CLAMOROSA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA SULLA BCE : MA E’ UNA BOLLA DI SAPONE, RECUPERARE MONETA E SOVRANITA’ DIPENDE SOLO DAL POPOLO ITALIANO
Bundesverfassungsgericht : no, non è un trattato filosofico di Immanuel Kant, o di qualche altro filosofo tedesco, di quelli ostici agli stessi accademici. E’ la Corte costituzionale federale di Germania.
La quale, in questi giorni, ha dato novanta giorni di tempo alla BCE per decidere del destino della medesima, e quindi della moneta che, ci piaccia o no, è da circa venti anni ormai, nelle nostre tasche. Noi de L’ Ortis, poi, la detestiamo cordialmente ritenendo che, spogliandoci della nostra sovranità monetaria con una leggerezza oscena, e con esiti economicamente paragonabili a una guerra persa, non si sia fatto altro che acquisire un marco tedesco camuffato e ridenominato.
Opzioni basilari di politica monetaria quali svalutazione, inflazione, aumento della massa monetaria mediante autonome emissioni di titoli di debito o semplice conio e stampa di moneta, sono per noi delle chimere, dei ricordi del tempo che fu suscitanti nostalgia inconfessata anche nel più euromane come un Gualtieri. E guarda un po’, la sede della Banca centrale europea si trova a Francoforte, cuore finanziario della Germania.
L’ affare però, inizia a essere non tanto redditizio per la Germania. Infatti nel 2011 Mario Draghi allora presidente della BCE, pronunciò l’ ormai storico discorso del what ever it takes , per spiegare che l’ euro sarebbe stato difeso “costi quel che costi”. Fu la premessa politica del cosiddetto quantitative easing, ovvero l’ acquistare sul mercato secondario dal 2015, ingenti quantità di titoli del debito pubblico dei paesi in difficoltà (tra cui l’ Italia) e così calmierare il prezzo degli stessi, che altrimenti, crisi dopo crisi (compresa quella di enormi proporzioni dell’ attuale pandemia), precipiterebbe fino a renderli titoli-spazzatura. E determinando parallelamente l’ impennarsi dei rendimenti o interessi che i loro ministeri finanziari devono pagare agli acquirenti, ovvero finanziatori del loro debito. Un modo per evitare che i nostri titoli di debito pubblico in euro siano in balia della speculazione, soprattutto peraltro delle banche tedesche. Comunque sia, questa condivisione del debito, il quale significativamente nella lingua del sommo Goethe si chiama Schuld ed è sinonimo di colpa, è stata sempre sulle scatole ai tedeschi e ai loro “legionari stranieri” nordici, quali olandesi e finlandesi.
E si è arrivati al cinque maggio 2020, in cui, con una sentenza sulla legittimità o meno dell’ operazione suddetta con i soldi in gran parte tedeschi (traduciamo il tutto nei termini più elementari), la suprema corte germanica con sede nella ridente Karlsruhe, ha dato tempo alla BCE di spiegarle meglio il tutto entro e non oltre novanta giorni (detta alla giuridichese). Insomma: qualora lor signori dovessero ritenere che la mega operazione sul mercato dei titoli di stato da cui in sostanza dipende la sopravvivenza della “moneta unica” sia per la Bundesbank (la banca centrale tedesca) una specie di pozzo di San Patrizio a fondo perduto, richiamerebbe la suddetta banca centrale tedesca stessa al rispetto delle sue decisioni, e a disattendere gli ordini della BCE.
L’ operato della BCE sarebbe certificato, per quanto riguarda la Germania, quale ultra vires (i giudici tedeschi usano proprio elegantemente queste due parole latine) checché ne dicano in Corte di Giustizia europea; cioè debordante dal proprio mandato. Ed è difficile immaginare a questo punto, la sopravvivenza del quantitative easing con le inevitabili, esiziali, conseguenze su tutta l’impalcatura europea. O se proprio ci si tiene a questa cavolo di Unione (forse è una bestemmia, la CEI mi perdoni), pregasi attingere dal risparmio privato mediante patrimoniale.
