SABATO PRIMO FEBBRAIO, VIGILIA DELLA “CANDELORA”: PRIME TIME DI RAI 3 CON LEZIONE DI SATANISMO E FALSO STORICO (IL FILM “RAPITO” DI MARCO BELLOCCHIO).

Incredulità. Sconcerto. Amarezza. Sono queste le sensazioni basilari che mi ha comunicato la visione sabato primo febbraio (in prima visione tv su RAI 3) del film “storico” Rapito. Anche se nel mio articolo del 28 maggio 2023 CHECCHE’ NE DICA IL FILMACCIO BUGIARDO DEL CULTURALMENTE SATANISTA MARCO BELLOCCHIO, IL BEATO PIO IX NON FECE RAPIRE NESSUNO. SI GUARDI PIUTTOSTO ALLE TANTE BIBBIANO E ALLE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI MINORENNI SOTTRATTI DAGLI STATI “DEMOCRATICI” ALLE PROPRIE FAMIGLIE. avevo già capito tutto del tremendo film pur non avendolo visto. Infatti ritenni una sorta di obiezione di coscienza il non pagare biglietto per la visione di tale opera.

Eppure, la realtà ha superato in peggio le mie valutazioni, che obiettivamente, erano pur sempre dei pregiudizi. Rapito è davvero uno dei film più anticattolici, anzi anticristiani, anzi antireligiosi, della storia del cinema mondiale.

La mistificazione storica di un Pio IX paranoico e megalomane potrebbe anche rientrare in una “normale” narrativa patriottarda (patriottica sarebbe altro) e massonica, ma incredibilmente falsi sono gli episodi del Mortara che viene colto da due raptus di rinsavimento (dal punto di vista della sceneggiatura, ovviamente) l’uno poco prima del fatidico Venti settembre, spingendo a terra con rabbia Pio IX che in piena Basilica di S. Pietro lo costringe a far penitenza leccando il pavimento: e l’altro con cui si unisce il suddetto nato da ebrei e segretamente battezzato neonato dalla domestica, alla folla di assatanati anticristiani che volevano (fatto vero, di cui ovviamente la narrazione si compiace) scaraventare la bara del defunto papa nel Tevere. 

Per non scivolare nella pignoleria, si pensi ancora alla statua di Gregorio XIII che tuttora campeggia lungo le mura della prestigiosa casa municipale felsinea, e che nel film Bellocchio immagina, come in un suo personale sogno proibito, schiantata al suolo durante la rivolta filopiemontese del 1859 la quale recise definitivamente il legame di Bologna col Patrimonium Petri. Oltretutto, all’epoca, la pregevole statua tardorinascimentale era ancora “camuffata” da statua di san Petronio vescovo in quanto privata del triregno e dotata di mitra e bastone vescovili (san Petronio cederà il posto nuovamente a Gregorio XIII solo alla fine del diciannovesimo secolo).

La realtà è invece, che nelle memorie di Padre Mortara (che morrà nel 1940), lo ripeto qui, non vi è altro che commossa devozione filiale verso papa Mastai Ferretti non disgiunta da rispetto e amore verso quei genitori che scelsero di rimanere nell’ebraismo e mai accettarono, con assoluta legittimità da parte loro, la sua scelta e il suo impensabile destino di grazia.

Fin qui siamo nel campo, in fondo purtroppo usuale, della mistificazione storica woke: basti pensare alla tremenda serie M. Peggiore è forse la fantasia satanista, più classica di quanto si pensi, della visione al piccolo Edgardo Mortara, di un Cristo cupissimo e seviziatissimo che scende dalla croce, gli si para dinanzi (ho temuto per un attimo una blasfemia ben superiore), si toglie la corona di spine dal capo e se ne va per i fatti suoi chissà dove. Non sarebbe una chiesa, a quanto pare, il posto suo; e basta soffrire per questi idioti.

Il carico (è d’obbligo nel postcattolicesimo l’ umiliarsi verso i non credenti  quanto l’inflessibilità verso il dissenso interno) è stato inopinabilmente aggravato dalla partecipazione, a introduzione e poi a commento, di un patetico e ineffabile mons. Vincenzo Paglia (presidente della pontificia accademia per la vita). Con affabilità e untuoso sadomasochismo, si affannava a volgere in peggio, o almeno condividere con entusiasmo, ogni affermazione della sua laicissima interlocutrice che lo squadrava con divertita condiscendenza, ricordandomi Kamala Harris con The Donald.    

Emblema vivente di una Chiesa davvero postcattolica in affannoso e disperato sforzo di accredito, di rassicurazioni di innocuità e di correttezza politica proprio in un momento in cui il Pensiero Unico inizia a scricchiolare con il Trump bis, Monsignore ha negato il concetto di Limbo (in effetti per nulla dogmatico ma con una certa logica ultramondana che un prete forse dovrebbe irridere meno), ridicolizzato la fede dei semplici nella fattispecie quella della “servetta” battezzante, e soprattutto negato che il Battesimo faccia agli occhi di Dio una reale differenza.

Per finire, la presunta progressiva crescita della fede che ci sarebbe stata in Italia e nel mondo, in questo secolo e mezzo, con la  fine dell’esecrabile Stato pontificio (tesi laicamente e statisticamente assurda sotto svariati aspetti sociali quali matrimoni religiosi e vocazioni o frequenza della Messa o della Confessione, nonché funerali in chiesa etc.).

Da parte di Paglia, quindi, nessuna riserva sulla orrida passeggiata di Cristo che si stacca dalla croce, e implicita validazione (qui tacet consentire videtur) delle castronerie storiche di Bellocchio. Si è concesso però, una pubblicità a delle monete per collezionisti non ho capito se italiane o vaticane (quindi con valore facciale ma in vendita a molto più) celebranti una specie di sincretismo fra Islam, Cristianesimo e Ebraismo.

Siamo alla totale evaporazione del postcattolicesimo almeno in forma istituzionale, che lascia però sperare negli aspetti anche culturali e spirituali del nuovo corso statunitense (è di questi giorni la notizia di contatti tra Elon Musk promettente forti finanziamenti, e Mel Gibson che sta animando una centrale di cinema cristiano e antiwoke).

Bisogna comunque riconoscere a Bellocchio una curatissima ed evocativa fotografia, contenente svariate citazioni artistiche, da Francesco Paolo Michetti a Michele Cammarano.

A. Martino

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