ALLA FINE IL TEMUTO ORDINE DALL’ALTO E’ GIUNTO: “IN GINOCCHIO!”. SE DAVVERO LO FARANNO, NON TIFATE PER QUESTA NAZIONALE DI CALCIO DI RAGAZZI RICCHISSIMI, MA POVERACCI SOTTOMESSI.
Alla fine, la vergognosa capitolazione della FIGC è arrivata: quali saranno le telefonate che l’hanno costretta? Non si saprà mai: ma è un dato di fatto che secondo questa, anche gli Azzurri, nella partita di venerdì contro il Belgio dovranno piegare il ginocchio per “solidarietà” con i pupazzi belgi strapagati in calzoncini e scarpine chiodate loro colleghi. Inginocchiati tu che mi inginocchio io.
L’ illusione di una pur minima italica resistenza in onore e virilità, almeno sui campi di pallone, parrebbe miseramente infrangersi contro le sicure conseguenze in termini di ritorsioni e predicozzi.
Già mi immagino un Enrico Letta o una Laura Boldrini, o un Oliviero Toscani: “ragazzi ricchi ma senza coscienza democratica, bisogna lavorare nel mondo del calcio sui valori dell’antirazzismo e dell’inclusione, l’insensibilità dimostrata è vergognosa….”. Per non parlare delle possibili conseguenze sui loro pingui contratti o ingaggi pubblicitari: “i tesserati del nostro club devono avere assoluto rispetto dei valori democratici” (leggi: sottomessi al politicamente corretto). O “i nostri prodotti hanno bisogno di testimonial di inclusione e diversità”.
E’ anche vero però che, se dall’ operaio o impiegato da mille o millecinquecento euro al mese, ci si può aspettare il ginocchio piegato perché, come lo scrivente, “si tiene famiglia”, qualche milioncino di euro e una collezione di Ferrari oltre che villone a Portofino o in Costa Smeralda, non dovrebbero servire anche a una migliore postura della colonna dorsale? I loro muscoli della schiena, questi signori, li irrigidiscono solo in seduta di allenamento per le elevazioni necessarie ai colpi di testa?
Piccolo esempio: Marco Verratti da Manoppello (Pescara) dopo non so quanti anni di contratti con il Paris Saint-Germain, può forse comprarsi l’intero suo paese di origine. Possibile che non possa evitare, con tanta ricchezza a nemmeno trenta anni, di fare il pecorone come tutti?
Gli undici inginocchiati in campo e in mondovisione danneggeranno l’Italia, e i giovani italiani, quanto un DDL Zan: i vigliacchi che si sono dannati l’anima per farglielo fare lo sanno benissimo, e conoscono il materiale umano che scende in campo. Su undici, otto o nove vecchi moralmente, e due o tre che “non vorrei, ma adesso si fa così”: è lo specchio delle nuove generazioni avvelenate da scuola, televisione, consumismo. Gente che sposa le modelle o le soubrettes, che sposano i calciatori con i soldi: pancia piena ma tonica con la famosa tartaruga, cervello piccolo, cuore mera macchina idraulica del sangue.
La patria? Quella dell’inno per disciplina federale. Gli ideali? La “pace”. E così via banalmente discorrendo. Ma può anche esserci il Marchisio che il Pensiero Unico, nella sua Torino dei salotti che contano, lo ha studiato davvero bene. Non sono più stadi per un Di Canio, ormai da dieci anni almeno. Cioè da quando gli striscioni sono preventivamente approvati da “competenti autorità di polizia e del settore”.
Se veramente venerdì gli undici calciatori della rappresentativa nazionale italiana si inginocchieranno, io non mi riterrò rappresentato da costoro, anzi li avvertirò come ennesimo tassello di estraneità del Sistema ai valori miei e vostri, amici de L’Ortis.
Il mio invito del tutto amichevolmente personale è, in tal caso, quello di non tifare Italia e di vedersi con i propri familiari un bel film, o meglio, di farsi una camminata così esternando il proprio distacco dagli “inginocchiati”.
A. Martino
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