AUGURI A CARLO VERDONE PER I SUOI PRIMI SETTANTA ANNI.ABBIAMO BISOGNO NON SOLO DELLE SUE STORIE MA ANCHE DEI SUOI COMPAGNI DI VIAGGIO.
Carlo Verdone sostiene che la pandemia, proprio non riesce a progettarla cinematograficamente, anche se qualcuno con Lockdown all’ italiana, prima che le sale del grande schermo fossero risprangate dalla dittatura sanitaria, ci era ironicamente quanto coraggiosamente riuscito sollevando infatti accuse di scorrettezza politica.
Ed è però significativo che Si vive una volta sola, l’ultima sua fatica di regista e attore, non riesca ad approdare alle sale, per il bando di marzo e poi quello di ottobre (doveva provarci a settembre, mese di qualche horror che ancora esce e delle pellicole più sfigate?). Perché il nostro Carlo vuole, ultimo romantico del cinema, uscire ostinatamente e fanaticamente in sala, anche, credo, facendo perdere soldi alla produzione. Bravo! Speriamo che ci regali ancora una lunga filmografia per farci sorridere, ma anche sanamente immalinconire.
Erede di Alberto Sordi, miracolato sulla strada di Cinecittà da Sergio Leone (che maestro…!) che insegna a un esordiente attore-regista notato in TV all’ esilarante Non stop i segreti della regia, nella sua opera prima Un sacco bello (1980); diretto da Alberto Sordi nell’ emblematico In viaggio con papà (1982); cameo di lusso nell’Oscar La grande bellezza (2013) di Paolo Sorrentino. E una straordinaria professionalità, umanità e spiritualità percepibile negli incontri col pubblico e nelle interviste confidenziali che gli ha fatto fare da trampolino di lancio a una massa incredibile di esordienti o emergenti, una specie di portafortuna per chi ci lavora assieme essendone diretto: Margherita Buy, Asia Argento, Nancy Brilli, Sergio Castellitto, Sergio Rubini,Silvio Muccino, Marco Giallini, Paolo Conticini….
E non ha certo disdegnato di lavorare con, e sempre dirigere, i già grandi quali ancora il mitico Sordi in Troppo forte (1986); Ornella Muti in Stasera a casa di Alice (1990); o Eleonora Giorgi nel suo probabile capolavoro Borotalco (1982), pellicola ospitante tra l’ altro (non l’ unica verdoniana) due veri e propri attori di culto del cinema italiano di serie B quali i purtroppo scomparsi Mario Brega (il tracotante, manesco e turpiloquente suocero droghiere) o Angelo Infanti (il mitomane fascinoso sedicente architetto Manuel Fantoni, uomo di mondo anche troppo, che ispira all’impacciato venditore di enciclopedie porta a porta Sergio Benvenuti la millanteria dell’imbarco su “cargo battente bandiera liberiana” ormai appartenente alla Storia).
Insomma, gli auguri de L’Ortis per i primi settanta anni di Carlo Verdone non stanno nel ricordare la fantastica serie di tipi italiani, che col passare dell’ età si sono fatti sempre più malinconici, e tendenti sia al fallimento umano e sentimentale che a quello sociale (uno fra tutti il recente L’abbiamo fatta grossa con Antonio Albanese) del 2016, quando non a un sordiano cinismo (Gallo cedrone del 1998): questo altri cento lo hanno giustamente già fatto. Bensì nel rendere omaggio all’ immensa fucina creativa, corale e da affresco popolare che il cinema verdoniano ha rappresentato, e speriamo continui a rappresentare.
A.Martino
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