SIAMO UOMINI ( E CRISTIANI ) O RANE IN BOLLITURA ?
1882, Stati Unti d’America : dei ricercatori universitari della John Hopkins fissano una legge sulla quale forse si potrebbe ironizzare come “scoperta dell’acqua calda”, ma che il grande filosofo anarchico Naom Chomsky ha brillantemente sviluppato, ponendola a base di tante dinamiche contemporanee. Stiamo parlando della legge della “rana bollita”.
A farla breve : se buttassi una rana vispa e vitale in un pentolone di acqua bollente ad almeno cinquanta gradi, questa ne salterebbe fuori con ogni sua forza, e più o meno ustionata, vivrebbe. Se invece questo pentolone contiene acqua fredda o quanto meno a temperatura ambiente, essa ci rimane placida e tranquilla; se alzerò la temperatura progressivamente e molto lentamente fino all’ebollizione, pure ci resterà, magari con un certo fastidio progressivo; infine, soffrirà e alla fine avrà anche la sensazione della sua fine, ma la povera bestia non potrà opporvisi, indebolita come lo sarà (davvero sadico, come esperimento….). La metafora sociologica è applicabile a tantissimi ambiti, e sicuramente a quello della Chiesa (post)cattolica : ove l’umano che si diletta con le rane è “il Pastore” e non solo il supremo vertice romano , ma l’assoluta prevalenza modernista della “gerarchia”; e la rana è “il Gregge” in qualche modo ancora legato alla Tradizione.
La metaforica temperatura inizia effettivamente a salire, da ultime importanti novità dal Portone di Bronzo e dintorni : vale a dire (e non so quale sia più significativa) un primo, nebuloso, sdoganamento formale dell’omosessualità contenuto nel documento finale del Sinodo sui giovani seppure, appunto, in linguaggio prudentissimo tale da poter dire “nessuno mette in discussione il tradizionale insegnamento della Chiesa bla bla bla”; e in seguito, pochi giorni fa, la modifica da parte della CEI di preghiere antichissime (la prima delle quali insegnata addirittura dallo stesso N.S. Gesù Cristo cioè il Pater Noster, e la seconda quella breve ma pur importante del “ Gloria” liturgico).
«Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi. In questi cammini le persone sono aiutate a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo. In questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé». (n° 150).
Con il massimo rispetto verso la professionalità teologica e la sincerità pastorale di chi ha redatto questo documento, e di chi se lo ritrova ora sulla scrivania dopo averlo, siamo sinceri e concreti, di sicuro suggerito e caldeggiato, mi sembra che qui si sancisca l’ingresso del soggettivismo e del relativismo etico nella dottrina cattolica. “Favorire percorsi”, “leggere la propria storia”, “discernere le migliori forme”… altro che “«Il vostro parlare sia: “sì,sì”, “no,no”; il di più viene dal Maligno» (Mt 5,37). Siamo davvero all’ambiguità totale, o nell’interpretazione più ottimista, al fermarsi lì perche “i tempi non sono maturi, e la gente non capirebbe”. Ecco la povera rana, in questo caso la Tradizione cattolica in materia di etica e comportamento sessuale !
E veniamo alla principale preghiera dei cristiani di ogni confessione . Da un punto di vista veramente ecumenico, è singolare la fuga in avanti (post)cattolica , che probabilmente non sarà seguita neanche dai luterani, così vicini al cuore di Papa Francesco. Ebbene, la CEI (che sarà sicuramente seguita da tante altre conferenze episcopali e il cui atto indubbiamente sarà ratificato dal competente dicastero curiale della Congregazione per il culto divino) ha non improvvisamente deciso, ma dopo tutto uno smanettare di fornelli di cui sopra, che Dio è sostanzialmente non solo impotente dinanzi al peccato e alla malvagità (l’esasperazione del concetto di misericordia tipico della particolare teologia bergogliana porta a questo), ma anche che neppure è capace di mettere alla prova le Sue creature.
Insomma l’assise dei vescovi italiani, per compiacere il buonismo politicamente corretto, ha fatto un primo colpo di mano dottrinario. E’ cioè riuscita nell’ incredibile fake filologico – classico di falsare il latino e/o il greco (lingua, questa ultima, in cui inizialmente fu tradotto il testo originario aramaico o ebraico antico dei Vangeli scritti o dettati dagli evangelisti).
Non mi resta quindi che cedere la parola alla più competente fonte degli Anonimi della Croce, misterioso blog web di fronda antibergogliana : “Prendiamo dunque il versetto in questione dal testo originale greco: “καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν”. La parola di interesse è “εἰσενέγκῃς” (eisenekes), che per secoli è stata tradotta con “indurre”, ed invece nella nuova traduzione vediamo “non abbandonarci” (come i cavoli a merenda). Il verbo greco “eisenekes” è l’aoristo infinito di “eispherein” composto dalla particella avverbiale eis (‘in, verso’, indicante cioè un movimento in una certa direzione) e da phérein (‘portare’) che significa esattamente ‘portar verso’, ‘portar dentro’. Per di più, è legato al sostantivo peirasmón (‘prova, tentazione’) mediante un nuovo eis, che non è se non il termine già visto, usato però qui come preposizione”.
E che dire del “Gloria”? “Pace in terra agli uomini di buona volontà” viene sostituito da “ pace in terra agli uomini amati dal Signore”, formula che tutta presa dall’ansia buonista di “pensare positivo” circa il rapporto uomo-Dio, scivola in realtà nell’effetto opposto, dando da pensare che vi sia anche chi da Dio non è affatto amato. Ma attenzione : ancora una volta, pasticci logici a parte, l’ideo-teologia della ultramisericordia è un rullo compressore di duemila anni di tradizione etica. “Non importa infatti che si voglia il Bene, l’importante è essere amati dal Signore”,parrebbe il messaggio “pastorale” . E’ questa, tendenziosità tradizionalista, cercare il pelo nell’uovo, non “essere aperti” ? Potrebbe pure esserlo, chi scrive non si erge su un piedistallo, ma purtroppo la lettura razionale di tutto questo rincorrere ormai sfacciatamente il Pensiero Unico nelle sue declinazioni del buonismo, del relativismo, e del soggettivismo, ne ha assolutamente l’impressione se non la certezza. E sappiamo bene che la razionalità sta poco di casa nel Pensiero Unico politicamente corretto, con i suoi figli di due o tre madri o padri, o gli inni nazionali tagliati perché certe cose non vanno più.
Insomma, avanti anche qui verso “religione dell’ Umanita” di matrice massonica, e convergenza verso la sorosiana “Open Society”. E temperatura sui trentacinque-quaranta gradi…
Lo scetticismo e la distanza dei “lontani” aumenterà verso una Chiesa che con una certa patetica petulanza si sforza di compiacere, e tra il residuo gregge serpeggerà il soggettivismo “devoto” ma non molto meno dannoso, dell’ “ognuno prega come gli pare”.
Antonio Martino
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