FORSE, ABBIAMO LA GIUSTIZIA “PIU’ PAZZA DEL MONDO”: SE MUORI PER UN TERREMOTO, NON SEI STATO PRUDENTE.

Un terremoto dovrebbe essere considerato una catastrofe, o calamità naturale. Per qualcuno, un “castigo di Dio” prima che il postcattolicesimo decretasse che “ Dio non punisce nessuno”. Un amaro dispetto della Natura. Insomma, lo si veda in un modo o nell’altro, l’emblema dell’inconsistenza della fisicità umana. Potremmo a tal riguardo scomodare Voltaire e le sue riflessioni sul tremendo terremoto di Lisbona. Ma non è il caso. Giacché abbiamo scoperto che essere vittime di un terremoto è una specie di collisione, di sinistro del singolo contro i movimenti della Terra. E come nei sinistri stradali, vi è una determinazione delle percentuali di colpa della vittima. Non uscire di casa quindi non passare la notte fuori, alle prime scosse, fissa la percentuale di “colpa” al 30%.

Incredibile: anche perché, i membri della Commissione grandi rischi furono assolti proprio sul presupposto della imprevedibilità dei fenomeni sismici, e vi erano stati, per il terremoto dell’Aquila del 2009, svariati appelli alla calma e alla tranquillità.

Eppure questa è la sostanza di una sentenza del tribunale civile dell’Aquila.

Anche in ciò è chiara la demolizione della visione naturalistica del mondo e della vita cara a noi de L’Ortis: le avvisaglie di terremoto vanno gestite come un fenomeno di ordine pubblico più che come un imponderabile appuntamento col destino per qualcuno, e con la Storia per città intere. Fumosità e assurdità postumanistiche ben provvidenziali, tra l’altro, per mitigare responsabilità statali e di ricchi costruttori o comunque di “padroni del vapore”. Vuoi vedere che alla fine, per la tragedia dell’albergo spazzato via da una valanga (altra tragedia abruzzese) verrà fuori che in quei giorni nevicava, faceva molto freddo ed era meglio starsene a casa anche perché tra Natale e Capodanno appena trascorsi, già si era fatta bisboccia?

Nelle più benevole delle interpretazioni di questo genere di pronunce giudiziarie, la più sofisticata scienza giuridica (già di per sé estremamente inesatta) pare bizzarramente evaporare in grezzi pregiudizi da bar di periferia. Basti pensare anche, ad esempio, al caso della “donna troppo brutta per poter essere violentata”.

Da Cicerone ad Alberto Sordi il passo è molto più breve di quanto si pensi.

A. Martino  

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