CARO MINISTRO GIORGETTI, IL FILM DRAMMATICO CE LO STA FACENDO VIVERE LEI COL GOVERNO DI CUI FA PARTE, E…RISPETTI IL CINEMA WESTERN!
E ditemi che non ho ragione in pieno, quando tesso lodi più o meno nostalgiche al vero cinema o quanto meno all’ autentico cinema “profondo”, che per me fu, e rimane, quello di “genere”: non nel senso odierno imposto di dato tecnico-corporeo “maschio-femmina” che nulla avrebbe a che fare con il proprio “orientamento” vale a dire il famoso gender, ma nel senso dell’immaginario creativo. Insomma, l’avventura, la guerra, la “cappa e spada”, l’horror etc. E, con ruolo primario, il western. Di cui più diffusamente ebbi ad occuparmi nel mio IL CINEMA ITALIANO E’ ORMAI MORENTE, LA CHIUSURA DELLE SALE E’ SOLO IL COLPO DI GRAZIA. NON HA PIU’ SENSO IN UN MONDO DI EMOZIONI OMOLOGATE E CORRETTE, E IMMAGINARIO FORMATTATO. PARTE PRIMA. Un autorevole avallo viene dalla metafora cinematografica di Giancarlo Giorgetti, uomo del format “destra europea”, che infatti rimprovera a Matteo Salvini la sua insufficiente omologazione e correttezza europeistica. Se l’uomo della squadra e compasso tinti di verde, se l’euromane incaricato di demolire gli spunti di sovranismo e sano populismo presenti nella Lega, pensa quello che ha detto del western (che pure premi Oscar ha avuto dalle direzioni di John Ford fino a quelle di Clint Eastwood, ignora Giorgetti), figurati cosa possa pensare del cinema di Dario Argento o Lucio Fulci, ma anche di Quentin Tarantino: immondizia pura, ovviamente; roba da disadattati o se vogliamo restare alla metafora politica, da Forza Nuova.
La vera divisione, nel mondo di oggi, è quindi (lo diciamo anche da troppo tempo) più antropologica e mentale che politica, o strettamente intellettuale. Dimmi, ad esempio, che cinema ti piace, e ti dirò chi sei…
Sentite che dice Giancarlo Giorgetti: “ Matteo è abituato ad essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. E’ difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso…”
Mi è agevole individuare nella metaforica Meryl Streep, Ursula von der Leyen o qualcuno/a del genere. E quel ruolo da “attore non protagonista” allude chiaramente al ruolo da gregario, che il Sistema sempre assegnerà ai “rinnegati” del sovranismo, chiaramente di dubbia affidabilità e mai abbastanza dimostrata sottomissione.
Ma il “film drammatico” in realtà lo stanno vivendo gli italiani e come, da quel maledetto marzo 2020. E non perché si vada a dormire con il Capitano (?) in cima ai nostri pensieri; bensì per il regime tecno-sanitario in avanzata edificazione. E i “western” salviniani, come già insinuai beccandomi da una sdegnata lettrice sui socials della zucca vuota, non mi sembrano affatto epici come quelli italici di Sergio Leone, o le mitiche interpretazioni di John Wayne o Gary Cooper. Ma mi richiamerebbero piuttosto Il bello, il brutto, il cretino (1967) o Franco e Ciccio sul sentiero di guerra (1970) col fantastico duo comico siciliano.
E poi, cinema a parte. Ma cosa avranno mai promesso al Giorgetti ministro draghiano, per suscitare tanto sfegatato europeismo in chi nell’ estate 2019 dell’exploit sovranista delle navi delle ONG bloccate ai porti, teneva la bocca rigorosamente cucita?
A. Martino
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