CONDANNATO ALESSIO FENIELLO PER AVER VIOLATO I SIGILLI A RIGOPIANO: STORIA DEL SUICIDIO DI UN SISTEMA.

Che la Legge non ammetta ignoranza è risaputo da tutti ma, viva Dio!, siamo in Italia e, per fortuna o per sventura, da noi la norma si interpreta, non si applica alla lettera.

Ciò è dovuto al fatto che il nostro sistema giudiziario cerca, nel momento del giudizio, di cogliere lo Spirito della Legge e di adattarlo al singolo caso per evitare così, il più possibile, l’astrazione e quindi la disumanizzazione della norma. Questo è ciò che si è sempre fatto, fino a ieri però, perché da oggi sembra che questo Spirito della Legge sia andato definitivamente a farsi benedire.

Infatti, a sorpresa, Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime del disastro dell’Hotel Rigopiano, è stato condannato a pagare una multa di 4.550 euro, per aver violato i sigilli apposti che delimitano l’area della tragedia. In altri termini, Feniello, è stato condannato perché semplicemente, pur essendogli stato intimato più di una volta di non stazionare sull’area del disastro, questi continuava a recarsi sul posto per portare dei fiori nel luogo dove è morto suo figlio.

Ora, io, fortunatamente, non ho mai subito la tragedia di affrontare la perdita di un figlio ma posso immaginare, posso capire, cosa voglia dire, non fosse altro per averla vissuta per interposta persona da persone a me vicino e so che, di per certo, quando ad un genitore muore un figlio con lui muoiono anche il padre e la madre, nulla ha più senso per queste persone, è un  dolore indescrivibile.

Fortunatamente ci sono anche persone che riescono a superare la cosa, individui che riescono a trovare un senso a questa cosa sia con l’ausilio della fede che senza di essa, ma ahimè ci sono anche tanti altri esseri umani che non ce la fanno.

Io non conosco personalmente Alessio Feniello ma dalle immagini video e dalle tante sue esternazioni mi ha dato l’impressione di una persona profondamente ferita, di un uomo che, giustamente, non riesce ad accettare la cosa ne a dargli un senso: ora, di fronte a questo uomo che trasuda dolore, come si può applicare la legge così ciecamente?

Cosa volete che gliene importi ad un padre che ha perso un figlio di un’ordinanza che gli impedisce di stazionare in un posto?

Il Milite o il Vigile che ha redatto il verbale se ne è reso conto? Se non lo ha fatto avrebbe dovuto farlo perché quello è il classico caso nel quale è giusto, umano e sacrosanto girarsi dall’altra parte!

Feniello non stava facendo del male a nessuno e ne, secondo me, si poteva rendere conto del suo atto perché il dolore ottenebra, in quei casi, tutti i sensi.

Allo stesso modo un Giudice coscienzioso non ha avuto modi e mezzi per chiudere il fascicolo? Se non li ha avuti avrebbe dovuto trovarli necessariamente.

Vedete cari lettori, sono proprio questi gesti così puntuali e solerti, che fanno si che un popolo perda la fiducia nelle proprie istituzioni.

Persino Totò – che Giudice non era, ma uomo che aveva capito appieno lo spirito  umano – con la sua famosa battuta: << siamo uomini o caporali? >> aveva compreso veramente l’essenza del problema …

In altre parole, in certi casi della vita, occorre solo l’umanità, il resto sono solo inutili dettagli.

Lorenzo Valloreja

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