BIDEN SI GIOCA L’ULTIMA CARTA PER NON PERDERE LA PARTITA CON LA RUSSIA: RIACCENDERE LA GUERRA IN SIRIA E SPERARE CHE ISRAELE DIVENTI IL CATALIZZATORE

Come direbbero in Abruzzo, “la cascetta” dell’amministrazione Biden e degli inglesi per l’imminente vittoria ufficiale della Russia nella guerra in Ucraina – prevista entro un mese, coincidente con l’insediamento di Trump – è tale da spingerli a tentare un ultimo, disperato ma strategico colpo di coda.

L’obiettivo è chiaro: mettere Mosca in difficoltà sul suo unico sbocco nel Mediterraneo. La strategia? Riaccendere la guerra civile in Siria, tramite un’offensiva a sorpresa dei jihadisti, ufficialmente sostenuti e armati dalla Turchia, ma in realtà manovrati dal Pentagono.

Gli indizi ci sono tutti:

  • Benché dal 2019 le armi tacciano in Siria, gli Stati Uniti occupano ancora illegalmente le regioni orientali del Paese, cioè quelle di Deir ez-Zor e Al-Tanf, ricchissime di petrolio, mentre la Turchia continua a occupare le regioni settentrionali della Repubblica Siriana, ossia Afrin, Jarabulus, Al-Bab, Azaz, Ras al-Ayn, Tell Abyad e gran parte di Idlib.
  • La Siria di Assad, per chi non lo sapesse, è alleata e sostenuta sia dalla Federazione Russa che dall’Iran. Quest’ultimo è particolarmente inviso a Netanyahu e, in generale, allo Stato di Israele.
  • Il regime di Assad sostiene gli Hezbollah libanesi, anch’essi in guerra con Israele.

Il nuovo presidente Trump, una volta insediato, non sarà nella posizione di poter negare favori né allo Stato di Israele né, soprattutto, alla destra israeliana. Questo perché, nei momenti di maggiore isolamento politico del tycoon, le uniche lobby che lo hanno sostenuto negli Stati Uniti sono state quelle sioniste.

Infatti, proprio in queste ore concitate, mentre i jihadisti hanno preso la città di Aleppo, il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato: “Monitoriamo costantemente ciò che accade in Siria, siamo determinati a difendere gli interessi vitali dello Stato di Israele”. Tradotto in termini concreti: non consentiremo ad Assad – legato a Iran ed Hezbollah – di rimanere al potere.

Per i più lenti di comprendonio, è arrivato anche il solito messaggio indiretto della Gran Bretagna, cliente storico degli Stati Uniti e notoriamente russofobica. Il ministro degli Esteri britannico ha affermato: “Il regime di Assad ha creato le condizioni per l’attuale escalation attraverso il suo continuo rifiuto di impegnarsi in un processo politico e la sua dipendenza da Russia e Iran”.

Ora, questo nuovo capitolo della guerra civile siriana, se vedesse l’intervento diretto dello Stato ebraico nel conflitto, potrebbe realmente legare le mani a Trump e compromettere i buoni rapporti tra lo Zar e il tycoon.

Per evitare tutto questo, l’unica mossa possibile per la nuova amministrazione americana e il Cremlino potrebbe consistere in tre passaggi:

  1. Sganciare completamente Hamas dall’Iran, abbandonando i palestinesi al loro destino.
  2. Convincere l’Iran a ridimensionare la propria influenza nel mondo islamico, specialmente in Medio Oriente.
  3. Completare gli Accordi di Abramo, togliendo a Israele ogni pretesto di possibile attacco o ingerenza.

Se tutti e tre questi punti venissero realizzati, Israele non avrebbe motivo di opporsi alla permanenza degli Assad al potere a Damasco e Trump non si troverebbe in imbarazzo con Putin.

Ma al di là di questi scenari, due elementi sono balzati agli occhi del cittadino comune:

  1. Negli ultimi 40 anni, gli Stati Uniti sono stati i principali sponsor del fondamentalismo sunnita, prima in chiave antisovietica e poi antirussa.
  2. Gli Assad, al di là delle tante dicerie propagandistiche, rappresentano una risorsa per l’Occidente, essendo l’unica entità laica e tollerante verso tutti i credi religiosi in tutto il Medio Oriente.

Il resto sono solo chiacchiere e distintivo.

Lorenzo Valloreja

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *