DOMENICA 12 GIUGNO, CINQUE SI’ AI REFERENDA SULLA GIUSTIZIA PER UNA ITALIA PIU’ LIBERA E MODERNA
Domenica 12 giugno, gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi su cinque referendum (o meglio referenda dato il plurale latino) inerenti il sistema giudiziario. Una irripetibile occasione di modernizzazione e (ri)conquista di diritti civili e politici, che noi de L’Ortis ci auguriamo non vada sprecata. Anche se l’informazione main stream ne sta realmente parlando da non più di dieci o quindici giorni, probabilmente per la loro carica antisistemica, pur rivestita della più pura legalità e costituzionalità. Tant’ è infatti, che da ormai trenta anni (dall’epoca di Mani Pulite e della cosiddetta Tangentopoli), l’Italia è una repubblica semigiudiziaria in cui la magistratura ha eroso al potere esecutivo autorevolezza e autonomia; e come nel mondo economico così nei regimi politici nulla si “brucia” o svanisce, ma da una parte va a un’altra.
Ecco quindi la retorica giustizialista che ben conosciamo e abbiamo vissuto, il cui corollario è che il legislatore è vivamente pregato di non mettere naso nell’ordinamento giudiziario. Quest’ultimo ormai, lungi dall’essere una funzione statale certo prestigiosa e autorevole conferente ai suoi amministratori i medesimi connotati di essa (oltre a ottimi stipendi, si permetta la “squallida e populista” nota a margine), ha assunto connotazioni enormemente solenni, vagamente assimilabili alla mistica monarchica (l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Cassazione al “Palazzaccio” di Piazza Cavour assomiglia al discorso della Corona britannica, con tanto di manti di ermellino e Gran Sigillo portato in processione su cuscino di velluto come una corona).
Figurati quindi come dai diretti interessati si possa vivere l’incubo che dal “volgo profano” arrivi una scossa destabilizzante di tutta la struttura amministrata.
Piomba addosso al malcapitato politico o vip un provvedimento giudiziario? E’ ormai d’uopo professare “fiducia nella magistratura”, guai a chi si lamenta o si difende con troppa foga (vedi Renzi): significa “delegittimare” se non addirittura tradire tendenze eversive.
Potrei quindi, tediarvi con dotte dissertazioni sull’opportunità di separare le carriere giudicanti da quelle accusatrici (PM), sulla incandidabilità ex legge Severino da abrogare, sulla fine della strana carcerazione preventiva per “rischio di reiterazione del reato” come se il giudice fosse un dio capace di entrare nella mente dell’inquisito; e potrei scrivere pagine e pagine su errori giudiziari sconvolgenti, anche su qualche mia esperienza personale egregiamente superata, fatta di accuse senza capo né coda, ma anche di soldi spillati grazie a giudici civili superficiali e avvocati ineffabili avidi di parcella comunque vada. Ma non mi sembra il caso, la realtà è sotto gli occhi di tutti.
Per favore fidatevi: votate sì a tutti e cinque i quesiti, e speriamo di risvegliarci lunedì 13 (S. Antonio di Padova, che dinanzi al tremendo Ezzelino non ebbe bisogno di leguleio o giudice alcuno) con una Giustizia più giusta e meno metafisicamente immodificabile.
Mi dispiace sinceramente ammetterlo, anche come laureato in Giurisprudenza, ma l’esperienza forense nella mia sensibilità è meno funesta solo delle pompe funebri, e da tale aspetto se la contende soltanto con gli ospedali.
A. Martino
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