A MONACO VANCE GLIELE HA CANTATE MANCO FOSSE A SANREMO, MA I NOSTRI LEADER SONO TROPPO STORDITI PER CAPIRLO.
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Francamente, mi viene da ridere a crepapelle nel vedere i leader europei reagire come pugili storditi di fronte ai decreti d’urgenza di Trump e alle dichiarazioni del suo entourage. Eppure, io, da umile cittadino residente in un angolo sperduto di questo grande impero, avevo già capito tutto, come dimostrano i miei numerosi articoli pubblicati finora e il mio libro “Uscire dall’Unione Europea. Opportunità vs Pregiudizi“, edito da Armando Editore. Nel frattempo, questi frequentatori incalliti dei salotti che contano, circondati da un’infinità di consulenti strapagati, non hanno capito nulla.
A questo punto, le possibilità sono due: o sono un genio io, oppure loro sono in malafede. Ma siccome la verità sta sempre nel mezzo, la spiegazione più plausibile è che costoro, vivendo esclusivamente di politica e rinchiudendosi in bolle completamente scollegate dal Paese reale, abbiano finito per credere alle stesse frottole che raccontavano ai loro elettori.
E allora, la strigliata del Vicepresidente statunitense JD Vance alla leadership del Vecchio Continente, pronunciata a Monaco, è più che meritata. Nello specifico, ha dichiarato:
“La minaccia che più mi preoccupa nei confronti dell’Europa non è la Russia, non è la Cina e non proviene da nessun altro attore esterno. Ciò che mi preoccupa è la minaccia dall’interno: la ritirata dell’Europa da alcuni dei suoi valori più fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti d’America. Ora, mi ha colpito che un ex commissario europeo sia andato in televisione di recente e si sia mostrato compiaciuto del fatto che il governo rumeno avesse appena annullato un’intera elezione. Ha avvertito che, se le cose non andranno secondo i piani, la stessa cosa potrebbe accadere anche in Germania. Queste dichiarazioni sprezzanti sono scioccanti per le orecchie americane. Per quanto ne so, la tesi era che la disinformazione russa avesse infettato le elezioni rumene, ma vorrei chiedere ai miei amici europei di avere un po’ di prospettiva. Potete credere che sia sbagliato che la Russia acquisti pubblicità sui social media per influenzare le vostre elezioni? Noi certamente lo pensiamo. Si può anche condannare ciò sulla scena mondiale. Ma se la vostra democrazia può essere distrutta con poche centinaia di migliaia di dollari di pubblicità digitale da un Paese straniero, allora bisogna ammettere che non era molto forte fin dall’inizio. (…) Amici miei, devo ammettere che, a volte, le voci più forti a favore della censura non sono venute dall’Europa, ma dal mio stesso Paese, dove l’amministrazione precedente ha minacciato e intimidito le società di social media affinché censurassero la cosiddetta disinformazione. Disinformazione come, ad esempio, l’idea che il coronavirus fosse stato probabilmente diffuso da un laboratorio in Cina. Il nostro governo ha incoraggiato le aziende private a mettere a tacere le persone che hanno osato pronunciare quella che si è poi rivelata essere una verità ovvia. Quindi oggi vengo qui non solo con un’osservazione, ma con un’offerta: proprio come l’amministrazione Biden sembrava disperata nel voler mettere a tacere le persone che esprimono le proprie opinioni, così l’amministrazione Trump farà esattamente il contrario. Credo davvero che permettere ai nostri cittadini di dire ciò che pensano li renderà ancora più forti. Il che, naturalmente, ci riporta a Monaco, dove gli organizzatori di questa stessa conferenza hanno vietato ai legislatori che rappresentano i partiti populisti – sia di sinistra che di destra – di partecipare a queste conversazioni. (…) Non dobbiamo essere d’accordo con tutto ciò che viene detto, ma quando i leader politici rappresentano un’importante comunità, è nostro dovere almeno partecipare al dialogo con loro. Per molti di noi dall’altra parte dell’Atlantico, sembra sempre più che si tratti di vecchi interessi radicati, nascosti dietro brutte parole dell’era sovietica come disinformazione e misinformazione. (…) La Guerra Fredda ha visto contrapporsi i difensori della democrazia e le forze tiranniche. Ora, considerate la parte in quella lotta che censurava i dissidenti, chiudeva le chiese e annullava le elezioni. Erano i buoni? Certamente no. (…) La libertà di pensare, di sorprendere, di sbagliare, di innovare, di costruire: queste cose non si possono imporre. Così come non si può costringere le persone a credere a qualcosa. Crediamo che queste cose siano collegate (…) e dobbiamo fare di più che parlare dei nostri valori democratici. Dobbiamo viverli!”
Ma Vance non ha solo tenuto una lezione su cosa sia realmente la democrazia, ha anche evidenziato come, ad esempio in Italia, essa venga quotidianamente calpestata ogni qualvolta si pretenda un ‘certificato’ o una prova del proprio antifascismo militante, o si impedisca agli altri di manifestare le proprie convinzioni politiche anche simbolicamente, come accaduto nella commemorazione di Acca Larentia.
Il Vicepresidente ha toccato anche temi più profondi, come i valori cristiani e la difesa della vita.
Ha citato l’esempio di Adam Smith Connor, fisioterapista britannico e veterano dell’esercito, accusato del “crimine” di essersi fermato per tre minuti a pregare in silenzio vicino a una clinica per aborti. Non ha ostacolato nessuno, non ha interagito con nessuno. Tuttavia, la polizia britannica lo ha interrogato e multato per aver infranto la legge sulle “zone cuscinetto”.
Questo episodio dimostra quanto l’Europa si sia allontanata dai valori che dice di difendere, abbracciando una deriva laicista e gender, che non solo vuole mettere a tacere le voci antiabortiste, ma anche sdoganare l’eutanasia.
In quest’ottica, la visione della vita dei russi è molto più simile a quella dell’attuale amministrazione Trump di quanto non lo sia la stessa Meloni che, ad esempio, rispetto alla risoluzione del conflitto in Ucraina, si sta ponendo in maniera diametralmente opposta al suo amico Musk, perché non è capace di elaborare una visione che si discosti da quella prospettatale da Biden: disfatta della Russia; ricostruzione del Paese ad opera dei principali partner europei; enormi commesse militari da parte di Kiev per i prossimi 40 anni; accesso alle terre rare.
Invece qui siamo ad un punto di svolta: come accaduto a Monaco nel 1938 e a Yalta nel 1945, che piaccia o no, saranno solo le potenze principali a decidere del proprio destino e di quello altrui.
Ecco perché l’affanno di Zelensky, che cerca disperatamente di essere incluso nei negoziati, o il ridicolo questuare per “le sette Chiese” di Macron, alla ricerca disperata della cosiddetta “arma segreta” che gli consenta di salvare il fragile castello di carte che la Francia si è costruita in questi ultimi settant’anni, non sono solo patetici, ma anche irrilevanti.
Ho sempre saputo che l’UE non fosse altro che un “accrocchio” per tutelare gli interessi franco-tedeschi e, ora che questa garrotta è stata spezzata, prima dall’intervento russo in Ucraina e poi dalle politiche trumpiane, dovremmo esserne felici. Eppure, come moderni Eumaios, bramiamo ancora la schiavitù. O meglio: è la nostra classe dirigente a voler essere mantenuta in cattività dai vecchi padroni, perché per loro il “pastone” è abbondante.
Ma la loro condanna è già stata scritta. È stata pronunciata a Monaco. Solo che loro, ancora, non l’hanno capito.
Lorenzo Valloreja
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