STEVE BANNON ATTACCATO DAI GIUDICI DI NEW YORK. ROBA DA ELEZIONI PRESIDENZIALI: NEGLI USA SEMBRANO COPIARCI LA GIUSTIZIA A OROLOGERIA.
Guarda cosa diceva nel 2016, prima della vittoria elettorale di Donald Trump, di cui fu consigliere ideologo, e indubbiamente tra gli artefici della vittoria elettorale nel 2016.
“ Sono un leninista. Lenin voleva distruggere lo Stato, io lo stesso. Voglio demolire l’‘establishment attuale”.
Infatti, vi furono proteste preventive già da prima dell’ insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca quando trapelò che sarebbe stato “capo stratega” presidenziale (una carica roboante, dal sapore militare). E’ un fascista, un razzista, uno del klan, si disse: si tirarono persino in ballo gli antefatti burrascosi del passato matrimonio perché il quadretto “cattivista” fosse completo; misogino, violento, ecc. E nell’aprile del 2017, dopo circa tre mesi appena, l’ideologo e spin doctor abbandonò la Casa Bianca: finiva ben presto il sogno “radicale” di Trump, ma le idee, come ben sappiamo, in fondo non muoiono mai, figuriamoci nel caso in cui Trump, già contro le aspettative, il suo primo mandato è ormai riuscito, bene o male, che piaccia o no, a finirlo.
Steve Bannon è di sicuro il massimo esponente intellettuale internazionalmente noto della Destra americana: non quella che gioca a fare la tale nel più grande gioco delle parti tra democratici e repubblicani o una “destra democratica” come si dice dalle parti nostre, ma una destra che addirittura legge Julius Evola o Ernst Juenger; insomma roba nemmeno tanto sulfurea (almeno per le mie immense aperture intellettuali a destra) anche se in fondo e soprattutto, incomprensibile nella terra del Pensiero Unico o dell’ideologia LGBT, i cui testi sacri sono le interviste a Jennifer Lopez o Brad Pitt (bignamini ultraspicci). Ha tentato di sbarcare anche in Italia con una scuola di formazione prontamente bloccata da “burocrazia a orologeria” e proteste bellaciao.
Attenzione però ai facili innamoramenti, dato che Steve Bannon non ha nulla dell’ aristocratico distacco del nostro “barone nero” né ha alcuna intenzione di “passare al bosco” come il tedesco autore de “In tempeste d’acciaio”: è direttore esecutivo di Breitbart news, ed ha addirittura una esperienza di banchiere d’ investimento. Da questo punto di vista, è davvero un autentico americano anglosassone.
Il sottofondo imperialista americano ovviamente non ci entusiasma, e crea grosse perplessità la velocità nel pagare la cauzione di cinque milioni di dollari come la sua presenza, al momento dell’ arresto, sullo yacht di un magnate cinese che pur si qualifica “dissidente”. E’ assurdo presentare Trump come l’alfiere dello Spirito contro l’ ateismo, il mondialismo, il deep state (qui ha un po’ più senso); un intellettuale come Bannon lo sa meglio di tutti noi, ma questo è il “materiale umano” che gli si concede. E’ anche vero che il livello ormai serio della dittatura del Pensiero Unico mondialista politicamente corretto con tanto di incenso bergogliano e cornice sanitaria ci fa preferire immensamente Bannon a tutta quella brodaglia lobotomizzante, e che non osiamo pensare a quale pressione, anche legale e repressiva, si scatenerà sul nostro mondo e dintorni, con Biden e quella femminista designata a vice alla Casa Bianca.
Ma su cosa Steve Bannon si è attirato il “blitz” della magistratura newyorkese, che se consideriamo anche la grana delle dichiarazioni fiscali di Trump, sembra nulla aver da invidiare alla nostra in tema di “giustizia a orologeria”, anzi forse ispirarvisi? E chi si trova in essa, a livello di pubblica accusa?
Indubbiamente, l’ imputazione contro il guru della scorrettezza politica “colpisce al cuore” la piattaforma programmatica di The Donald, cui persino l’ intercettazione di una sorella velenosa guasta la Convention: riguarda il muro col Messico, peraltro avviato già da Bill Clinton, il cui prolungamento e inspessimento tecnologico è dalla campagna del 2016 una vera e propria bandiera dell’ antiimmigrazionismo trumpiano. Dato che tutto dipende dall’ approvazione parlamentare dei fondi da utilizzare, e che alla Camera la maggioranza era diventata democratica, Bannon e altri hanno avuto l’ idea di una raccolta di fondi privata, da cui peraltro Trump ha sempre preso le distanze. Ebbene, Bannon è accusato di frode dato che parte non irrilevante di quei fondi sarebbe finita, secondo l’ accusa, nelle sue tasche.
L’ improbabile Lenin di Wall Street respinge con sdegno l’ accusa derubricandola a persecuzione politica. Può sembrare comodo e ovvio “ribaltare la frittata” così, ma certo, la magistratura penale newyorkese pare una fossa di serpenti per un libero pensatore (oggi questo è, un uomo di destra…).
Innanzitutto il procuratore distrettuale di Manhattan è Cyrus Vance Jr, figlio del segretario di stato del presidente Jimmy Carter, il democratico becchino politico dello Scià di Persia, sotto il quale l’ America visse paradossalmente il più grave smacco dopo il Vietnam: il sequestro, per mesi, del personale dell’ambasciata a Teheran da parte dei rivoluzionari islamici. E poi, uno dei soci di Bannon nella suddetta società di raccolta fondi “ We Build the Wall” è quel Timothy Shea che non solo era in odore di essere nominato amministratore ad interim della potente DEA (l’ agenzia per la lotta al traffico di droga), ma che da procuratore distrettuale ritirò le accuse del Dipartimento di Giustizia contro l’ ex consigliere di Trump, Michal Flynn; così disturbando non poco i tentativi democratici di messa in stato di accusa del tycoon.
E concludiamo facendo presente solo, tra i tanti altri indizi di “giustizia a orologeria”, che l’ accusatrice di Bannon, la procuratrice distrettuale per New York sud Audrey Strauss da sempre democratica, non è assolutamente nuova a procedimenti direttamente o indirettamente anti Trump.
Insomma: vantiamo eccellenze di tipicità non solo gastronomiche o di design ecc., ma anche a quanto pare penalistiche; a quando una tutela dell’ inventiva italiana, copiataci nel mondo, anche nel campo giudiziario nella specie del prodotto “giustizia a orologeria”?
A.Martino
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