SORPRESA DALLA ROMANIA. IL CANDIDATO PATRIOTA E ANTIGLOBALISTA CALIN GEORGESCU PRIMO NEI VOTI VA AL BALLOTTAGGIO DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI.
L’ ingegnere agricolo Calin Georgescu, il sessantaduenne candidato indipendente vincitore a sorpresa del primo turno elettivo del presidente romeno e contro i sondaggi che lo stimavano di un cinque per cento (altro che l’ottenuto 22,9), non è affatto un neofita della politica e del Sistema romeno. Si poteva dire una cosa del genere nel 2016 di Donald Trump, ma già negli anni Novanta Georgescu ebbe diversi incarichi al ministero dell’Ambiente e fra il 1999 e il 2012 fu rappresentante della Romania al Comitato del programma ambientale dell’Onu. Nel 2020 e 2021 fu candidato alla guida dell’esecutivo per Alleanza populista e nazionalista per l’unione dei rumeni, da cui fu espulso per ragioni di “scorrettezza politica”, come meglio vedremo.
Dicono che determinante per l’affermazione elettorale sia una fortissima attività sui socials, Tik Tok in primis. Ivi è comparso nella quotidianità mentre si reca in chiesa, o mentre corre.
Dopo aver votato, ha pubblicato un post in cui rivendica di aver sostenuto «gli umiliati, coloro che sentono di non contare e che invece contano di più, con un voto che è preghiera per la nazione». Un populista duro e puro, direbbero.
Proposito alquanto nobile e caritatevole e per nulla tracotante almeno a parole, per un esponente politico che invece la stampa main stream si affretta a bollare come addirittura “neonazista” (casomai direi seguace di Corneliu Codreanu, se certi imbecilli della storia delle idee sapessero chi fosse costui e la sua Guardia di ferro dell’Arcangelo Michele).
Certo, non nego che ha lodato anche il generale Ion Antonescu, primo ministro durante la seconda guerra mondiale, nonché “Conducator”, condannato a morte dagli stalinisti per ritenute responsabilità nei rastrellamenti degli ebrei. E in genere, affermò che la Storia ha chiaramente mostrato chi amasse la Romania e chi oggi la governa da “lacchè dei globalisti”. Dal 2022, le solite toghe bellaciao in salsa bucarestina lo tengono sotto processo per l’equivalente locale della “apologia di fascismo”.
Più di TikTok (utile più che altro per gli elettori molto giovani) però, forse, il suo aver battuto le campagne romene dal cuore della Transilvania alla zona della foce del Danubio, con competenza tecnica e culturale, gli ha consentito di catturare il voto agricolo, come il vicino Viktor Orban. Ciò promettendo un rilancio della produzione agricola e un ridimensionamento ovvio delle importazioni con il programma “Hrana, Apa, Energie”.
Poco prima delle elezioni, ha lanciato una campagna non esattamente filorussa, ma a favore della pace (la Romania condivide col nemico di Mosca una discreta linea di frontiera, e soprattutto confina con la Moldavia oggi dal delicatissimo equilibrio). E a favore, nel concreto, dell’immediata interruzione delle forniture militari a Kiev. Georgescu è comunque apertamente filoputiniano, e ha definito il leader russo “un uomo che ama il suo paese”: musica stonatissima per le orecchie dell’euroatlantismo di cui la Romania è partecipe (ma tuttora con la propria moneta) dal 2007.
Al secondo turno dovrà vedersela con la esponente riformista liberale (cioè di sedicente destra conforme ed euroatlantista) Elena Lasconi. Il premier uscente Marcel Ciolacu (socialdemocratico) non andrà nemmeno in ballottaggio, col 19,15% dei voti. Al quarto posto il leader del partito in cui militava Georgescu, anch’esso ritenuto di “estrema destra”, ma in qualche modo più digeribile di Georgescu per la sua ammirazione verso Donald Trump.
In un primo momento, i media (compresa la nostra ANSA) avevano dato per vincitore il primo ministro Ciolacu con un apparente quarto dei voti espressi.
A. Martino
Lascia un commento