GLI SPAGNOLI COINVOLTI NELLA DISASTROSA ALLUVIONE SI RIBELLANO ALLA VISITA DEI REALI E DEL PRIMO MINISTRO, MA PUR CON RABBIA, RITROVANO LA MONARCHIA E RE FELIPE COME MASSIMO PUNTO DI RIFERIMENTO.

Pagine brutte come questa, la monarchia borbonica di Spagna restaurata alla morte di Francisco Franco nel 1974, le ha probabilmente vissute solo nella stagione dell’abdicazione di Juan Carlos con la fine ignominiosa, da tangentaro qualunque, di un re che avrà pur barattato l’assetto tradizionalista ereditato da Franco col quieto vivere (e gli appannaggi per sé e famiglia) ma che pur sempre seppe garantire una transizione alla democrazia indolore e sostanzialmente pacifica.

Che poi, il colonnello Antonio Tejero, con la sua irruzione alle Cortes e relativi spari intimidatori contro il soffitto con tanto di deputati rannicchiati sotto gli scranni, sia per il sottoscritto un mito di resistenza al globalismo e all’omologazione europea, è una visione radicale e  personale che non chiedo di condividere, anche per non divagare.    

A Paiporta, nell’epicentro della sciagura alluvionale che ha colpito parte della Spagna (fondamentalmente il Valenciano e parte dell’Andalusia con centinaia di vittime e dispersi) Filippo VI e sua moglie la regina nonché ex giornalista Letizia nata Ortiz, sono stati duramente contestati anzi insultati, tra l’altro, come “asesinos” e fatti oggetto di tiro al bersaglio con palle di fango. Non è andata meglio, anzi, al premier socialista Sanchez, che ha ricevuto trattamento analogo con il carico ulteriore, sembra, di una bastonata: non si tratta quindi, di un moto repubblicano, ma di uno sfogo di una popolazione che dello stato in quanto tale (che a capo vi sia un re o un presidente non fa nessuna differenza) ha le tasche piene.

E che in occasioni tragiche come questa, non sopporta la vista di nessuna “istituzione” a partire da un certo livello (anche il presidente regionale è stato molto male accolto). Il dissesto idrogeologico (cioè la devastazione speculativa del territorio), i soccorsi non proprio tempestivi, e le opere di ingegneria romana più protettive e solide di quelle odierne, non potevano non suscitare una tempesta di rabbia sui vertici dello stato iberico. Alla “regina per caso” qualcuno ha semplicemente gridato la domanda del perché fosse lì.

La classe però, come si dice non è acqua, e a un Sanchez che ha fondatamente ritenuto di buon senso defilarsi per qualche giorno ma anche a una donna Letizia visibilmente sconvolta e travolta da questo bagno di realtà ben diverso dagli eventi glamour a lei tanto cari in cui ostenta ammiratissime mises, ha corrisposto un Filippo VI che, pur imbrattato di fango, ha affrontato un difficile quanto franco e umano dialogo con i contestatori; non evitando anche una conferenza stampa in cui ha dichiarato la sua comprensione per tanta rabbia. Anche con sputi (si fa per dire) in faccia, non si è tirato indietro dai suoi doveri e non ha condannato nessuno. 

Qualcuno ha affermato che, pur tumultuosamente e ingiuriosamente, la Spagna ha solo ora ritrovato la monarchia intesa come supremo punto di riferimento nelle buone e nelle cattive sorti. La erede al trono Leonor ha, buon per lei, evitato un “crash test” che poteva bruciarla agli occhi dell’opinione pubblica: un conto è studiare da regina, un altro superare un impegnativo esame imprevisto e senza preavviso.

Miguel Bosé ha tirato in ballo le schie chimiche.

A. Martino  

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