NOVICHOK NON E’ UN NUOVO CIOCCOLATO FONDENTE O AL LATTE, MA UNA DELLE PIU’ GRANDI FAKE NEWS RUSSOFOBICHE DI UN SISTEMA BASATO SULLA MANIPOLAZIONE DELL’ OPINIONE PUBBLICA.

Riassumendo tutta la storia in termini pratici e sostanziali per i nostri lettori, torniamo sul caso Navalny.

Antefatto diretto: il disertore dei servizi segreti Sergej Skripal, che nel 2018 sviene su una panchina di Salisbury, in Inghilterra, assieme a sua figlia; anche dei passanti riportano danni a causa di una nube tossica. I due scompaiono praticamente dalla circolazione, i servizi segreti britannici li prendono sotto la loro ala (protettrice o tutt’ altro, non saprei), e il sistema euroatlantista emette il suo verdetto: tentata intossicazione mediante un veleno denominato Novichok, il che sarebbe secondo lor signori una specie di sigillo della Federazione Russa sul misfatto. I dati di fatto e chimico-batteriologici che portano a questa asserzione sono (ammesso che vi siano) rigorosamente inaccessibili quindi incontrovertibili, emanati da un non meglio specificato “laboratorio militare”.

Conseguenza: irrigidimento e inasprimento delle sanzioni antirusse, e riaffermazione dei sacri principi atlantisti proprio in un periodo di panico del Sistema quale la Brexit fresca di referendum.

Veniamo a questa tarda estate 2020: dall’ aeroporto di una grande città siberiana il blogger anticorruzione Alexej Navalny si imbarca per tornare a Mosca, dopo aver bevuto un thè in aeroporto. Ha in volo un gravissimo malore con esito comatoso, che induce il comandante del velivolo a invertire la rotta e riportarlo nel luogo di partenza, per cure immediate e intensive. Partono immediate le veline russofobiche e antiputiniane in tutto il mondo “democratico e liberale”: il processo per direttissima ha un verdetto immediato, cioè l’ ennesima dimostrazione della natura antidemocratica anzi tendenzialmente delinquenziale del regime moscovita, guarda caso proprio mentre in Bielorussia il governo cerca di tener duro dinanzi agli assalti della piazza manovrata da NATO e Polonia. L’ Orso russo diventa come al solito,  il pupazzo della fiera cui sparare per cinquanta centesimi a gommino, e persino un ministro degli esteri per caso come Giggino o bibitaro (copyright De Luca Vincenzo) alza voce e dito contro Putin e chiede chiarimenti.

Frau Merkel si offre capofila dell’operazione in due fasi: nella prima intima che il cocco di Soros venga immediatamente trasferito in Germania (di fatto finendo nella incontattabilità e non rintracciabilità), e la Russia, francamente con incredibile docilità, obbedisce. Nella seconda, “copiando e incollando” dalla ex premier britannica Theresa May, sentenzia che l’ avvelenamento è causato dall’ utilizzo del Novichok: laboratorio militare dixit.

A conferma della eccentricità dell’ esperienza del mandato del Presidente USA Donald Trump, bisogna notare che, come da posizione confermata in questi giorni, la Casa  Bianca non è affatto smaniosa di assecondare la Filarmonica berlinese, e neanche la NATO che ormai sempre più appare come una specie di sovrastato. In effetti, per una disamina razionale e serena, la narrazione euroatlantista fa acqua come lo sventurato Titanic.

Iniziamo dalla figura dello stesso povero Navalny, a cui auguriamo la guarigione e il ritorno a un’ attività politica trasparente e autonoma, affrancata dall’ ingombrante “Mamma Angela”: non è affatto il principale oppositore russo, ma di sicuro il più velenoso verso Putin e la sua nomenklatura, però leaders come quello dei comunisti e dei liberaldemocratici (estrema destra) hanno un seguito elettorale ben maggiore quanto indigesto a chi auspica un radicale cambio di regime a Mosca, in senso mondialista e sottomesso. E Navalny, uomo del vivaio di Yale e di Open Society, è il loro uomo a Mosca.

E’ mai possibile che il tanto temuto Putin disponga di manutengoli così spesso sfortunati e maldestri (si pensi anche all’ ex presidente ucraino sfigurato nei lineamenti)? Una semplice “scomparsa” in stile occidentale, come ne avvengono a centinaia, apparentemente inesplicabili ogni anno nelle nostre città, non sarebbe più sicura e semplice, in luogo di questi sistemi alla Lucrezia Borgia alle prime armi?

Non è sproporzionato in quanto il fatto esula chiaramente dalla sfera militare, e implica piuttosto un’ accanita ingerenza occidentale nelle cose interne russe, parlare di impiego di “armi chimiche”?

Come si fa a far dipendere l’ emarginazione di un Paese quale la Russia dal consesso internazionale per rapporti di “laboratori militari” forse in realtà inesistenti, basati semplicemente sulla presunta autorità morale di leaders nei quali, per quanto ci riguarda, non nutriamo alcuna fiducia interiore? Essi infatti, non solo ci hanno posto in arresti domiciliari per una pandemia le cui vere origini sono tuttora ignote; non solo tramite l’ Unione europea ci impongono le modalità finanziarie con cui cercare di sopravvivere; ma hanno tutta l’ aria di far pagare a Putin, anche, l’ essere per primo arrivato a una vaccino di cui essi non sanno che fare, dato che proviene dalla “parte sbagliata” e non porta lucro a chi di dovere.

Ovviamente, non pensiamo proprio che il povero Navalny abbia tentato il suicidio. Ma la realtà nel mondo dei servizi segreti è contorta, oscura, contraddittoria, dominata da guerre tra bande a volte persino trasversali, punizioni per inefficienze. Ian Fleming, padre letterario di 007, fu davvero agente segreto: seppe mescolare realtà e finzione, e non riesce a distinguerle se non qualche addetto ai lavori.

Insomma, si continua la tradizione della grottesca “fiala di antrace” esibita da Colin Powel in piena assemblea delle Nazioni Unite contro un Saddam probabilmente ignaro dell’ esistenza di tale sostanza alla pari del sottoscritto. Troppo spesso come qui, è la fonte a determinare la fake news, non la narrazione più o meno assurda e menzognera.

A.Martino  

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