IL GOVERNO DELL’EUROPA E DELLA NATO, MEGLIO CONOSCIUTO COME GIALLO-ROSSO.

Alcune delle argomentazioni più diffuse da parte dei sostenitori e laudatori del governo giallo-rosso (o giallo-fucsia per dirla con Diego Fusaro) è che “l’Europa adesso ci vuole bene”, che il muro contro muro contro tale quasi metafisica entità che altro non vorrebbe che il nostro bene, pace, amore ecc. , non ha portato a nulla, che Matteo Salvini ha chiuso i porti all’ invasione e sostituzione etnica e per punizione“siamo stati lasciati soli nella gestione dell’immigrazione”, ecc.

Argomenti sconcertanti, di profonda sostanziale disonestà politica che confonde (argomentazione classica di disfattisti e traditori) la battaglia persa con la sua pretesa erroneità, che però ci costringono a dichiarare qui (confermando con forza quanto detto già), e assumendocene la responsabilità intellettuale e politica, che la Sinistra italiana (ma anche gran parte dei cosiddetti moderati del cosiddetto centro-destra), le cosiddette presunte elites, il cosiddetto estabilishement con tutta la sua macchina lobotomizzante della manipolazione universale a reti unificate, altro non sono che la potentissima Quinta Colonna del mondialismo finanziario che un tempo si chiamava Massoneria, e in questo momento per noi si chiama, anche e soprattutto, Europa.  Da questo punto di vista, la Ruspa salviniana non poteva non andare a sbattere contro il Leviatano, lo Squalo bianco, il mostruoso coccodrillo di acqua salata.

 Questo è il governo fantoccio di uno stato fantoccio. E questa non è un’affermazione ingenerosa se non peggio, è una banale constatazione storica. Primissimo atto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio è stato, ammesso che ve ne fosse bisogno, assicurare “lealtà” a NATO e UE : una specie di giuramento integrativo.

Traditori e sostenitori di un governo fantoccio furono pure, oggettivamente, quei patrioti come Gabriele Pepe, pur valorosissimo uomo d’armi e paladino dell’italianità per il mitico duello col poeta Lamartine che aveva definito l’ Italia “terra di morti”. Nel pieno centro di Campobasso, nella sua terra molisana, campeggia una sua bella statua, ma come definire diversamente un uomo che presta giuramento di fedeltà a un legittimo sovrano, dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 passa addirittura all’esercito francese tra l’altro combattendo contro il popolo spagnolo ribelle verso Napoleone, si riarruola nell’esercito borbonico e per due volte (nel 1820 e nel 1848) ancora tradisce?

E che dire di Casa Savoia e del maresciallo d’italia Pietro Badoglio, che tra le tante cose dell’otto settembre, ordinano all’intera flotta italiana di consegnarsi all’ (ex) nemico con tanto di magnifiche corazzate e sciame di sommergibili a mezzo di un banale ordine di servizio, tra l’altro condannando alla vendetta tedesca centinaia di ragazzi della “Roma”? Che in quella giornata finisce la potenza navale (e militare) italiana seppur già molto incrinata, o no?

E’ chiaro che il generale Gabriele Pepe, fino a che il cognato del Bonaparte fu sul trono napoletano, potesse affermare che quello era un governo senza problemi con la Francia; è chiaro che re “sciaboletta” potesse vantarsi di aver dato un contributo determinante alla “pace”.   

Questo governo succube dell’ Europa e della NATO cioè degli Stati Uniti d’ America secondo i desideri del Presidente del momento nasce sulla base di tutta una macchinazione di telefonate tra Bruxelles, Berlino, Parigi ed una ex reggia del papa-re; sulla manipolazione dello spread e della compravendita dei titoli di stato più significativi con enormi masse di capitale. Per far cadere Berlusconi nel 2011 vendevano, ora per convincere che i mercati brindavano al passo falso di Salvini, hanno comprato. Se il governo giallo-rosso dovesse entrare in fibrillazione venderanno per dimostrare che i mercati saranno terrorizzati dall’ “incubo del ritorno dei sovranisti”. Tutto il rituale delle consultazioni e dei dilemmi di coscienza di chi porta il fantomatico fardello delle grandi responsabilità è stato solo una grottesca farsa, un affannoso e cinico aggrapparsi di una casta euroatlantista, antipopolare, antinazionale, all’enorme errore strategico di un leader in fondo ingenuo e candido, che credeva in una sostanziale, residua, indipendenza di questo sistema.

Ma i Saviano o i Lerner o le Boldrini non erano i combattenti di una battaglia di retroguardia patetici come gli ubriaconi che si ostinano, non ascoltati, a sbraitare sulla pubblica piazza; erano semplicemente il megafono, il ventriloquo  del  Sistema ipocritamente e apparentemente sottomesso alle regole della democrazia elettiva, pronto come certi serpenti mimetizzati a mordere il polpaccio di qualche incauto.

Ma la Merkel o la cara Ursula, o l’alticcio lussemburghese o il megalomane francese che mi ricorda vagamente il Norman Bates di Psycho, non erano petulanti e intriganti stranieri autori di “letterine”: erano e sono e stando così le cose sempre più saranno i veri padroni dell’Italia, per sfidare i quali occorre, tattica, strategia, piani segreti, manovre diversive, bluffs, colpi di scena; le frecciate, le ironie, le provocazioni, non servono a nulla se non a far perdere slancio e credibilità alla battaglia nazionale.

Il sovranismo chiacchierone e propagandistico alla “vogliamo cambiare questa Europa” è finito. Inizi la lotta per l’indipendenza italiana.

A.Martino   

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