MOSIGNOR CARLO MARIA VIGANO’ SUL PRESIDENTE UCRAINO VOLODYMYR ZELENSKY
Monsignor Carlo Maria Viganò è ormai ben noto ai nostri lettori.
Le riflessioni e i ragionamenti del prelato esule che è ormai considerabile, in qualche modo, uno dei principali punti di riferimento dei cattolici del dissenso superficialmente e sbrigativamente detti “tradizionalisti” dal main stream, che piacciano o no, sono sempre acuti, razionali, e stroncabili a priori solo per motivi puramente ideologici e per ossequio al Pensiero Unico.
Ringraziando Gloria TV per aver messo a disposizione il testo integrale, mi sembra interessante proporvi uno stralcio del suo ultimo messaggio sulla crisi ucraina risalente al 22 marzo, dove analizza la figura del leader ucraino, Volodymir Zelensky.
“……Come è stato fatto rilevare da
più parti, la candidatura e l’elezione del Presidente ucraino Zelenskyj
risponde a quel cliché recente, inaugurato negli ultimi anni, di
attore comico o personaggio dello spettacolo prestato alla politica. Non si
creda che l’essere sprovvisto di un idoneo cursus honorum sia ritenuto d’ostacolo all’ascesa ai
vertici delle istituzioni, al contrario: quanto più una persona è
apparentemente estranea al mondo dei partiti, tanto più c’è da presumere che il
suo successo venga determinato da chi detiene il potere. Le performance en travesti di Zelenskyj sono perfettamente coerenti con
l’ideologia LGBTQ che viene considerata dai suoi sponsor europei come
indispensabile requisito dell’agenda di “riforme” che ogni Paese deve far
proprio, assieme alla parità di genere, all’aborto e alla green economy. Non stupisce che Zelenskyj, membro del WEF,
abbia potuto beneficiare dell’appoggio di Schwab e dei suoi alleati per
arrivare al potere e realizzare il Great Reset anche in Ucraina.
La serie televisiva in 57 puntate che Zelenskyj ha
prodotto e di cui è stato protagonista, dimostra una pianificazione mediatica
della sua candidatura a Presidente dell’Ucraina e della sua campagna elettorale.
Nella fiction Il servitore del popolo egli recitava la parte di un professore di
liceo che diventa inaspettatamente Presidente della Repubblica e si batteva
contro la corruzione della politica. Non è un caso se la serie, assolutamente
mediocre, ha comunque vinto il WorldFest Remi Award (USA, 2016), sia arrivata tra i primi
quattro finalisti nella categoria dei film comici al Seoul International Drama Awards (Corea del Sud) e sia stata insignita del
premio Intermedia Globe Silver nella categoria Serie TV di intrattenimento
al World Media Film Festival di Amburgo.
L’eco mediatica ottenuta da Zelenskyj con la serie
televisiva gli ha portato oltre 10 milioni di followers su Instagram e ha
creato la premessa per la costituzione dell’omonimo partito Servitore del popolo di cui è membro anche Ivan Bakanov,
Direttore Generale e azionista (assieme allo stesso Zelenskyj e all’oligarca
Kolomoisky) della Kvartal 95 Studio, proprietaria della rete televisiva TV 1+1. L’immagine di Zelenskyj è un prodotto
artificiale, una finzione mediatica, un’operazione di manipolazione
del consenso che però è riuscita a creare il personaggio politico
nell’immaginario collettivo ucraino che nella realtà, e non nella fiction, ha conquistato il potere.
«Proprio a un mese dalle elezioni del 2019 che lo
videro vincitore, Zelenskyj avrebbe ceduto la società [Kvartal 95 Studio] a un amico, trovando comunque il modo di far
arrivare alla sua famiglia i proventi degli affari ai cui ufficialmente aveva
rinunciato. Quell’amico era Serhiy Shefir, che è stato poi nominato Consigliere
alla Presidenza. […] La cessione delle quote è avvenuta a beneficio della
Maltex Multicapital Corp., società detenuta da Shefir e registrata alle Isole
Vergini Britanniche».
