50 SFUMATURE DI CORAGGIO
Le recenti elezioni in Nordamerica hanno polarizzato, giustamente, l’attenzione del mondo intero. E hanno fatto passare in secondo piano tutto ciò che è accaduto prima del 5 Novembre. Infatti qualche giorno prima di questa fatidica data in Iran è accaduto un fatto che meriterebbe di essere ripreso e analizzato con più cura poiché, appunto, caduto nel dimenticatoio inghiottito dalla kermesse elettorale di cui sopra.
Il fatto in questione riguarda Ahou Daryaei. Ovvero una giovane donna iraniana che si è spogliata in pubblico ed è rimasta per molto tempo in mutande e reggiseno prima di essere portata via dalle forze dell’ordine. Questo avvenimento è stato filmato ed è diventato virale in poche ore facendo il giro del mondo.
In questo video si vede la ragazza che cammina in mezzo alla folla come se niente fosse. E ciò che colpisce visivamente è il contrasto tra questa ragazza seminuda e le altre donne che le passano affianco indossando l’hijab.
Ora una premessa. Il motivo per cui la ragazza si sia spogliata in pubblico non è noto. Pare che avesse problemi mentali e che fosse psicologicamente fragile. Però è curioso notare che questo fatto, a prima vista irrilevante, sia stato immediatamente catturato dal mainstream occidentale e utilizzato come arma per combattere il cosiddetto “patriarcato”.
Infatti come tutti sanno le ideologie hanno bisogno di “eroi” e di simboli ben definiti e distinguibili. Pensiamo, per esempio, all’ideologia che alimenta i Black Lives Matter e che non può prescindere dalla figura di George Floyd ucciso dalla polizia statunitense. Così come in Italia non si può prescindere dalla figura di Giulia Cecchettin. Anche ella assurta a martire del patriarcato di cui sopra.
Quindi, come detto prima, la giovane iraniana è stata presa ad esempio dal mondo occidentale come eroina contro il presunto e brutale regime iraniano che schiavizza le donne e le riduce ad oggetti senza alcun diritto.
Prima di procedere vorrei condividere un’esperienza personale.
Quando in Iran ci fu il rovesciamento dello scià Reza Pahlavi il sottoscritto aveva 9 anni. E rimasi molto colpito dalle immagini che venivano diffuse dal mainstream dell’epoca. Il messaggio che veniva veicolato era il seguente: prima dell’arrivo dell’ayatollha Khomeini l’Iran era il Paese più civile e progredito del Medio Oriente poiché amico degli Stati Uniti, ça vas sans dire. Un Paese nel quale scorreva latte e miele e le donne potevano circolare con la minigonna. Poi questo sogno fu interrotto dai khomeinisti brutti, sporchi e cattivi che precipitarono l’Iran all’età della pietra costringendo i corpi delle donne dentro neri e lugubri chador.
E per decenni il sottoscritto si è bevuto questa narrazione acriticamente e bovinamente. Poi tempo fa ho (ri)scoperto la Fede Cattolica. E in seguito a ciò ho iniziato a discernere la Verità dalla Menzogna con più precisione. Di conseguenza ho capito che il Mondo Occidentale non è il migliore dei mondi possibili come ho sempre creduto (anzi!) e l’Iran, pur essendo un Paese musulmano, non è un mio nemico a priori e non lede in alcun modo la mia libertà personale. Al contrario le oligarchie anglosassoni si sentono perennemente e ingiustificatamente minacciate da tutti coloro che non si attengono alla cosiddetta “american way of life” come l’Iran, appunto. Sentendosi quindi in diritto di imporre le proprie leggi e i propri usi e costumi ad altri Paesi. Con le buone o con le cattive.
E, come abbiamo visto prima, la condizione femminile nei paesi mediorentali è sempre stato un formidabile pretesto per consentire allo Zio Sam di posare i suoi stivali nei cosiddetti “stati canaglia”. Ovviamente agli USA della donna iraniana, irakena o afgana non è mai importato nulla e non penso ci sia bisogno di dimostrarlo.
Ma poi se il livello di Civiltà di un Paese si misura in quante donne girano seminude e quanti uomini affollano i Gay Pride è molto meglio auspicare in un ritorno al tanto bistrattato Medio Evo.
Guarda caso Israele, ovvero l’avamposto dell’Occidente nel Medio Oriente, è l’unica nazione che promuove le pratiche sodomitiche e autorizza le carnevalate grottesche del sopramenzionato Gay Pride. E conforme ai suoi amici angloamericani il premier israeliano Netanyahu ha esortato il popolo iraniano a ribellarsi per potersi finalmente adeguare ai dettami dell’Occidente. Ma se i “valori” occidentali son quelli che abbiamo descritto poc’anzi ritengo che l’Iran possa stare benissimo così com’è.
E a tal proposito mi pare oltremodo esauriente un’immagine che ha iniziato a girare per il web poco tempo dopo la vicenda di Ahou Daryaei. Un’immagine che a mio parere risulta essere un insulto all’intelligenza e al buon senso. Infatti in essa viene raffigurata una donna in mutande e reggiseno, che rappresenta la donna iraniana, mentre stringe la mano ad una donna israeliana con la tuta da pilota dell’aeronautica israeliana. E queste due figure sono sormontate dalla scritta:”Queste donne coraggiose stanno combattendo per un Mondo migliore”.
Personalmente penso che chi abbia ideato questa vignetta sia un consumatore abituale di sostanze stupefacenti.
Infatti mi chiedo quale tipo di combattimento si possa realizzare solamente andando in giro indossando l’intimo. Praticamente è la stessa dinamica che porta la nota(?) cantante(?) Elodie a posare nuda per il notissimo calendario Pirelli con lo scopo di combattere il celeberrimo Patriarcato. Non si capisce la logica ma questo è quanto.
Inoltre mi chiedo che tipo di combattimento stiano praticando le Forze Armate con la Stella di David, tra l’altro supportate da una potenza militare come gli Stati Uniti. E soprattutto mi chiedo quale possa essere il livello di coraggio richiesto ad un pilota israeliano per poter bombardare gli obiettivi civili di una popolazione (quella palestinese) che non dispone di alcun esercito e men che meno di un’aviazione o di una contraerea.
Quindi possiamo affermare che la definizione di “coraggio” per lo Stato di Israele è leggermente difforme dai parametri comunemente accettati dalla notte dei tempi. Infatti, come abbiamo visto prima, un uomo armato può essere definito coraggioso anche se uccide centinaia di uomini disarmati. Ma se Netanyahu ha pure il coraggio di affermare che Israele è l’aggredito e i palestinesi sono gli aggressori allora possiamo affermare senza ombra di dubbio che Israele è davvero il Paese più coraggioso del mondo.
Alessio Paolo Morrone
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