MA QUALE RIVOLTA DELLE DONNE CONTRO IL VELO IMPOSTO, QUALI “IRANIANI CHE SI BATTONO PER LA LIBERTÀ”. I SOLITI NOTI STANNO DESTABILIZZANDO L’IRAN, PER FARGLI PAGARE LA FEDELE ALLEANZA CON LA RUSSIA.
Alessia Piperno è una trentenne di buona borghesia romana, di estrazione intellettuale e più o meno radical chic (il padre ha una bella libreria a Colli Albani) in viaggio da 7 anni. Un tempo si sarebbe detta girovaga magari nella più benestante accezione di “globe trotter” (anglicismo segno di adeguamento a certe mode), ora nientemeno che “travel blogger”). Definiscila come vuoi, sta di fatto che la nostra connazionale dalla settimana scorsa è in galera nel tremendo carcere di Evin (già a pieno regime sotto lo scià). Pare che sia stata beccata, assieme ad altri stranieri mentre intonava Bella Ciao (che non guasta mai, ha ormai soppiantato l’ Internazionale o We shall overcome) sfidando le forze dell’ordine iraniane, da settimane continuo bersaglio di provocazioni, se non di veri e propri attacchi che ha deciso di viaggiare in“ maniera stabile”, per quanto possa suonare un controsenso. Domenica la ragazza si è messa in contatto con il padre in Italia spiegandogli di trovarsi in una prigione nella capitale iraniana (Teheran).
Auguriamo ad Alessia Piperno (che in verità si trovava in terra di Persia da ben prima dei disordini) di cavarsela nel migliore dei modi, anche perché l’esecuzione di quel particolare canto le varrà di sicuro attenzioni molto premurose, pur se alla Farnesina dovesse arrivare il solito “tecnico di garanzia” o un politico sedicente di destra quanto, di sicuro, ansioso di dimostrare di aver capito i canoni della correttezza politica.
Andando alla ben più grave situazione generale dell’Iran, che sta vivendo forse il peggior momento interno dalla fine della monarchia filooccidentale nel 1979, andiamo al dunque e al nocciolo della situazione. E’ in corso nella Repubblica islamica fondata dall’ayatollah Khomeini forse la più agguerrita “rivoluzione colorata”, almeno a livello di tentativo, dopo Euro Maidan. Ma quale velo imposto alle donne, ma quali “uomini che si battono per le loro donne”. La sfegatata oppositrice morta in stato di arresto (i maltrattamenti fisici sono tutti da dimostrare) e le dissolute (per i canoni islamici) ragazze che forse dietro compenso, circolano in rete (vallo a sapere se fisicamente fotografate davvero in Iran) abbigliate (o spogliate) come una nostrana Lolita, nulla hanno a che fare con la vera società iraniana. Certo, le sirene dell’occidentalismo edonista, consumista e nichilista hanno una innegabile presa sui giovani: ma da qui a assaltare caserme della polizia, distaccamenti di pasdaran, e addirittura uccidere anche alti ufficiali, cene corre. E il tutto conduce alla sapiente regia di CIA, FBI, e del non meno potente Mossad israeliano.
L’ Iran è l’alleato meno distante e parolaio di Mosca in questo delicatissimo frangente, i suoi micidiali droni stanno dando molti dispiaceri a Kiev. A fronte di una Turchia che roba del genere, caso mai, la fornisce agli ucraini, e soprattutto di una Cina che dice di non applicare le sanzioni, ma non ha fornito finora neanche una pallottola per pistola.
Pur non prendendolo per oro colato data la sua evidente partigianeria ed accanito antiamericanismo che ovviamente non risparmia nemmeno i trumpiani e non riportando gli insulti a membri dell’establishment americano, credo interessante riportare cosa dice di una certa signora (Masih Alinejad) emigrata negli USA il sito Islamshia, e soprattutto cosa di ella e dei di lei sodali, questo riporta.
……“Sto guidando questo movimento”, ha detto al New Yorker sabato scorso Alinejad, 46 anni. “Il regime iraniano sarà abbattuto dalle donne. Io credo questo”.
Operando da un rifugio dell’FBI, Alinejad ha vissuto negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni lavorando a tempo pieno per VOA Persia – o Voice of America Persia – il portavoce della propaganda di Washington finanziato direttamente dal Broadcasting Board of Governors (BBG), un braccio del soft power dell’impero interamente sovvenzionato dal Congresso degli Stati Uniti, creato per produrre narrazioni in favore della corporatocrazia di Washington.
I compiti di Alinejad sono parecchi: farsi ritrarre in fotografie confidenziali insieme a quelli che sono stati i più efficienti politici guerrafondai del mondo, che hanno fatto di tutto per spazzare via l’Asia occidentale, come Mike Pompeo…..e Madeleine Albright……….