L’attuale Presidente ucraino ha promosso la
propria campagna elettorale con uno spot a dir poco inquietante in cui,
imbracciando due mitragliatrici, sparava sui membri del Parlamento, additati
come corrotti o asserviti alla Russia. La lotta alla corruzione sbandierata dal
Presidente ucraino nei panni di “servitore del popolo” non corrisponde tuttavia
al quadro che emerge di lui dai cosiddetti Pandora papers, in cui compaiono 40 milioni di dollari
versatigli alla vigilia delle elezioni dal miliardario ebreo Kolomoisky su
conti offshore. In patria molti lo accusano di aver tolto potere agli oligarchi
filo-russi non per darlo al popolo ucraino, ma per rinforzare il proprio gruppo
di interesse e contemporaneamente togliendo di mezzo i suoi avversari politici:
«Ha liquidato i ministri della vecchia guardia, primo fra tutti il potente
Ministro degli Interni Avakov. Ha pensionato di brutto il presidente della
Corte Costituzionale che frenava le sue leggi. Ha chiuso sette canali
televisivi di opposizione. Ha messo agli arresti, accusandolo di tradimento,
Viktor Medvedcuk, filorusso ma soprattutto leader di Piattaforma di opposizione-Per la vita, il secondo partito del Parlamento ucraino dopo
il suo Servo del Popolo. Sta processando, sempre per tradimento, l’ex
Presidente Poroshenko, che di tutto era sospettabile tranne che di intendersela
con i Russi o con i loro amici. Il sindaco di Kiev, il popolare ex campione del
mondo di pugilato Vitaly Klitchko, è già finito nel mirino di alcune
perquisizioni. Insomma, Zelensky sembra voler fare piazza pulita di chiunque
non sia allineato alla sua politica».
Il 21 aprile 2019 è eletto Presidente dell’Ucraina
con il 73,22% dei voti e il 20 maggio presta giuramento; il 22 maggio 2019
nomina Ivan Bakanov, Direttore Generale della Kvartal 95, primo vicecapo dei Servizi di Sicurezza
dell’Ucraina e Capo della Direzione principale per la lotta contro la
corruzione e il crimine organizzato della Direzione centrale del Servizio di
Sicurezza dell’Ucraina. Assieme a Bakanov, è da menzionare Mykhailo Fedorov,
Vicepresidente e Ministro della Trasformazione Digitale, membro del World Economic Forum. Lo stesso Zelenskyj ha ammesso di avere come
proprio ispiratore il Primo Ministro del Canada Justin Trudeau.
I rapporti di Zelenskyj con il FMI e il WEF
Come ha dimostrato il tragico precedente della
Grecia, le sovranità nazionali e la volontà popolare espressa dai Parlamenti
sono de facto cancellate dalle decisioni dell’alta finanza
internazionale, la quale interferisce nelle politiche dei governi con ricatti e
vere e proprie estorsioni di natura economica. Il caso dell’Ucraina, che è uno
dei Paesi più poveri dell’Europa, non fa eccezione.
Poco dopo l’elezione di Zelenskyj, il Fondo
Monetario Internazionale minacciò di non concedere il prestito di 5 miliardi se
non si fosse adeguato alle sue richieste. Nel corso di una conversazione
telefonica con l’Amministratore Delegato del FMI Kristalina Georgieva, il
Presidente ucraino venne redarguito per aver sostituito Yakiv Smolii con un
uomo di sua fiducia, Kyrylo Shevchenko, meno incline ad assecondare i diktat del Fondo Monetario. Scrive Anders Åslund su Atlantic Council: «I problemi che circondano il governo Zelenskyj
stanno crescendo in modo allarmante. Innanzitutto, dal marzo 2020, il
Presidente ha condotto un’inversione non solo delle riforme perseguite sotto di
lui, ma anche quelle iniziate dal suo predecessore Petro Poroshenko. In secondo
luogo, il suo governo non ha presentato proposte plausibili per risolvere le
preoccupazioni del FMI sugli impegni inadempiuti dell’Ucraina. In terzo luogo,
il Presidente sembra non avere più una maggioranza parlamentare al potere e
sembra disinteressato a formare una maggioranza riformista».
