DONALD TRUMP TRA “NEVER GIVE UP” E IL SOGNO DI UNA RIVOLUZIONE DIGITALE
Che fine ha fatto Donald Trump?
Non sembra affatto desideroso semplicemente di pararsi le spalle dall’ odio dei radicali statunitensi, a livello giudiziario: per sé, per le proprie aziende, per i propri collaboratori e sostenitori. A proposito: Steve Bannon rischia un anno di galera se rifiuterà di essere ascoltato dalla commissione parlamentare sui fatti del 6 gennaio. Se davvero andrà così, tanto di cappello: l’ideologo americano si confermerebbe, pur tra cento distinguo culturali e geopolitici, l’uomo al di là dell’Oceano atlantico più vicino e rapportabile a un Julius Evola o a un Pino Rauti. E capisco anche le lacrime di Donald Trump (incredibile!) quando fu costretto a licenziarlo da “chief strategist” della Casa Bianca. Intelligenti pauca.
Bagni di folla, sostegni a candidati repubblicani in elezioni suppletive di seggio o già in vista del mid term. Segni che la “droga” della politica ad altissimo livello è ormai entrata, tardivamente quanto spettacolarmente, nel sangue dell’anziano magnate. E soprattutto, l’annuncio di un grosso progetto verso la meta, che sta già mettendo in movimento diversi ambienti del dissenso di destra e conservatori, americanisti e non.
Cioè, Truth. Ovvero, la realizzazione di un nuovo social network che dovrebbe essere una specie di terra promessa di tutti i dissidenti del Pensiero Unico di ogni fatta e sfumatura, dove poter interagire senza censure, timori di blocchi e chiusure vari, ecc. E nessuna opinione o fatto riportato scomodi o sgraditi, etichettati come fake news. Infatti come ben sappiamo, lo stesso Donald Trump, negli ultimi burrascosi giorni della sua presidenza, è stato bannato da Facebook e Twitter: una assurdità se si pensa ai “cani e porci”, e ai depravati dai mille volti presenti sia su Facebook e Twitter.
A essere intellettualmente onesti però, bisogna mettere in rilievo che i social networks, sono nati semplicemente come iniziative commerciali digitali che grazie alla pubblicità e ai meccanismi di promozione varii di pagine e posts, dovrebbero onestamente lucrare. Sono stati i poteri forti dei deep states, del mondialismo e del Pensiero Unico a strumentalizzare in senso ideologico le potenzialità dei neo nati social networks, ma a dieci anni circa dalla loro nascita., il bilancio per lor signori è stato deludente. Valanghe di soldi (legittimi, per carità) per Zuckerberg e compagni, ma l’offensiva finale per la lobotomizzazione totale delle opinioni pubbliche mondiali non solo non ha sostanzialmente raggiunto il suo risultato, ma anzi spesso si è ritorta in un megafono per sovranisti e “populisti”. D’ altronde, come un americano non ha bisogno di Facebook o Twitter per approfondire la propaganda di regime di Biden o di Kamala Harris essendone quotidianamente bombardato dalle tv e dai giornali stampati o meno, così in Italia non vi è certo bisogno di un social network per bersi le iaculatorie pro Super Mario. Molto più utile Facebook è a chi ha rema contro il Sistema informativo e non, come (esempio fra una miriade) L’Ortis stesso.
Ecco quindi che le limitazioni suddette, tutti gli “accorgimenti” imposti contro le fake news, le censure, gli apparenti arbitrii pro Pensiero Unico, non sono un atto di fanatismo ideologico delle proprietà dei socials, ma anche anzi piuttosto, una imposizione di sistema a loro stessi per continuare a vivere. E si capisce quindi come mai, Facebook sia stata additata in commissione parlamentare d’ inchiesta USA, da testi di dubbia genuinità e sulla base di non so quali evidenze, come niente meno che un “pericolo per la democrazia”.
Ma passiamo a quanto dichiarato, e promesso, da Donald Trump.
In un comunicato del tycoon si legge come il nuovo social, la cui proprietà sarà chiamata Trump Media and Technology Group (Tmtg), dovrebbe vedere la luce a novembre. “Ho creato Truth Social per combattere la tirannia di Big Tech”. Viviamo in un mondo dove i talebani hanno una enorme presenza su Twitter, mentre ancora il vostro presidente preferito viene silenziato. Questo è inaccettabile!“.
A parte la tendenza della prosa di The Donald all’uso del punto esclamativo per enfatizzare concetti ritenuti essenziali, verrebbe da chiedermi se non si renda conto che ciò sarebbe una mannaia per realtà in crescita più che per il tanto deprecato Big Tech e che personalmente apprezzo, meno politiche e più aperte alla universalità del pensiero alternativo, cioè particolarmente Gab e Parler, ma anche Gloria.tv (prettamente cattolica). In questa scelta progettuale, evidentemente, l’uomo d’ affari si è fatto sentire senza tante remore.
Le cose però non sono tecnicamente tanto semplici. Infatti, Truth (così dovrebbe chiamarsi il nuovo network) si baserebbe sul “server di servers” Mastodon. E non a caso, Gab già vi si collega. Inoltre Eugen Rocko, fondatore di Mastodon, ha rivendicato la paternità del prodotto, e ciò potrebbe preludere a dispute legali. Inoltre, il nucleo del software andrebbe enormemente potenziato, e secondo gli informatici questo lo renderebbe molto costoso e di arduo mantenimento.
A dimostrazione della difficoltà in simili progetti, e che non tira aria tanto buona per i social networks in generale, qualcuno ha fatto notare che persino Google, ha dovuto praticamente rinunciare a Google+.
Insomma, la strada per Truth, pur ovviamente comprendendo gli entusiasmi del momento, appare in salita più di quanto si pensi, o lascino sperare le tasche del suo indomabile promotore.
A. Martino
Lascia un commento