BASOVIZZA PROFANATA E GORIZIA MUTILATA: ESISTE ANCORA UNA COSCIENZA NAZIONALE?
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Ciò che è accaduto giorni fa alla Foiba di Basovizza – dove il piazzale di fronte al Monumento Nazionale, che ricorda gli italiani uccisi in maniera barbara dai titini a partire dal tragico 8 settembre 1943 fino al 1947, è stato vandalizzato con scritte in sloveno inneggianti al fatto che Trieste “è un pozzo”, “Trieste è nostra!” e “Morte al fascismo, libertà al popolo” – non è grave solo per le famiglie dei profughi giuliani, istriani e dalmati, né per le sole vittime di quei terribili eccidi, ma è anche un’offesa per l’intera Italia e per chiunque abbia un minimo di senso patriottico.
Infatti,
il processo di unificazione
nazionale, mai del tutto concluso durante il periodo risorgimentale,
è stato ulteriormente mutilato e offeso a seguito della tremenda sconfitta
nella Seconda guerra
mondiale. Come diceva il sommo
Dante: “Sì
com’a Pola presso del Carnaro
ch’Italia chiude e i suoi
termini bagna”, le terre a est del Monte Sabotino, oggi slovene e croate, in
realtà sono e saranno sempre italiane, in quanto cinque secoli di dominazione e
cultura veneziana non possono essere cancellati, neanche
attraverso l’epurazione
e il genocidio.
Ma se delle bestie si sentono in dovere di scrivere simili scempiaggini, la colpa non è loro, quanto nostra, che non siamo in grado non dico di onorare la nostra memoria, ma nemmeno di conoscerla.
Il capo dei Galli, Brenno, dopo aver sconfitto i Romani e saccheggiato Roma, disse: “Vae victis!” (Guai ai vinti!),
e da allora si sa che chi perde le guerre deve sempre pagare un prezzo ai vincitori e lo deve fare in silenzio, anche se questo non è giusto. Altra cosa è però abbassare la testa quando questo non è richiesto né per condizione, né per necessità.
E a mio parere è proprio in questo contesto che anche le nostre istituzioni ci hanno messo del loro, nel recente passato e nel presente, umiliando l’onore dei nostri antenati e la sacralità dei confini patrii.
Dunque, come considerare il Trattato di Osimo del 1975, che riconosceva gli attuali confini orientali dell’Italia?
Come giudicare la condotta dell’ultimo Governo Andreotti, che nel 1991, allorché lo Stato jugoslavo si era dissolto con la Guerra Civile, nulla fece per avocare a sé i vecchi possedimenti, mentre la Germania riunificava la sua vecchia capitale?
Che giustificazione dare poi a tutti gli altri Esecutivi succedutisi fino al 2013, che avrebbero potuto sfruttare il desiderio della Slovenia prima e della Croazia poi di entrare nell’UE, per chiedere il riottenimento delle terre perse, a fronte della garanzia di non opporre alcun veto al loro ingresso in Europa?
Ed infine, quale mente irriconoscente e malata ha mai potuto partorire ed accettare, nel 2019, l’idea di far concorrere insieme le città di Gorizia (Italia) e Nova Gorica (Slovenia) come Capitale Europea della Cultura 2025?
Esse erano separate dal confine italo-jugoslavo durante la Guerra Fredda, e Nova Gorica nacque proprio per ridare un baricentro amministrativo all’area territoriale circostante, annessa alla Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 1947.
Ora, dopo l’ingresso della Slovenia nell’UE e l’abolizione dei controlli di frontiera con Schengen, queste città sono diventate, per i fautori dello scioglimento degli Stati nazionali in favore degli Stati Uniti d’Europa, un esempio di integrazione e collaborazione transfrontaliera. Per me, invece, sono la dichiarazione di morte della Patria.
D’altronde, c’è chi, nella nostra eminentissima classe politica, ritiene che il nazionalismo abbia prodotto solo “tanto male” sia all’Italia che all’Europa. Ecco spiegato, forse, anche il perché, in Italia, quando si parla della Prima Guerra Mondiale, anziché esaltare il sacrificio eroico dei nostri soldati, si parla di “inutile bagno di sangue per conquistare quattro pietre”.
Ma io ritengo che chi parla così non solo danneggi il Paese, ma anche se stesso, in quanto, come sostenevano gli antichi: “Chi non ama sua madre (la Patria), non può amare nessun altro, nemmeno sé stesso…”
Dunque, come possiamo pretendere che gli altri ci rispettino, se noi stessi non sappiamo dare il giusto valore alla nostra storia?
Ciò che è accaduto a Basovizza non è altro che l’acme di quanto è stato fatto e pensato per i nostri ex territori orientali in tutti questi anni. Vi rientra anche il modus operandi con cui è stato concepito il riconoscimento di Capitale Europea della Cultura a Nova Gorica e Gorizia, una città, quest’ultima, ancora sfregiata e umiliata per l’amputazione di parte del proprio territorio.
Si è passati, in definitiva, dal “Ritorneremo!” al: “Chi ha vutato, ha vutato; chi ha dat, ha dat; scurdammoce ‘o passato, simme tutt’ ‘e Napule paisà!”
Tutto il resto sono solo belle parole, che non apportano alcun beneficio né alla causa nazionale, né al rispetto del dolore delle vittime.
Lorenzo Valloreja
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