IL PROFESSOR UMBERTO GALIMBERTI SAPRA’ PURE TUTTO DI FILOSOFIA, E DI TEOLOGIA CRISTIANA, MA DEL VANGELO NON HA CAPITO NULLA
La sera di Sabato Santo, sugli schermi di LA 7, è andata in onda una discutibilissima lezione filosofica sul dolore e sul perdono cristiani, tenuta dal filosofo ateo Umberto Galimberti nel corso della trasmissione In Onda.
“Do ragione alla Chiesa latina ucraina che non ha trasmesso le immagini. Come si fa a chiederle un simile gesto? Non si capisce il dolore di questa gente? E’ come quando si subisce un delitto in famiglia e si chiede subito se si perdona. La psiche ha bisogno di tempo per elaborare queste cose”.
E ancora: “ In Ucraina non si è parlato per simboli, si è parlato da terroristi, con ferocia. Come si fa a chiedere a chi ha subito atrocità di essere accompagnato da un russo come se fosse un amico? Ma dai! Cerchiamo di capire che la psiche umana non ce la fa così ”.
Per concludere poi, con una perla di anacronismo fantastorico: “Ma voi vi sareste mai immaginati nel 1943-44 se Pio XII avesse fatto una Via Crucis con un italiano e un tedesco durante la resistenza partigiana. Lo avreste accettato?!…….”.
E’ evidente che il professor Galimberti, lontano da cose di Chiesa e di fede vissuta (anche se ha scritto più di un interessante e utile testo sul declino del Sacro in Occidente), incorre nel classico vizio della nomenklatura intellettuale nostrana di spiegare a chi ha fede come la si debba avere; come più prosaicamente, a chi cucina come e cosa si debba cucinare, o a chi gioca a calcio come si debba fare goal o si debba allestire difesa o attacco.
Innanzitutto, Galimberti non capisce, o ha idee confuse, circa la differenza fra perdono (atto singolo) e antropologia cristiana (filosofia quotidiana di vita). Mentre mi sembra di capire che da un soggetto come lui, non ci si possa aspettare alcuna pietà se si entra nel mirino delle sue certezze e “valori”. Il Galimberti non capisce che il cristiano, anche se combatte aspramente, perché Gesù Cristo, sembrerà falso all’illustre accademico, ma Costui nel Vangelo non ha vietato né guerre né mestiere delle armi esplicitamente; nel combattimento sa che ha dei fratelli e sorelle pure dall’altra parte della barricata; e desidera che la guerra (indubbiamente uno stato “cainesco” e per nulla desiderabile) finisca al più presto. Il cristiano non ha personali nemici da eliminare, ma doveri per la Patria da adempiere, il meno disumanamente possibile.
D’altronde, la cosiddetta “visione cavalleresca” della guerra discende direttamente da questa visione cristiana; e vi si derogò solo, e non sempre, con le Crociate o con le azioni punitive e di deliberato saccheggio (vedi il Sacco di Roma del 1527, che però rimase come macchia indelebile sul regno dell’imperatore-re Carlo V).
Ecco perché la particolare Via Crucis di venerdì 14 aprile 2022 è quanto di più puramente cristiano abbia sinora fatto Papa Francesco, a cui piuttosto si potrebbe rimproverare di non saper sempre resistere a certe pressioni degli uomini atlantisti della Curia romana, con conseguenti incoerenze: alla forte condanna del quasi raddoppio della spesa militare italiana per far guerra per procura alla Russia (gabellato per “il costo della pace”), sappiamo bene che ha fatto seguito la solenne ostensione di una bandiera di guerra ucraina.
I prelati ucraini hanno preso la posizione che hanno preso per l’ansia di apparire “patriottici” e collaboratori di Zelensky nella resistenza a oltranza contro le bombe russe; in questo francamente, vedo più l’accorto politico fiducioso nel radioso futuro euroatlantista ( e nel fiume di dollari ed euro che già scorre verso Kiev) che il pastore di anime.
Umberto Galimberti dovrebbe pure ben sapere che “durante la resistenza partigiana”, la stragrande maggioranza del popolo italiano si ritenne ancora alleata dei tedeschi (gli dice qualcosa, una certa Repubblica Sociale Italiana?), o piuttosto equidistante, preferendo attendere che le cose volgessero al termine. E che i militari tedeschi, molti dei quali di confessione cattolica, partecipavano tranquillamente alla santa Messa anche se non pochi sacerdoti propendevano per la causa antifascista.
Andando più indietro nel tempo, attirerei l’attenzione sulla fatale svolta di Pio IX nel 1848, quando resosi conto (anche per le velate minacce austriache di scisma a modello anglicano) che i suoi soldati non potevano combattere una guerra nazionalistica italiana, li ritirò per preservare l’unità dei cattolici. Ma certo, un fatto del genere, anche per Galimberti rappresenta la svolta “reazionaria” di Pio IX.
Il professor Galimberti saprà tanto, anzi molto più di me, di filosofia agostiniana o tomistica, di Rosmini o del Sillabo di Pio IX o del Concilio Vaticano II, ma di cosa sia realmente il cristianesimo, ben poco: fra tanti libri scritti da lui o dagli altri, gli sfugge il bandolo della matassa. Ma non è colpa sua: questo non è Cultura, è Grazia. E oggi ve ne è poco della prima, e pochissimo della seconda.
A. Martino
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