato dal 1974 al 1980.
Poi fu la volta dei “lupi grigi”, foraggiati dagli Stati Uniti e da Ankara, che provocarono oltre 5.000 morti in Turchia, dando inizio a scontri con gruppi di sinistra e a disordini, con 20-30 assassinii al giorno di attivisti di sinistra e liberali, intellettuali, curdi, funzionari e giornalisti, così come compirono altrettanti attentati all’estero.
Infatti sono ritenuti responsabili anche dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II, che fu compiuto tramite il terrorista Mehmet Ali Ağca e, per la liberazione del quale, sembra abbiano rapito Emanuela Orlandi.
Di contro l’occidente ha da tempo immemore finanziato il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ovvero, il Pkk, per destabilizzare la Turchia, l’Iran del regime di Khomeyni, l’Iraq di Saddam e la Siria degli Assad.
Anche l’Italia in questo processo ha avuto un ruolo e lo ha avuto, diciamo noi, anche con un fondo di interesse nazionale dato che la Turchia è stata, è, e rimarrà, il principale competitor dell’Italia nelle sfere d’influenza balcaniche, mediorientali e nordafricane.
Il primo nostro approccio di livello su questa questione si ebbe nel 1991 quando, con l’Operazione Airone, aviotrasportammo nel Kurdistan iracheno tra incursori del “Col Moschin”, carabinieri paracadutisti del “Tuscania”, paracadutisti del “187° Reggimento Folgore” e il reparto di sanità aviotrasportabile, appartenente alla Brigata alpina “Taurinense”:
- 128 ufficiali;
- 272 sottoufficiali;
- 750 militari di truppa;
- 300 autoveicoli;
- 8 elicotteri;
- 1 300 tonnellate di materiali.
Ufficialmente andammo li per, montare 646 tende per profughi, fare screening sanitario a 4700 profughi e prestare cure mediche a 600 individui, nella realtà ci siamo accampati in Kurdistan per armare la popolazione ed addestrarla.
Il nostro coinvolgimento è stato talmente pregnante che nel 1998 il leader del Pkk, Abdullah Öcalan, giunse in Italia per chiedere asilo politico, provocando un dibattito sull’opportunità di accettare tale richiesta.
Da Mosca, infatti, Öcalan giunse a Roma, il 12 novembre dello stesso anno, accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista e del suo avvocato fu Giuliano Pisapia.
Il governo dell’epoca, cioè quello di Massimo D’Alema prese tempo, e nel 1999, quando era ormai chiaro che non avrebbe avuto asilo politico in Italia, Öcalan “venne accompagnato” in Kenya; poco dopo fu tuttavia intercettato da agenti della CIA e dei servizi segreti turchi che lo estradarono in Anatolia.
Nel gennaio 2015, poi tornammo nuovamente protagonisti in Kurdistan tant’è che fino ad oggi, nei Centri Addestrativi coordinati dal KTCC, gli italiani hanno addestrato circa 46.000 Peshmerga, cioè uomini e donne appartenenti alle Forze di Sicurezza curde.
Quindi è chiaro che la Turchia sia irritata da noi occidentali, così come è chiaro, specie per l’Italia, che i nostri interessi si scontrino direttamente con quelli di Ankara.
Ora bisogna solo capire quando questi nodi verranno terribilmente al pettine …
Lorenzo Valloreja
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