È evidente che gli interventi del FMI sono
finalizzati ad ottenere dal governo ucraino l’impegno ad allinearsi alle
politiche economiche, fiscali e sociali dettate dall’agenda globalista, ad
iniziare dalla “indipendenza” della Banca Centrale Ucraina dal governo: un
eufemismo con il quale il FMI chiede al governo di Kiev di rinunciare al
legittimo controllo sulla propria Banca Centrale, che costituisce una delle
modalità in cui si esercita la sovranità nazionale, assieme all’emissione della
moneta e alla gestione del debito pubblico. D’altra parte, solo quattro mesi
prima Kristalina Georgieva aveva lanciato il Great Reset assieme a Klaus Schwab, al principe Carlo e
al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.
Quel che non era stato possibile realizzare con i
governi precedenti, è stato portato a compimento sotto la Presidenza di
Zelenskyj, entrato nelle grazie del WEF assieme al nuovo Governatore della BCU
Kyrylo Shevchenko. Il quale, per dar prova di sudditanza, meno di un anno dopo
ha scritto un articolo per il WEF intitolato Le banche centrali sono la chiave per gli obiettivi climatici dei paesi e
l’Ucraina sta mostrando la strada. Ecco quindi realizzata, sotto ricatto, l’Agenda 2030.
Vi sono anche altre compagnie ucraine che hanno
legami con il WEF: la State Savings Bank of Ukraine (una delle più grandi istituzioni
finanziarie in Ucraina), il DTEK Group (un importante investitore privato nel
settore energetico ucraino) e la Ukr Land Farming (leader agricolo nella coltivazione).
Banche, energia e cibo sono settori perfettamente in linea con il Great Reset e la Quarta Rivoluzione Industriale
teorizzata da Klaus Schwab.
Il 4 febbraio dell’anno scorso, il Presidente
ucraino ha fatto chiudere sette emittenti televisive, tra cui ZIK, Newsone e 112 Ukraine, colpevoli di non appoggiare il suo governo. Così
scrive Anna Del Freo: «Una dura condanna a questo atto liberticida è arrivata,
tra gli altri, anche dalla Federazione europea dei giornalisti e dalla
Federazione internazionale dei giornalisti, che hanno chiesto l’immediata
revoca del veto. Le tre emittenti non potranno più trasmettere per cinque anni:
impiegano circa 1500 persone, il cui posto di lavoro è oggi a rischio. Non
esiste alcun vero motivo perché le tre reti debbano essere chiuse, salvo
l’arbitrio del vertice politico ucraino, che le accusa di minacciare la
sicurezza dell’informazione e di essere sotto “la maligna influenza russa”. Una
forte reazione giunge anche dalla NUJU, il sindacato dei giornalisti ucraini,
che parla di pesantissimo attacco alla libertà di parola, visto che si vengono
a privare centinaia di giornalisti della possibilità di esprimersi e centinaia
di migliaia di cittadini del diritto ad essere informati». Come si vede, ciò di
cui si accusa Putin è compiuto da Zelenskyj e, più recentemente, dall’Unione
Europea con la complicità delle piattaforme social. E prosegue: «“Oscurare le
emittenti televisive è una delle forme più estreme di restrizione della libertà
di Stampa”, ha detto il segretario generale della EFJ, Ricardo Gutierrez. “Gli
Stati hanno l’obbligo di garantire un effettivo pluralismo dell’informazione. È
chiaro che il veto presidenziale non è per nulla in linea con gli standard
internazionali sulla libertà di espressione”».
Sarebbe interessante sapere quali siano state le
dichiarazioni della Federazione europea dei giornalisti e dalla Federazione
internazionale dei giornalisti dopo l’oscuramento di Russia Today e Sputnik in Europa….”
A. Martino
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