TRAGEDIA DI RIGOPIANO: SPERIAMO CHE NON PREVALGA LA “REGOLA DELL’ORTOLANO”

Dopo più di 600 giorni e due milioni di Euro di fondi pubblici spesi per rimuovere le macerie, si sono finalmente chiuse le indagini sulla tragedia di Rigopiano. I lettori certamente ricorderanno quel tragico 18 gennaio 2017 quando, in Abruzzo, una valanga distrusse l’omonimo hotel, sito nel Comune di Farindola (PE), uccidendo ben 29 persone.

In quel maledetto pomeriggio Quintino Marcella – ristoratore e professore di enogastronomia presso l’alberghiero di Pescara, allertato dal suo caro amico Giampiero Parete, quest’ultimo sopravvissuto alla disgrazia come altri 10 individui tra uomini e donne, adulti e bambini – lanciò immediatamente l’allarme alle autorità preposte ma, nelle prime ore del fattaccio, nessuno volle credergli.

Così i soccorsi partirono in ritardo ed a fatica, anche a causa delle strade impercorribili, in alcuni punti infatti la neve era alta ben 2 metri.

Tutti abbiamo ancora ben impressi nella nostra mente le immagini della colonna dei soccorsi che, con i reparti alpini della Guardia di Finanza in avanscoperta, muniti di soli sci con la pelle di foca, battevano la pista nel buio della notte per fare da apripista a tutti gli altri soccorritori.

Quelle  immagini, trasmesse dalle tv di tutto il mondo, sembravano pescate non si sa da quale macchina del tempo: era forse un documentario sull’epopea di Shackleton o sulle disavventure del dirigibile Italia e del  colonnello Nobile? No davvero! Il tutto, ahimè, stava proprio accadendo in quest’epoca e nonostante tanto eroismo, per l’appunto epico, i 2/3 degli ospiti dell’Hotel Rigopiano non ce l’hanno fatta.

Tra le vittime intere famiglie sono state spazzate via, altre terribilmente mutilate: chi dalla perdita di un genitore o entrambi, chi dalla dipartita del coniuge o di un figlio.

È chiaro che, in una simile situazione, il rancore, la delusione, l’amarezza, tra i sopravvissuti ed i parenti delle vittime, nei confronti degli organi preposti è altissimo, non fosse altro per quelle maledette due ore di ritardo con cui sono partite le operazioni di salvataggio.

Ora, con la chiusura di queste indagini, qualcosa proprio non è andato come l’opinione pubblica si attendeva. Nello specifico non ci si aspettava che i vertici della Regione Abruzzo – cioè che il Presidente D’Alfonso, così come gli altri suoi predecessori Chiodi e Del Turco, unitamente agli ex Assessori Ginobile, Stati, Srour, Giuliante e Mazzocca – venissero stralciati e questo perché, come tutti ormai sanno, rei di non aver realizzato la Carta di localizzazione dei pericoli di valanga, che, se adottata, avrebbe certamente incluso anche Rigopiano tra le località a rischio e quindi scongiurato la tragedia.

Ma la cosa che fa ancora più specie è come sia stato possibile che sia per la signora Daniela Acquaviva – la centralinista della Prefettura di Pescara che rispose all’allarme di Quintino Marcella affermando superficialmente: << la mamma dell’imbecille è sempre incinta!>> – che per Vincenzino Lupi (responsabile operativo del 118, il quale, pur sapendo che l’Amministratore dell’Hotel Rigopiano non era sul posto si fidò della dichiarazione rassicurante di quest’ultimo), sia stata chiesta l’archiviazione.

La perdita di 29 essere umani non è, con tutto il rispetto per gli animali, equiparabile alla morte di 29 gattini, essa, invece, rappresenta una vera e propria tragedia.

Questo deve essere l’unico spirito con il quale la magistratura deve far giustizia, cioè quello di garantire e ridare, dignità a tutti questi cittadini strappati troppo prematuramente dai propri affetti. In altre parole non può e non deve, essere ne sete di vendetta, ne bisogno di risarcimento, ne esposizione del capro espiatorio, a guidare le azioni, ne degli organi inquirenti, ne tanto meno delle vittime, giacché, ahimè, nessun atto restituirà mai i defunti ai propri affetti.

Noi non siamo giudici, e lungi da questo giornale il volersi sostituire agli organi inquirenti, tuttavia come cittadini ed osservatori, ci saremmo aspettati che al processo tutte le parti coinvolte, ma proprio tutte, sarebbero state chiamate, ma, non per chissà quale spirito giacobino o giustizialista, quanto per dare ad ognuno la possibilità di dire la propria su quanto è successo e quindi dare il proprio contributo alla verità.

Del nostro stesso avviso sembrano essere le vittime di questa tragedia ed ecco perché abbiamo raggiunto, con un’intervista audio, Giampiero Parete il quale ci ha rilasciato la seguente dichiarazione che potete ascoltare digitando il file audio qui di seguito allegato.

 

Ora, “alla fine della fiera”,  come giornale vorremmo, quantomeno, che un nostro timore venisse del tutto smentito, cioè quello che a prevalere non sia la tanto temuta “regola dell’ortolano” e che quindi, in virtù di questa, a “pagare” per tutti non siano sempre e solo i più “piccoli” ed indifesi … perché se così fosse sarebbe un vero e proprio smacco non tanto per l’Abruzzo quanto per l’umanità intera.

Lorenzo Valloreja

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