LE MANI DELL’EUROPA SULLE CASE DEGLI ITALIANI

Il mattone, bene rifugio per eccellenza? Negli anni Settanta e Ottanta (facciamo pure Novanta ma il bancomat fiscale sugli immobili parte proprio con essi), anche a causa dell’inflazione, l’italiano medio comprava un appartamento diciamo a 100 per rivenderlo dopo due anni a centocinquanta, se non a duecento nei “folli” anni Settanta. Il mutuo ipotecario era un sogno, uno status symbol di chi “ha fatto qualcosa”.

Allora decisamente sì, il mattone era un bene rifugio, ma altri tempi: sovranità monetaria, politiche espansive, ville da sogno vendute in cambio di valigette piene di ritratti di Alessandro Manzoni (biglietto da 100.000 Lire) o di libretti di risparmio al portatore (dico al portatore sul serio, cioè senza limite di giacenza e antiriciclaggio, e denominati “Forza Roma” o “Benito”). Giri di soldi ambigui se non pericolosi e sospetti, siamo assolutamente d’accordo. Disgraziatamente però, la “legalità” e la lotta alla “criminalità dei colletti bianchi” più o meno organizzata, hanno coinciso con l’inizio del declino. Sì, va bene, bisognava smettere di chiudere un occhio se non entrambi, ma si sta finendo per chiudere bottega, baracca e burattini: tutti.

Comunque sia, i beni immobili in Italia rischiano di non essere appetibili neanche per i delinquenti, se non in un modo tutto traverso che dirò. La benemerita Europa ci aveva messo gli occhi addosso da un pezzo come in genere a tutta la ricchezza privata italiana, e il suo attacco si sta muovendo su due direttrici: l’una è la riforma catastale, l’altra è l’utilizzo della ideologia ambientalista.

La lettera a dell’articolo 7 della delega al governo sulla riforma fiscale (segnatamente riguardo agli immobili) innescò una semi crisi di governo, con un Matteo Salvini costretto dire “qualcosa di leghista” e un Mario Draghi rassicurante sulla natura più o meno statistica della riforma degli estimi catastali(una specie di scocciatura “voluta dall’ Europa”). I contrasti ovviamente, rientrarono. Rimane però una bomba a orologeria innescata per il 2026. Dice l’articolo 7 che si dovrà “attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato”.  Provate a immaginare cosa accadrà alla determinazione del reddito imponibile IRPEF, quando gli uffici finanziari attribuiranno un valore di mercato a ciascun immobile: esagerazioni a parte che potrebbero assumere veri e propri contorni espropriativi verso soggetti sgraditi al Sistema, l’IRPEF raddoppierà o triplicherà, per non parlare poi dell’imposta di successione.

Veniamo ora all’altra mannaia sulla proprietà immobiliare degli italiani: l’ “efficientamento energetico” (non è il solito inglese eurocratico, ma per molti il concetto è ugualmente misterioso). Premesso che siamo ancora allo stato della proposta da discutere e approvare ai vari livelli di Bruxelles-Strasburgo, lo possiamo spiegare così. Ogni casa, sia un palazzo signorile della Roma barocca o un monolocale in una periferia malfamata, deve avere una sua certificazione energetica: essa determina l’appartenenza a una classe di merito (la massima è A4, la minima è G) in proporzione alla quantità di energia necessaria a riscaldarla e/o raffreddarla. Solitamente e praticamente, più una casa è vecchia, più sarà in basso alla classifica. Ma gran parte degli immobili, non hanno nemmeno questa certificazione (che si ottiene a pagamento per nulla irrisorio, da impresa specializzata e autorizzata). Ebbene, il progetto è quello di vietare l’affitto e la vendita degli immobili maggiormente rei di “impatto energetico”. Salvo ristrutturazione (dai costi che ben sappiamo). Anche ben prima del 2033, in cui tutto dovrebbe andare implacabilmente a regime, le conseguenze sul mercato immobiliare saranno devastanti (la classica casetta in paese dei nonni, in cui Garibaldi avrebbe schiacciato un pisolino, sarà sicuramente da abbattere o da donare al Comune ammesso che la voglia). O da vendere non a quattro soldi, ma a un soldo, alla stessa immobiliare certificatrice, che ovviamente guarda caso, si occupa anche di ristrutturazioni.

Ordinarie cronache di “ripresa e resilienza”. Non dobbiamo possedere più nulla, dagli spiccioli per il caffè a un tetto sotto cui rifugiarci dal freddo o dal solleone.

A. Martino

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