RIFLESSIONI SUL FASCISMO: MITO, REALTÀ E CONTROVERSIE A 102 ANNI DALLA MARCIA SU ROMA
A 102 anni dalla Marcia su Roma, c’è ancora chi, a sinistra, denuncia il rischio di una nuova “marea nera” che, partendo da Budapest e passando per Roma e Parigi, potrebbe giungere fino a Washington, sospinta dal vento dell’Est, in particolare dal Cremlino.
Ma, al netto delle consuete opinioni di “tromboni” faziosi e interessati, cosa fu davvero il fascismo dei primi tempi, capace di imporsi dall’Italia all’Europa e oltre, dopo secoli di oblio politico e culturale del Bel Paese? Senza dubbio, il fascismo rappresentò una “rivoluzione conservatrice”: rivoluzionaria perché segnò il primo passo dell’Italia verso una modernità che né i governi postunitari né quelli liberali erano riusciti a realizzare; e intrisa di un fervore rivoluzionario ispirato a Marx, Nietzsche e Sorel. A tal riguardo si tenga presente che Lenin stesso confidò a interlocutori italiani al Cremlino che, in Italia, la rivoluzione avrebbe potuto essere guidata da tre soli uomini: D’Annunzio, Marinetti e Mussolini. Tuttavia, per il “Compagno Vladimir”, solo Mussolini possedeva la stoffa del leader, e così infatti fu.
Conservatrice, infine, perché “autoritaria e popolare,” capace di radicarsi nei gangli della società e della vita pubblica, rassicurando al contempo l’intero Paese, incluse le classi dominanti e le istituzioni. Il fascismo prometteva di spegnere il caos del dopoguerra e le tensioni del biennio rosso attraverso ordine, sicurezza e una nuova legalità, che solo un “Capo” poteva garantire.
Benedetto Croce, che inizialmente aveva sostenuto le azioni dei fascisti, arrivò addirittura a paragonare le camicie nere alle “orde del Cardinale Ruffo” che avevano difeso la Patria. D’altronde dello stesso avviso positivo fu il fior fiore dell’intellighenzia dell’epoca: intellettuali, artisti e pensatori, dai futuristi ai nazionalisti, passando per personaggi come Papini, Prezzolini, Soffici e Malaparte; filosofi come Gentile, inventori come Marconi, scrittori come Pirandello, Saba e Ungaretti, e direttori d’orchestra come Puccini e Mascagni.
Insomma, il fascismo, a differenza di quello che può pensare qualche noto saggista, non fu solo violenza, ma anche urbanizzazione, scolarizzazione e bonifiche.
A tal riguardo, anni dopo, Vittorio Emanuele III ebbe a dire che la Marcia su Roma fu “una rivoluzione pacifica” in quanto “non ci furono vittime, le scuole e i tribunali rimasero aperti, e gli operai lavoravano tranquilli”; tutto, insomma, funzionava alla perfezione nel “popolo più indisciplinato della terra”.
E la pace fu imposta e programmata proprio da chi, dal suo giornale, minacciava in precedenza di prendere il potere con la forza.
Mussolini, infatti, nel 1921, si sedette persino a un tavolo con i socialisti per siglare un accordo di “pacificazione”, mentre il Partito Comunista nasceva dalla frangia più rivoluzionaria del PSI, affiancato da ex compagni di lotta del futuro Duce come Gramsci e Bombacci. Aveva messo da parte le asprezze contro Casa Savoia, la Chiesa e la borghesia, facendosi “monarchico e legalitario” e promuovendo l’idea di una Chiesa romana orgogliosa e indipendente, una decisione che suggellò con la fondazione del Gran Consiglio del Fascismo e della Milizia Volontaria, strumenti che “fascistizzarono” lo Stato, mantenendone però il controllo. E, ironia della sorte, durante le consultazioni al Quirinale del 1921, Mussolini suggerì come capo del Governo proprio quell’Enrico De Nicola, che, dopo il fascismo e la caduta della Monarchia, fu il primo Presidente provvisorio della Repubblica italiana.
Fu il fascismo stesso ad autodefinirsi “Regime”, sia per bocca di Mussolini che descrisse la “Marcia su Roma” come una “insurrezione che si fa Regime”, sia per Giovanni Gentile, per il quale “Il Regime è una forma superiore dello Stato, che affida alla disciplina e alla fede l’unità morale della Nazione”. Non raggiunse mai i livelli di repressione assoluta descritti da Arendt, tant’è che Gentile specificò: “Il fascismo non è un regime totalitario, nel senso di una sottomissione totale dell’individuo allo Stato, ma un’ideologia che si propone di realizzare la totalità dell’Unità Nazionale”. Fu una dittatura di massa, certo, ma l’apparato dello Stato, il Capitale, la Chiesa e persino la Monarchia sopravvissero sotto il regime.
Oggi, invece, che siamo immersi nel cuore della democrazia occidentale, questo fascismo, così come, e soprattutto, un antifascismo di convenienza, insieme allo Stato, al Capitale e alla Repubblica, sopravviverebbero mai alla caduta dell’attuale status quo internazionale: UE, NATO e compagnia cantante?
Io dubito, e voi?
Lorenzo Valloreja
Lascia un commento