CON LA STORICA CHAT DI LUCA PALAMARA, FINISCE IL MITO DELLA SUPERIORITA’ MORALE DEL GIUSTIZIALISMO
Il problema non sono gli insulti a Matteo Salvini che il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede non ha (nemmeno quelli!), intervistato da Bruno Vespa, chiaramente condannato; il problema non è neanche la certificata animosità della magistratura (e va bene, di una sua parte, ok?) verso tutta una famiglia politica e di opinione che è quanto meno equivalente al 50 % della opinione pubblica nazionale (si può ancora usare l’ aggettivo?). Il problema non è la volgarità delle comunicazioni tra persone appartenenti a una casta che da quasi un terzo di secolo ormai si arroga il ruolo di maestri col dito perennemente alzato solo perché hanno superato un concorso pubblico (magari con la solita raccomandazione), presunta elite della “societa civile e per bene”; definire “merda” un parlamentare e ministro ha tracce di senso delle istituzioni forse solo per qualche sardina o pasdaran dell’ ANPI.
Tutto ciò non è un problema, perché l’ unico scandalo in questo è soltanto che si mette nero su bianco, esattamente su un campo di scrittura Whatsapp, quello che questa gente (tutta questa gente) si dice non solo su Matteo Salvini, ma su Giorgia Meloni, su Silvio Berlusconi almeno fino al mezzo golpe del 2011,su qualunque esponente parlamentare e non che professi idee o ponga in essere atti non conformi o non omologati dal Pensiero Unico euroatlantista di cui la loro casta e corporazione è in Italia uno dei più saldi baluardi e garanti. Anche se questo regime è ormai scivolato verso il tecnosanitarismo, e il ruolo del giudice è in progressiva eclisse a favore dell “esperto”.
Il problema davvero grosso è che per loro, se si deve attaccare “il nemico”, lo si fa a prescindere dalla correttezza giuridica del suo operato. Ora, che si arrivasse a questo, è una enormità persino per me che, anche se ho sempre ritenuto ideologicamente e politicamente sbilanciato l’ operato della magistratura, mi illudevo che essa si muovesse quanto meno in presenza di un fumus boni iuris magari tendenziosamente ingigantito; insomma, che per finire nelle malaugurate attenzioni di lor signori, qualche passo falso dovevi pur farlo. Invece no! Guarda che scambio di opinioni tra Luca Palamara, e un suo collega il quale osserva : ”Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento”. In fondo alla chat Whatsapp la comprensibile e sensata raccomandazione di non diffondere tale testo. La risposta di Palamara non si fa attendere, e non pecca certo di coerenza: ”Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”. Ma i dubbi del collega persistono: ”tutti pensano” che abbia ”fatto benissimo a bloccare i migranti”. E non basta: ”Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili”.
Insomma: le leggi ci sono, come è normale e naturale che ci siano, ma gli addetti ai lavori della loro applicazione giurisdizionale le usano strumentalmente contro i loro “nemici”: che essi ritengano tali, anche se codesti preferirebbero non averci assolutamente a che fare. Anche se qualcuno come lo spavaldo Matteo Renzi col suo “brr…che spavento”, o Silvio Berlusconi con le sue ossessive tirate sulle “toghe rosse”, se la va a cercare.
E vi è un corollario forse e persino più inquietante: se un magistrato la pensa così, chi ci garantisce che non scatti un “soccorso togato” verso “amici” o chi comunque si trova “dalla parte giusta”, quando realmente i suoi comportamenti andrebbero esaminati e perseguiti?
A onor del vero, da questa chat risulta anche che ci sono dei magistrati intellettualmente onesti, ma non hanno almeno finora, sufficienti forza (e interesse) per invertire questa drammatica tendenza.
Circa poi le scuse di Luca Palamara verso Matteo Salvini perché le frasi della chat non “corrispondono al suo pensiero”, beh, a questo punto avrebbe fatto meglio a non presentarle.
Per quanto mi riguarda, dopo la sospensione di ogni libertà costituzionale a suon di DPCM è ormai ridicola ogni retorica sulla “democrazia liberale ed occidentale”; e dopo che “il re è nudo” grazie a Whatsapp, per favore, non vengano più a parlarmi di “legge uguale per tutti” e di “stato di diritto”.
A.Martino
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