COME UN COLPO DI CANNONE 5PT: ALLA FACCIA DELL’INVIDIA, DANTE È IL VERO PADRE DELLA PATRIA CHE TUTTI VORREBBERO, MA È SOLO NOSTRO!
Fin da bambino ho imparato che “quando il gatto non può arrivare al lardo dice che è rancido”, così, se il Frankfurter Rundschau pubblica un articolo, di Arno Widmann, nel quale Dante Alighieri viene dipinto come un: superbo, plagiatore, arrivista; io, bellamente, me ne frego! Anche perché non è il primo ad essere irrispettoso nei confronti del Sommo Poeta e non sarà neanche l’ultimo.
Ad esempio, nel 1995, Brad Pitt, in una scena del film Seven, preso da uno scatto d’ira per non saper risolvere il caso mandò a quel paese Dante apostrofandolo come: << maledetto italiano del cazzo … frocio italiano di merda! >>
Boutade da Yankee dunque, che lascia, in definitiva, il tempo che trova, tanto, come diceva il Poeta: “fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
Una cosa però è certa, se uno scrittore del medioevo italiano, è, ancora oggi, capace di suscitare tante critiche e filiazioni più o meno ardite ed inadeguate, è perché, questo personaggio, al netto di tutte le possibili antipatie ed invidie di questo mondo, non ha solo una valenza culturale, se pur immensa, ma ha, anche e soprattutto, una connotazione politica ed ideologica.
Pochi infatti ricordano che Dante, appartenente sui generis alla fazione dei Guelfi Bianchi, è stato un politico molto impegnato durante il periodo della Repubblica oligarchica di Firenze e proprio per il proprio attivismo dovette subire, dall’anno 1302 fino alla propria morte, la pena dell’esilio.
Il Tribunale che lo giudicò il 10 marzo dello stesso anno non ci ha consegnato esattamente una bella immagine del Poeta, infatti: “Alighieri Dante è condannato per baratteria (dei pubblici incarichi), frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”.
Ma si sa, a quei tempi, le macchine del fango erano molto attive e se si voleva gettare discredito su una figura maschile scomoda bastava accusarla di sodomia, usura o pederastia, mentre, se la persona da colpire fosse stata una nobildonna, era sufficiente insinuare il dubbio che praticasse le arti magiche, e, in entrambi i casi, in men che non si dica, il gioco era fatto!
Ora, però – in virtù di quanto appena scritto e tralasciando, quindi, le indebite accuse rivolte all’Alighieri – noi, storici e cultori della materia, abbiamo la certezza, per prova scientifica, che Dante, più di Garibaldi, Mazzini e Cavour, è il vero Padre della Patria italiana:
- Suo infatti è stato il merito di aver elevato il volgare fiorentino a lingua dotta, e degna di un capolavoro qual’è la “Divina Commedia”, e quindi aver costituito le basi per il nostro idioma nazionale, vera e propria identità di un popolo intero.
Certo, come dirà 4 secoli dopo Antoine-Laurent de Lavoisier: << nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma >> e non ci sarebbe mai stata la nostra lingua se, prima di Dante, non ci fosse stata la “Scuola Siciliana” con i suoi Giacomo da Lentini, Pier delle Vigne, Cielo d’Alcamo e tanti altri.
Ma il Somma Poeta, a differenza di questi grandi, ha avuto la capacità di rendere veramente universale questo dialetto, lingua che, pochi sanno, oggi è la VII parlata nel mondo: circa 140 milioni di persone madrelingua che lo usano sia in Patria che all’estero, più altri 220 milioni di individui che, come seconda lingua, vi comunicano per affetti, affari, studio o piacere.
- Sua è stata la primigenia idea di riavvicinare il Papato all’Impero, cioè la civiltà cristiana alla civiltà romana, riconoscendo ad entrambi la qualità di padre e madre della nostra Italia, con ruoli, mai commisti, ma, sempre ben distinti.
Certo, il trono e l’altare ebbero altri figli; ma chi ereditò la casa paterna e materna fu solo l’Italia.
L’Alighieri vagheggiava la monarchia universale ma fu il primo a considerare Roma quale fulcro di una rinascenza.
- Sua fu la prima critica chiara e concisa, sulla situazione politica dell’epoca che vedeva l’Italia ridotta in schiavitù<< Ahi serva Italia, di dolore ostello,, dimora di sofferenza, nave alla deriva nel pieno della tempesta senza una guida, non più signora dei popoli, ma prostituta:
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello! >>
- Sua fu la dotta definizione di confine geografico/storico dell’Italia contestata delle popolazioni slave<< sì com’a Pola, presso del Carnaro:
ch’Italia chiude e suoi termini bagna … >>
Sua insomma fu il vaticinio della nostra Italia Moderna!
Il legame tra Dante e l’italianità è poi talmente forte che quando i Repubblichini di Salò valutarono l’idea di resistere all’avanzata Anglo/Americana, fino all’ultimo uomo, presso l’ormai famosa “Ridotta della Valtellina”, c’era chi, come Pavolini, progettava di trasferire in loco le ceneri di Dante, al fine di poter dare una degna morte agli ultimi fascisti, i quali, combattendo vicino al Sommo Poeta, avrebbero avuto l’onore di perire al fianco del primo vero italiano.
Ma, al di là di queste velleità belliche e guerrafondaie,l’Italia è, senza ombra di dubbio, una Nazione essenzialmente culturale: nacque prima la lingua, poi la letteratura e solo alcuni secoli dopo lo Stato; anche per questo l’Italia ha, uno Stato fragile, ma, un’identità profonda, un senso civico debole, ma, un carattere Nazionale radicato.
Nell’Annus horribilis 2020/21, poi, la dignità del nostro Paese risiede ancora oggi, più che mai, nella propria natura culturale: si studia l’italiano per ragioni culturali, si viene in Italia per ragioni culturali e per turismo d’arte o religioso, si considera l’Italia tre le grandi Nazioni del mondo per ragioni esclusivamente culturali e artistiche.
Perciò lasciamo pure gli altri blaterare di cose vacue ed inconsistenti tanto più che, mentre noi avevamo i Cesari, la stragrande maggioranza di costoro andava ancora a caccia di marmotte.
Dio, fortunatamente, ha dato in sorte, Dante, solo al nostro popolo, e quest’ultimo ha bisogno del Sommo Poeta allo stesso modo di come necessita del passato (Tradizione), del presente (Azione), del futuro (Progetto) e dell’eterno (Sacro).
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