ATTENZIONE A EMMANUEL MACRON. IL SUO INSUCCESSO, PER NOI ORA, E’ MOLTO PERICOLOSO

Per una cosa, a Emmanuel Macron bisogna far tanto di cappello : riuscire a inserire una politica assolutamente finalizzata alle esigenze e mire francesi, in una cornice europeistica ed eurocratica, ligia al Pensiero Unico (quasi sempre), integrata benissimo nel sistema euroatlantista. Non è esattamente nazionalismo perché gli manca identitarismo, sovranismo, e mancanza di freni inibitori dialettici e ideologici, ma è quanto di più simile vi possa essere in una costruzione come quella europea, dove non proprio da sempre ma almeno negli ultimi venti anni, vi è chi perde e chi guadagna.

Il 21 novembre si dovrebbe capire se effettivamente si andrà verso la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, presupposto di sanzioni. La Commissione europea potrebbe aprirla per deficit o per debito. Nel primo caso ci costerebbe interventi correttivi da 9-12 miliardi di euro, la seconda obbligherebbe l’esecutivo gialloverde ad approvare misure da 40-60 miliardi di euro. Ebbene, secondo molti osservatori Macron col beneplacito della Merkel potrebbe puntare ai nostri “gioielli di famiglia” quali ENEL o ENI, inseguendo un atavico riflesso condizionato francese. Oltretutto il prestigio dell’ enfant prodige  dell’estabilishement burocratico è in spaventoso calo interno, questi problemi un tempo si tentava di risolvere tramite una bella guerra preferibilmente vittoriosa, ora i sistemi sono diversi, ma un nemico esterno è sempre utile: dagli apprezzamenti emetici del francese verso il ministro e vice premier Matteo Salvini reo di opporsi all’invasione via mare, che risponde senza ombra di diplomazia osando tacciare di ipocrisia chi dell’ ipocrisia è talmente pregno da non averne neanche più la coscienza, scaturisce un innegabile rancore verso l’Italia, rea di rendere plasticamente visibile il temutissimo successo, sempre rinviato e ostacolato dalle solite sacre unioni (o ammucchiate) repubblicane, ma sempre meno improbabile, del Front National.

Sarebbe sciacallaggio dargli la colpa del suicidio del milite della guardia repubblicana (cioè presidenziale) il sei  novembre; sarebbe molto squallido e volgare ironizzare sulle foto con ragazzi antillani molto discinti e volgari, standosene in atteggiamento di grande felicità, che fanno pendant con il mai chiarito legame con l’ex capo della sicurezza dell’Eliseo Alexandre Benalla; legame così anomalo e forte, da consentire a Benalla l’assurdo sfizio di indossare una tuta anti sommossa e divertirsi a manganellare manifestanti, smascherato solo da una ripresa video.

Tra agosto e ottobre si sono dimessi i responsabili di tre dicasteri tra cui l’importantissimo Interno.

L’utilizzo della mitica reggia di Versailles per i summit internazionali, i 26.000 euro per due mesi  di operato della truccatrice personale, la riapertura della caccia presidenziale nel parco dello splendido castello di Chambord, lo scatto di ira quando un povero ragazzo osa apostrofarlo con un confidenziale Manu, sembrano dipingerlo come un ibrido fra lo sfarzoso quanto velleitario Napoleone III e il retorico e ampolloso De Gaulle.  Ultima esibizione di inappropriata grandeur : la cancellazione, ai margini delle celebrazioni per il centenario della fine della Prima Guerra mondiale, dell’incontro fra Putin e Trump per risolvere il grande problema della denuncia del trattato missilistico INF da parte di Trump.  Esso avrebbe “oscurato gli eventi e gli incontri preparati dall’Eliseo”; nel cui contesto, ha praticamente riabilitato la memoria del Maresciallo Philippe Petain con relativa ira degli ebrei francesi.

Sembra insomma trascorso un secolo , come quello che ci separa dagli ultimi fuochi della Grande Guerra, quando il 14 maggio 2017 travolgeva la nazionalista Marine Le Pen con il 66% dei voti insediandosi all’Eliseo, e immediatamente dopo conquistando una impressionante maggioranza parlamentare con il partito En Marche ovvia creatura emergenziale e improvvisata come il “Das”,di un estabilishement spaventato , ma manipolatore del conformismo delle masse euroatlantiste e lobotomizzate.

La cancellazione della patrimoniale che caratterizzava il fisco francese dal 1982 colpendo le famiglie più ricche unitamente alla solita  riforma contro i diritti dei  lavoratori, ha probabilmente e irrimediabilmente compromesso l’ipocrita autonarrazione “né destra né sinistra” confermando appunto che l’ Inno alla gioia beethoveniano ed europeista  le cui note lo accompagnarono sul cortile del Louvre la notte della vittoria è una marcia trionfale per l’eurocrazia mondialista e finanziaria, i cui interessi si fanno con appropriata retorica e gioco delle tre carte.

Se costituisca per noi più pericolo Frau Merkel in pensionamento programmato al 2021, o Monsieur  “retro-marche” Macron, proprio non so.

Antonio Martino

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