Con buona pace della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale, dell’autonomia assoluta della BCE, della parola definitiva della Corte di giustiza europea ecc : ovviamente tutte bestemmie per ogni euromane, anche tedesco interessato o meno. Forse un giorno il popolo tedesco dovrà “scusarsi anche per questa vergogna”.
Insomma, non solo la sopravvivenza dell’euro ma della UE stessa, è appesa a quanto si deciderà a Karlsruhe. Ovviamente e purtroppo, se da parte italiana ci si prodiga nel far finta di nulla, o magari nel definire la pronuncia cattiva e ingiusta perché osa affermare la centralità dell’interesse nazionale rispetto alle statuizioni di tutti questi organismi beatamente e sovranamente non sia sa bene se “internazionali” o “sovranazionali”, altrove come in Francia si ostenta più preoccupazione. D’ altronde, il titolare del MEF Roberto Gualtieri non è uno stupido anche se euromane senza speranza di recupero, e quando dice che “ la sentenza non avrà alcuna conseguenza pratica”, che basterà in sostanza una chiacchierata o una letterina della BCE con gli agguerritissimi magistrati tedeschi per sistemare tutto, chiaramente fa solo propaganda europeista.
Infatti, dalle parti nostre lo stesso Enrico Letta afferma su Twitter che “ loro decidono per loro stessi, ma siccome come finanze pubbliche son più credibili di noi, se si ritirano da azioni BCE che aiutano soprattutto noi, son guai per noi”.
Mi sembra comunque che il principale danno (o beneficio, secondo il nostro punto di vista) della pronuncia dei magistrati di Karlsruhe sia di natura prettamente giuridica, cioè che non è affatto detto e scritto che la Corte europea di giustizia sia l’ ultima istanza di giudizio, così decretando la prevalenza della normativa europea su quella nazionale, di qualunque livello e di qualunque grado di giudizio. In Italia, dove l’ integralismo europeista è una specie di religione, questo resterà, con governi del genere, lettera morta. Oltetutto, da noi la Corte costituzionale preferisce “non disturbare” creando diritto in temi “etici” vale a dire roba LGBT ed eutanasia (luoghi comuni da Pensiero Unico dove tutti son d’ accordo e anche se non lo sono si adeguano preti compresi).
Non credo proprio però che Karlsruhe andrà fino in fondo, il tutto si sgonfierà come una bolla di sapone “entro e non oltre”: il suo presidente Andreas Vosskuhle è prossimo alla fine del mandato, e questa sentenza così storica è un canto del cigno intellettuale.
E leggete che dice il “falco senior”, il potente presidente del Bundestag Wolfgang Scahaeuble ex ministro delle Finanze : “ Può succedere che in altri Paesi membri dell’Ue venga messa in discussione l’esistenza dell’euro, perché ogni Corte costituzionale nazionale può giudicare per sé“, ha spiegato Schaeuble, per poi aggiungere: “E’ noto che in passato non sono sempre stato d’accordo con certe decisioni della Bce”, però adesso “bisogna fare tutto quello che è politicamente possibile per rafforzare l’Europa”.
Insomma, qualche parolina nell’ orecchio, qualche promessa personale, qualche richiamo al destino dell’Europa “casa comune” in riservatissimi conciliaboli e tutto si risolverà. Sia perché la Germania non è l’ Italia dove, prima della dittatura tecnosanitaria e della scarcerazione dei boss mafiosi, l’ ultima parola negli equilibri politici era della magistratura fin da Mani pulite; sia perché per l’ eurocrazia, solo il “Mercato” può decidere in materia.
Certo, gli economisti sull’ altra sponda dell’ Atlantico vaticinano da anni il collasso della moneta unica e l’ alzarsi della Germania dal tavolo con le fiches tra le mani, la Francia esterrefatta, e l’ Italia “sedotta e abbandonata”. Ma non è questo il modo, né il momento. Anche se questa pronuncia di altissimo livello giurisdizionale ed istituzionale è un sintomo abbastanza eclatante del particolarissimo euroscetticismo tedesco.
Sarebbe meglio non rimanere con il cerino in mano, e che all’ uscita dall’ Unione europea o almeno dall’ euro, si arrivasse con la grande, pacifica mobilitazione indipendentista che noi auspichiamo, e continueremo a fare finché ne avremo la forza.
A.Martino
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