Ma non è tutto. Tra il 2015 e il 2022, l’Agenzia statunitense per i media globali ha pagato ad Alinejad oltre $ 628.000[1] per vessare le donne velate, vomitare propaganda e chiedere più sanzioni contro il suo Paese (cosa non molto patriottica da fare). Alinejad ha fatto tutto ciò che era in suo potere mediatico per isolare il proprio Paese, tentando di renderlo uno Stato-paria bandito da tutti i privilegi diplomatici, economici e politici nell’arena globale. Paladina dell’imperialismo, Alinejad si trova su un grande libro paga della CIA per incitare alla violenza e alle menzogne.
Il libro paga del governo statunitense di Masih Alinejad è visibile su numerosi siti Web, come govtribe.com e USASpending.gov, semplicemente digitando la sua UEI nella barra di ricerca: H2JFTHB14639.
L’ultima storia sfruttata da Alinejad è questa: la 22enne Mahsa Amini, come mostra un filmato a circuito chiuso[2], viene coinvolta in una disputa verbale con un’agente di polizia per il modo in cui aveva indossato l’hijab. Non c’è escalation per la controversia; la poliziotta lascia sola la ragazza e se ne va. In pochi secondi, la giovane ragazza si blocca, si piega e cade su una sedia, con gli astanti che accorrono ad aiutarla. La ragazza, che aveva subito un intervento chirurgico al cervello nel 2006, ha avuto un infarto che l’ha mandata in coma. Due giorni dopo ne è stata annunciata la morte, e i tabloid occidentali hanno allora accusato la polizia iraniana di aver picchiato a morte Amini, scatenando così delle rivolte.
Dichiarare di guidare le rivolte contro il governo è solo un’ammissione; i suoi tweet espongono meglio la sua agenda: come viene trasformata la storia da un tweet all’altro è sconcertante.
– Il 14 settembre, il giorno in cui Amini ha subito un infarto, Alinejad non ha fatto menzione di percosse o violenze. Ha scritto su Twitter: “Amini subisce un infarto dopo essere stata arrestata dalla polizia della moralità”.
– Il 15 settembre, la risorsa della CIA intensifica la retorica: “Questa donna è in coma perché la polizia morale l’ha selvaggiamente arrestata”. Si lascia intendere che vi sarebbero stati degli abusi o delle colluttazioni per eseguirne il fermo, ma non si parla esplicitamente di torture o violenze.
Tra quel tweet e un commento, Alinejad si rivolge ai suoi capi: “Amini è in coma dopo essere stata picchiata dalla polizia morale”.
-Il 16 settembre, il giorno in cui è stata annunciata la morte della giovane donna, Alinejad ha lanciato un hashtag per il quale aveva preparato un terreno fertile: “#MahsaWasMurdered by the Islamic Republic’s hijab police in Iran” [#Mahsaèstatauccisa dalla polizia (addetta al controllo) dell’hijab della Repubblica Islamica dell’Iran]…………………………………………………
Con le centinaia di account falsi[3] che sui ‘social media’ hanno fatto tendenza sull’argomento, i tweet hanno guadagnato un enorme slancio, e sono scattate immediatamente le rivolte. Tra la folla sono stati arrestati esponenti di gruppi terroristici in possesso di armi da taglio[4] ed esplosivi, sono stati compiuti omicidi con l’obiettivo di incolpare il governo, e dei rivoltosi hanno bruciato banche e altre istituzioni statali rilevanti, creando il caos. Il MEK (“Mojahedin-e Khalq”), intendiamoci, per gli Stati Uniti era ritenuta un’organizzazione terroristica prima di venir rimossa dalla “lista nera” nel 2014, l’anno in cui Alinejad si è fatta strada negli Stati Uniti. Ora, i tabloid accoppiano “iraniani amanti della libertà” con sostenitori e organizzatori del MEK.
Washington ha cercato a lungo di mobilitare gli iraniani contro il loro governo, sia attraverso la propaganda dei media che mediante sanzioni. Il caos prodotto è un sogno diventato realtà per Alinejad, un sottoprodotto di oltre dieci anni di lavoro. Un cablogramma di Wikileaks del 2009, inviato al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, scriveva di un’insoddisfatta Alinejad, che lamentava una “mancanza di coesione tra i riformisti” che ostacolava i piani e gli interessi di Washington.
I media globali, Hillary Clinton, la Regime-change Open Society Foundation di Soros e la NED si sono tutti impegnati simultaneamente nella campagna versando lacrime di coccodrillo[5] sulle donne iraniane. Intendiamoci, questi soggetti hanno progettato, abilitato e finanziato in tutto il mondo, negli stessi Stati Uniti, le più brutali politiche patriarcali contro le donne. Non vi è stato alcun riguardo per le donne palestinesi, yemenite, irachene, libiche o siriane quando gli Stati Uniti hanno bombardato o finanziato armamenti per colpire intere comunità riportandole all’età della pietra………………”.
A. Martino
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